Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-07-2011) 22-07-2011, n. 29556

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ha proposto ricorso per cassazione R.M., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino del 22.10.2010, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Alba, per i reati di ricettazione, tentata truffa e simulazione di reato, dichiarò interamente condonata la pena inflittagli, confermando nel resto la decisione di primo grado.

2. Secondo l’accusa, l’imputato al fine di conseguire l’indennizzo assicurativo per il furto dell’autovettura bmw di sua proprietà, aveva falsamente dichiarato che al momento del fatto a bordo del veicolo non si trovava alcuna chiave di accensione originale; si era quindi procurato una chiave proveniente dal furto di un’altra bmw in danno di tale S.E., e l’aveva consegnata alla propria compagnia di assicurazioni insieme alle altre due chiavi rimaste in suo possesso. Ciò, in quanto alla stregua di una clausola del contratto di assicurazione, l’indennizzo per il furto era subordinato alla consegna di tutti gli esemplari delle chiavi del veicolo assicurato.

3. La difesa eccepisce preliminarmente, con il primo motivo, la nullità della citazione in appello dell’imputato, per essere stata la relativa notificazione eseguita ai sensi dell’art. 161 c.p.p., n. 4 nonostante che dopo l’infruttuoso tentativo eseguito presso il domicilio originariamente dichiarato dal R., costui avesse depositato nella cancelleria della Corte territoriale, prima della rinnovazione della notifica, una nuova dichiarazione di domicilio. Ma anche il ricorso alle forme di cui all’art. 161 c.p.p., n. 4 dopo la prima notificazione sarebbe illegittimo, perchè l’atto in assenza di indicazione sulla definitiva impossibilità di reperire l’imputato, avrebbe dovuto essere reiterato presso il domicilio originariamente dichiarato. I vizi delle notificazioni avrebbero poi determinato l’insanabile nullità degli atti successivi e della sentenza impugnata.

4. Lamenta quindi, in subordine,: a) il vizio di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione, che la Corte di merito avrebbe affermato sulla base di valutazioni non pertinenti e implicanti, inoltre, l’indebita valorizzazione del silenzio serbato dall’imputato sulle circostanze dell’acquisto della chiave dell’autovettura oggetto del furto subito da un terzo; b) il difetto di motivazione e il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), in ordine all’affermazione dell’idoneità del tentativo di truffa, deducendo tra l’altro che l’accertamento della "falsità" della chiave presuntivamente ricettata sarebbe stato del tutto agevole; c) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 367 c.p., in ordine alla ritenuta configurabilità, nella specie, del reato di cui all’art. 367 c.p., poichè il dettaglio falsamente riferito dall’imputato, in occasione della denuncia del furto della propria bmw, circa l’assenza a bordo della stessa autovettura, di qualunque chiave propria del mezzo, sarebbe del tutto irrilevante sotto il profilo degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice.

Motivi della decisione

1. La questione processuale, correttamente definita in punto di fatto, rispetto alle modalità delle varie notificazioni della citazione in appello, e adeguatamente puntualizzata in diritto dalla difesa con riguardo alla validità ed efficacia della nuova dichiarazione di domicilio eseguita dall’imputato prima della rinnovazione della notifica nei modi indicati dall’art. 161 c.p.p., n. 4 (cfr. cass Sez. 5, Sentenza n. 2924 del 14/11/2008 Zampino., dove la precisazione che la norma di cui all’art. 162 c.p.p., comma 1, concerne solo la trasmissione a distanza della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, non regolando nè vietando la presentazione diretta e non potendo essere intesa come una tassativa prescrizione di forma), è però infondata riguardo alla natura della dedotta nullità. La nullità’ conseguente alla notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia invece che presso il domicilio eletto o dichiarato dall’imputato e1 infatti d’ordine generale a regime intermedio e quindi soggetta ai termini di deduzione di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2, perchè si tratta di una situazione idonea comunque a determinare una conoscenza effettiva dell’atto in ragione del rapporto fiduciario con il difensore (Corte di Cassazione n. 35345 del 12/05/2010 Sez. 2; Rummo; vedi anche, in caso del tutto analogo a quello di specie, Cass. Sez. 4 nr. 6211 del 12.11.2009, Calcò).

Nel caso in esame, il difensore di fiducia dell’imputato, peraltro personalmente presente all’udienza conclusiva del 22.10.2010, nulla eccepì riguardo alla regolarità della notificazione della citazione dell’imputato, consentendo così la sanatoria della nullità. 2. Per quel che riguarda le censure rivolte alla motivazione della sentenza in punto di responsabilità, non può affatto ritenersi quanto al delitto di ricettazione, l’indebito ricorso, da parte della corte territoriale, ad una inammissibile presunzione di colpevolezza del ricorrente implicante il rovesciamento dell’onere probatorio, risultando piuttosto valorizzata, dai giudici di appello, la mancata emergenza processuale di indicazioni, riferibili o meno allo stesso imputato, sulle circostanze del suo acquisto della chiave in questione, che consentissero comunque di smentire l’indubbia pregnanza probatoria del positivo accertamento nei suoi confronti del possesso di un bene di provenienza furtiva.

Nel caso in esame, poi, condivisibilmente la Corte territoriale sottolinea lo specifico interesse dell’imputato di procurarsi la chiave in questione per ottenere l’indennizzo assicurativo, e rileva la sua piena consapevolezza della "falsità" della chiave di provenienza furtiva esibita ai dipendenti della compagnia assicuratrice insieme alle due chiavi originali residue, la terza chiave fraudolentemente sostituita essendo stata rinvenuta nel corso delle indagini sull’autovettura dell’imputato, nel frattempo trasportata all’estero.

3. La motivazione della Corte di merito non si presta a censure nemmeno in ordine alla ritenuta configurabilità del tentativo di truffa. Non solo l’imputato poteva sperare nella disattenzione dei funzionari della sua compagnia di assicurazione, ma l’accertamento della falsità della chiave ricettata non fu affatto agevole e immediato come sostiene la difesa, se è vero, come ricordano i giudici di appello, che inizialmente fu persino messa a disposizione dell’imputato un’autovettura sostitutiva e che la falsità di una delle chiavi fu accertata solo con l’intervento della casa costruttrice del veicolo rubato al R., che segnalò la circostanza alla compagnia di assicurazioni a circa quattro mesi di distanza dal furto.

4. Sono fondate, invece, le doglianze difensive relative alla configurabilità del delitto di cui all’art. 367 c.p.. Che nel veicolo rubato fosse o meno presente la chiave in contestazione, a nulla rilevava infatti nella sostanza rispetto agli elementi essenziali del furto, nè la falsità della relativa precisazione implicava il pericolo di uno sviamento delle indagini, essendo del resto diretta ad uno scopo del tutto diverso.

Già in epoca risalente si era manifestato al riguardo un indirizzo di legittimità secondo cui non si ha simulazione di reato nella ipotesi in cui il fatto non venga alterato così da costituire un titolo di reato assolutamente diverso, a nulla valendo che l’entità di esso o altre modalità della sua verificazione siano state esposte in modo difforme (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 2323 del 29/01/1985 Marvaso). Tale indirizzo ha trovato conferma nella giurisprudenza più recente, (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 38571 del 30/09/2008 Ciriani, secondo cui non sussiste simulazione di reato quando l’alterazione del vero riguarda modalità e circostanze di fatto che non influiscono sulla configurazione giuridica del reato effettivamente commesso), ed appare in effetti condivisibile.

Per le considerazioni che precedono, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al reato di cui al capo C) perchè il fatto non sussiste, conseguente eliminazione dell’aumento di pena stabilito per lo stesso reato a titolo di aumento per continuazione con i reati di cui ai capi a) e b), restando la pena come già condonata definitivamente fissata in anni due di reclusione ed Euro 1334 di multa. Il ricorso va nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo C) ed elimina la pena di mesi due di reclusione ed Euro 466 di multa stabilita per lo stesso reato a titolo di aumento per continuazione con i reati di cui ai capi a) e b), restando la pena come già condonata definitivamente fissata in anni due di reclusione ed Euro 1334 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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