T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 29-07-2011, n. 2025 Motivazione dell’atto

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe deducendone la illegittimità per violazione di legge

ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

L’amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, eccepisce l’infondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.

All’udienza del 14.07.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Sul piano fattuale va osservato che il T. in data 30.12.1999 contattava telefonicamente la Polizia Municipale di Ceriano Laghetto, lamentandosi dell’insistente abbaiare di due cani collocati in una villetta attigua alla sua abitazione, che in tale modo gli impedivano di riposare.

Durante il colloquio telefonico egli chiedeva l’intervento della Polizia Municipale, avvisando che altrimenti avrebbe sparato ai cani e al relativo proprietario, essendo munito di pistola.

A tali minacce seguiva una perquisizione presso l’abitazione del T., durante la quale non è stata ritrovata alcuna arma, ma il T., sentito a verbale sul punto, ha confermato di essere l’autore della telefonata dal contenuto oggettivamente minaccioso.

Per tale vicenda egli è stato sottoposto a procedimento penale definito con decreto di archiviazione del Gip presso il Tribunale di Monza, per mancanza di querela.

Con decreto del 26.02.2008 prot. nr. Cat. 6/F Div. P.A.S. il Questore di Milano ha respinto l’istanza di licenza di porto di fucile per uso tiro a volo presentata dal T. valorizzando proprio i fatti penalmente rilevanti di cui l’interessato si è reso protagonista e appena riferiti, ritenendo che in ragione della gravità dei fatti stessi il T. non sia affidabile in ordine all’uso della armi.

Va precisato che nell’ambito della motivazione il provvedimento dà atto della memoria presentata dal ricorrente in sede procedimentale e delle deduzioni con essa avanzate che, però non sono ritenute sufficienti a superare il giudizio di inaffidabilità correlato alle minacce di morte proferite dal ricorrente.

Tanto premesso, il Tribunale rileva l’infondatezza delle censure articolate nel ricorso.

In particolare: a) quanto alla lamentata carenza di motivazione e di presupposti, va osservato che il provvedimento si basa espressamente su fatti specifici di oggettiva gravità di cui già si è dato conto e costituiti da minacce di morte pronunciate nel corso di un colloquio telefonico con un agente di polizia municipale e tale fatto è stato confermato dal T. stesso nel corso della perquisizione domiciliare cui è stato sottoposto. Sul punto vale osservare che, nella materia in esame, i poteri dell’Autorità di pubblica sicurezza sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 02 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317). Sulla base di tali premesse, risulta infondata la censura di carenza di motivazione e di presupposti, in quanto i fatti valorizzati dal Questore presentano una oggettiva gravità e sono ragionevolmente idonei a supportare il giudizio di inaffidabilità formulato dal Questore, con conseguente infondatezza delle censure in esame.

b) Neppure merita condivisione la censura diretta a contestare la violazione dell’art. 10 bis della legge 1990 n. 241, in quanto, come già evidenziato, il provvedimento, seppure in modo sintetico, dà atto delle difese procedimentali articolate dal ricorrente ma non le ritiene – del tutto ragionevolmente visto il tenore delle minacce e il carattere primario degli interessi all’ordine e alla sicurezza pubblici coinvolti nella materia de qua – tali da superare il giudizio di inaffidabilità discendente dalle condotte serbate dal T..

c) Parimenti è palesemente infondata la doglianza volta a contestare la violazione dell’art. 7 della legge 1990 n. 241, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto il procedimento di cui si tratta è ad iniziativa di parte e il ricorrente è stato oggettivamente in condizione di partecipare al procedimento producendo memorie. Del resto, va osservato che le garanzie partecipative non hanno contenuto meramente formale, ma sostanziale, sicché la circostanza che il T. abbia partecipato al procedimento esclude l’effettiva violazione delle regole partecipative, fermo restando che l’interessato neppure ha esplicitato quali ulteriori deduzioni difensive avrebbe potuto articolare in sede di procedimento amministrativo rispetto a quelle formulate.

d) Palesemente infondata è anche la censura volta a contestare la violazione del termine di conclusione del procedimento, atteso che si tratta di un termine non perentorio, ma ordinatorio, il cui decorso non determina alcuna decadenza, sicché la sua violazione non si traduce di per sé in un vizio di legittimità del provvedimento suscettibile di condurre alla sua caducazione.

e) L’insussistenza dei profili di illegittimità denunciati dal ricorrente esclude che l’azione amministrativa sia connotata da antigiuridicità con conseguente infondatezza della domanda risarcitoria formulata dal ricorrente, fermo restando che l’interessato non ha neppure dimostrato la sussistenza dei presupposti per la configurazione della responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 c.c..

In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 800,00 (ottocento) oltre I.V.A., C.P.A. se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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