T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 29-07-2011, n. 2024

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe deducendone la illegittimità per violazione di legge

ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

L’amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, eccepisce l’infondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.

All’udienza del 14.07.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con il provvedimento impugnato l’amministrazione ha respinto l’istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per uso tiro a volo valorizzando due distinti episodi.

In primo luogo si fa riferimento alla condanna pronunciata, con il rito del c.d. patteggiamento, a carico del L. nel 1991 per il reato di detenzione illegale di armi.

La vicenda cui si riferisce la condanna trae pacificamente origine da una dimenticanza del ricorrente, il quale ha acquistato un’arma, ma ne ha denunciato la detenzione solo dopo alcuni mesi.

Il secondo fatto preso in considerazione dall’amministrazione è costituto da un furto che il L. ha subito per avere lasciato l’automobile aperta e incustodita per gran parte della giornata, così di fatto agevolando la sottrazione da parte di terzi di un "marsupio" collocato all’interno dell’automobile e nel quale era custodito il porto d’armi.

Anche in relazione a quest’ultimo fatto l’interessato riconosce la propria negligenza, pur rappresentando di non avere azionato i dispositivi di chiusura dell’automobile in quanto in essa conservava degli strumenti di lavoro di uso reiterato nell’arco della giornata lavorativa, precisando che l’auto era rimasta aperta proprio in un luogo adiacente al posto di lavoro.

Sulla base delle vicende ora sinteticamente richiamate il Questore di Milano ha ritenuto che il L. non sia persona affidabile e, pertanto, ha adottato il provvedimento di diniego oggetto dell’impugnazione.

Tanto premesso sul piano fattuale, va rilevata la fondatezza dell’unico motivo proposto, con il quale il ricorrente censura la carenza motivazionale, sia perché l’amministrazione ha valorizzato fatti remoti che, pertanto, non sono sintomatici della sua inaffidabilità, sia perché l’amministrazione fino al 1996 ha rinnovato il titolo richiesto nonostante fosse già intervenuta la sentenza di condanna.

Sicuramente, nella materia in esame, i poteri dell’Autorità di pubblica sicurezza sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 02 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317).

Nondimeno la valutazione dell’amministrazione deve ancorarsi a vicende che, per la loro collocazione temporale, esprimano con concretezza ed attualità l’inaffidabilità della persona che ha chiesto il rilascio di un titolo in materia di armi.

Certo può accadere che un soggetto si sia reso protagonista anche in passato di fatti talmente gravi per la tutela degli interessi pubblici sottesi alla valutazione dell’amministrazione in materia di armi da consentire di formulare comunque un giudizio di inaffidabilità, ma tale circostanza non si verifica nel caso di specie.

Invero, l’omessa denuncia dell’arma – pur essendo in sé un fatto grave – risale al 1990 e non si colloca in un contesto di complessiva pericolosità della persona interessata, rappresentando piuttosto un fatto isolato, espressivo sicuramente di negligenza ma collocato in un ambito temporale ormai estremamente lontano, sicché correlare a tale vicenda l’attuale carenza di affidabilità integra un’argomentazione viziata sul piano logico, perché non rapportata alle attuali condotte dell’interessato.

Del pari, anche il furto del porto d’armi è un fatto temporalmente distante, pur se collegato ad una negligenza del soggetto nella custodia del porto d’armi – come correttamente posto in luce dall’amministrazione e riconosciuto dall’interessato – ma si tratta di una vicenda verificatasi nel quadro delle particolare condizione lavorativa del L., che non esprime ragionevolmente un indice di scarsa affidabilità della persona nell’uso delle armi.

Del resto, il ricorrente deduce, senza alcuna contestazione sul punto da parte dell’amministrazione, di avere ottenuto il rinnovo del porto d’armi nel 1996, ossia in un tempo in cui era già stato condannato per il reato di detenzione illegale di armi, senza che l’amministrazione sollevasse alcuna obiezione al rinnovo.

Sul punto va osservato che nulla esclude che l’amministrazione possa rivedere le proprie determinazione, anche a distanza di tempo e valorizzando fatti verificatisi in passato, ma, in presenza di un provvedimento favorevole già rilasciato, la successiva determinazione negativa deve essere adeguatamente supportata sul piano motivazionale, dovendosi dare conto delle ragioni sottese al cambiamento di valutazione; tuttavia, nulla di tutto ciò emerge dal provvedimento impugnato.

Va, pertanto, ribadita la fondatezza delle censure in esame, in quanto l’amministrazione ha valorizzato fatti lontani nel tempo, che per la loro oggettiva consistenza nulla dicono sull’attuale condizione di affidabilità o meno dell’interessato, specie considerando che nel 1996 l’amministrazione stessa ha rinnovato il porto d’armi nonostante fosse già intervenuta la condanna poi valorizzata negativamente nel provvedimento impugnato, che però non dà conto delle ragioni della diversa valutazione compiuta.

In definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Le peculiarità fattuali della situazione sottesa al provvedimento impugnato consentono di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il decreto del Questore di Milano del 01.02.2008 prot. nr. Cat. 6/F Div. P.A.S..

Compensa tra le parti le spese della lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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