Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-07-2011) 22-07-2011, n. 29552

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.M. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona in data 1 dicembre 2010 che ha confermato la responsabilità del prevenuto in ordine al delitto di rapina in danno di un negozio di tabaccheria e lo ha ulteriormente riconosciuto colpevole del delitto di lesioni aggravate in danno della tabaccaia M.F..

Il difensore deduce mancanza di motivazione e travisamento del fatto con riferimento a quest’ultimo delitto rilevando che le lesioni non furono conseguenza di una azione volontaria in quanto la donna cadde in terra e fu accidentalmente colpita dal piede dell’imputato. Rileva che il dolo eventuale che sorregge l’azione deve essere rigorosamente provato e non solo presuntivamente accertato con argomentazioni incerte e contraddittorie. Deduce gli stessi vizi di motivazione con riferimento alla mancata valutazione di prevalenza delle concesse attenuanti generiche, in considerazione della ammissione dei fatti da parte del prevenuto.

Il ricorso, che si sostanzia in censure sull’apparato motivazionale della decisione, è manifestamente infondato. Al riguardo l’indagine di legittimità ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). Nè la rispondenza delle valutazioni probatorie può essere oggetto di analisi ai fini del riconoscimento del vizio del travisamento del fatto, vizio che può essere oggetto di valutazione in sede di legittimità in quanto inquadrabile nelle ipotesi di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e); l’accertamento di detto vizio richiede pertanto la dimostrazione da parte del ricorrente della avvenuta rappresentazione al giudice di merito degli elementi dai quali quest’ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicchè la Corte di Cassazione possa a sua volta desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come gli elementi siano stati valutati (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207945).

Il giudizio di legittimità ha per oggetto l’accertamento della mancanza e della illogicità manifesta della motivazione risultanti dal testo del provvedimento impugnato e non può esplicarsi in indagini extratestuali dirette a verificare se i risultati della interpretazione delle prove costituenti i fondamenti della decisione siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo (Cass. 1 10.2.00 n. 94, c.c. 10.1.00, rv. 215336; Cass. 2 20.9.94 n. 3695, c.c. 13.9.94, rv.

198818).

Non è quindi consentito un diverso apprezzamento di un fatto valutato non con manifesta illogicità da parte del giudice di merito che ha debitamente considerato che il prevenuto pur di raggiungere la cassa per prelevare il denaro non ha esitato a calpestare la donna, con ciò ponendo in essere un comportamento volontario diretto alla causazione del fatto accertato.

Anche il secondo motivo di ricorso è è inammissibile in quanto il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la motivazione è stata esposta con riguardo ai numerosi e gravi precedenti, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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