Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-07-2011) 22-07-2011, n. 29551

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.M. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze che ha confermato la responsabilità del prevenuto in ordine al delitto di ricettazione di cinque orologi marca Rolex contraffatti, qualificando il fatto ai sensi del capoverso dell’art. 648 cod. pen. e riducendo la pena a mesi 8 di reclusione ed Euro 200 di multa.

Il difensore deduce violazione di legge e mancanza di motivazione non essendo stata raggiunta la prova che nell’abitazione ove furono rinvenuti gli orologi "non vi dimorassero altre persone" e che fosse stato provato il dolo specifico del reato di ricettazione, in assenza di profitto. Deduce gli stessi vizi della decisione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

Il ricorso, che si sostanzia in censure sull’apparato motivazionale della decisione, è manifestamente infondato. Al riguardo l’indagine di legittimità ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). Non è quindi consentito un diverso apprezzamento di un fatto valutato non con manifesta illogicità da parte del giudice di merito che ha debitamente considerato che il prevenuto non ha mai indicato le specifiche modalità di tempo e di luogo di ricezione degli oggetti, con ciò debitamente applicando il principio di legittimità che statuisce che la consapevolezza di avere ricevuto un bene proveniente da delitto è idoneamente provata in forza dell’omessa o non attendibile indicazione relativa alla provenienza della cosa ricevuta, circostanza che è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento logicamente spiegabile con un acquisto di mala fede (Cass. 2 13.3.97 n. 2436, ud. 27.2.97, rv. 207313; Cass. 2 16.3.92 n. 2804, ud. 5.7.91, rv. 188130). Le Sezioni Unite della Corte hanno statuito che le fattispecie incriminatici di cui agli artt. 474 e 648 c.p. descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico e tra di loro non può configurarsi un rapporto di specialità (Cass. S.U. 7.6.01 n. 23427; ud. 9.5.01, rv.

218771). In particolare si osserva che, indipendentemente dal luogo di residenza, il giudice ha accertato non illogicamente la disponibilità degli orologi custoditi dall’imputato in quell’appartamento ove lo stesso M. ebbe a condurre gli agenti della Guardia di Finanza.

Con riferimento all’elemento soggettivo del delitto di ricettazione si osserva che detto reato è configurabile anche nell’ipotesi di acquisto o ricezione al fine di profitto di cose con segni contraffatti nella consapevolezza della avvenuta contraffazione, atteso che la cosa nella quale il falso segno è impresso e che con questo viene ad costituire una unica entità, è provento della condotta delittuosa di falsificazione di cui all’art. 473 c.p.. Il delitto di cui all’art. 474 tutela non la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede intesa come affidamento dei consumatori nei marchi, segni distintivi della particolare qualità ed originalità dei prodotti in commercio. Non sussiste delitto impossibile per il solo fatto della grossolanità della contraffazione riconoscibile dall’acquirente per le particolari modalità di vendita (entità del prezzo e vendita in mercatini rionali ed ambulanti) in quanto l’attitudine della falsificazione ad ingenerare confusione deve essere valutata non con riferimento al momento dell’acquisto, ma in relazione alla visione degli oggetti nella loro successiva utilizzazione. Occorre cioè avere riguardo alla potenzialità lesiva del marchio connaturata all’azione di diffusione in riferimento a un numero indeterminato e indeterminabile di consociati nel corso della loro successiva utilizzazione e circolazione. (Cass. 2 22.9.95 n. 34652, depositata 27.9.05, rv.

232501; Cass. 8.11.01 n. 39863, ud. 2.10.01, rv. 220236; Cass. 2 14.2.00 n. 13031, ud. 11.10.00, rv. 217506; Cass. 5 5.3.99 n. 3028, ud. 15.1.99, rv. 212940).

Con riferimento al secondo motivo di ricorso deve qualificarsi corretta la decisione della Corte territoriale di non dovere concedere le attenuanti di cui all’art. 62 c.p., n. 4 in quanto l’elemento del danno è stato già valutato ai fini del riconoscimento del capoverso dell’art. 648 cod. pen.. Infatti l’attenuante di avere cagionato alla persona offesa del reato un danno patrimoniale di speciale tenuità è compatibile con l’ipotesi attenuata di ricettazione prevista dall’art. 648 cod. pen., comma 2 solo se la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto che caratterizza l’ipotesi attenuata della ricettazione, perchè ove il danno patrimoniale sia stato tenuto presente in tale giudizio, l’attenuante prevista dall’art. 62, n. 4 è assorbita nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 c.p., comma 2 (Cass. 4 7.6.04 n. 25321, Cascalisci;

Cass. 2 14.1.03 n. 5895, ud. 14.1.03, rv. 223482; Cass. S.U. 11.10.89 n. 13330, ud. 26.4.89, rv. 182221). Il medesimo elemento non può infatti essere tenuto due volte in favorevole considerazione indipendentemente dalla natura delle due attenuanti, una relativa a tutte le componenti oggettive e soggettive del fatto reato e l’altra esclusivamente relativa al danno patrimoniale cagionato. Anche l’ultimo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la motivazione è stata esposta con riguardo ai numerosi precedenti specifici, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente in al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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