T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 29-07-2011, n. 2019 Motivazione dell’atto ob relationem

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe deducendone la illegittimità per violazione di legge

ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

L’amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, eccepisce l’infondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.

Con ordinanza depositata in data 10.06.2010, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare contenuta nel ricorso.

All’udienza del 14.07.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con il provvedimento impugnato, il Prefetto di Milano ha respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il decreto 30.11.2009 con il quale il Questore di Milano ha ammonito S. a tenere una condotta conforme alla legge, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 2009 n. 38.

Sul piano motivazionale, i provvedimenti gravati considerano che S. avrebbe serbato sin dal 2007 delle condotte vessatorie nei confronti della controinteressata nel contesto di difficili rapporti di condominio, rendendosi responsabile di appostamenti in vari luoghi dell’immobile abitato da entrambi e reiterando ingiurie e minacce a carico della P. cui avrebbero assistito altri condomini, fino a generare uno stato di ansia e di paura nella vittima, così da costringerla a mutare le proprie abitudini di vita.

Tanto premesso in ordine al profilo fattuale, va osservato, sul piano normativo, che il provvedimento di ammonimento di cui si tratta è stato disciplinato dal d.l. 2009 n. 11 (convertito con legge 2009 n. 38), che, in primo luogo, ha introdotto il reato di cui all’art. 612 bis c.p., rubricato "Atti persecutori", mediante il quale si punisce con pena detentiva e salvo che il fatto costituisca più grave reato, "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa…". Si tratta inoltre di un delitto punibile a querela della persona offesa, salvi i casi previsti dalla legge.

In correlazione con la fattispecie materiale punita dall’art 612 bis c.p., l’art. 8 del d.l. 2009 n. 11 ha previsto il potere di ammonimento del Questore, stabilendo che "Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore. 2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni".

L’adozione del decreto di ammonimento incide sulla disciplina penale in quanto il medesimo art. 8 specifica, da un lato, che la pena per il delitto di cui all’articolo 612bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, dall’altro, che si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.

Sempre in relazione ai rapporti tra l’ammonimento amministrativo e il procedimento penale, il Tribunale ha già evidenziato che il diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustifica il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi.

Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura.

Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti "Atti persecutori" (c.d. stalking), per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteridoveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma "se necessario informazioni dagli organi investigativi" e senta "le persone informate dei fatti", al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza.

In definitiva, il Questore deve soltanto apprezzare discrezionalmente, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice, individuabile, nel caso in esame, nella libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 28.06.2010 n. 2639 e giurisprudenza ivi citata).

E’ fondato e presenta carattere assorbente il secondo dei motivi proposti con il quale si lamenta la carenza di motivazione e il difetto di istruttoria.

Invero, le sommarie informazioni assunte dall’amministrazione e poste a fondamento della determinazione impugnata non presentano un contenuto univoco, idoneo pertanto a dimostrare l’esistenza dei presupposti per l’ammonimento.

In particolare, la gran parte dei soggetti sentiti dalla Questura riferiscono quanto la controinteressata ha riferito loro in relazione ai difficili rapporti con S., ossia si limitano a fornire delle informazioni de relato, acquisite dalla stessa presunta vittima.

Così, si afferma che con "quasi certezza" il ricorrente avrebbe danneggiato la serratura della porta della sala riunioni e avrebbe strappato degli avvisi affissi dalla bacheca di condominio, a causa della situazione di contrasto esistente con la P. in quanto coordinatrice del comitato degli inquilini dell’immobile, cui lo stesso S. avrebbe contrapposto un secondo comitato.

Nondimeno tali affermazioni non sono supportate da testimonianze dirette, ma solo da impressioni e deduzioni prive di base oggettiva.

Anche la tesi secondo la quale S. avrebbe inviato all’ALER una lettera, con la quale avrebbe messo in discussione il diritto della controinteressata ad occupare uno degli alloggi dell’immobile, si basa su ipotesi non suffragate da alcun elemento concreto.

Del resto, un altro dei coinquilini ha affermato che il ricorrente si è lamentato con lui dei comportamenti della P., precisando però che anche altri condomini avevano avanzato analoghe doglianze, sicché simili notizie si limitano a confermare la situazione di contrasto esistente nel condominio, ma nulla dicono in ordine alla sussistenza dei presupposti per disporre l’ammonimento.

Certo una delle persone assunte a sommarie informazioni ha riferito di un episodio in cui S. avrebbe proferito, in sua presenza, frasi di contenuto minaccioso contro la P., ma si tratta di una sola dichiarazione, non confermata da altri elementi e comunque relativa ad un fatto isolato.

Insomma, la documentazione versata in atti non consente ragionevolmente di ritenere che S. abbia posto in essere un sistema di condotte vessatorie idoneo ad integrare i presupposti dell’ammonimento.

Sicuramente tra il ricorrente e la controinteressata sussistono profili di contrasto, ma ciò non basta a giustificare sul piano istruttorio il provvedimento di ammonimento.

Inoltre, la tesi secondo la quale la controinteressata verserebbe in uno stato di ansia e di paura tale da costringerla a mutare le proprie abitudini di vita è del tutto apodittica, perché non riscontrata da alcun elemento dimostrativo concreto.

In definitiva, la censura in esame è fondata, perché l’atto impugnato reca una motivazione per relationem rinviando ad atti del procedimento che però non dimostrano, neppure a livello indiziario, la sussistenza delle condizioni per disporre l’ammonimento, sicché anche l’attività istruttoria posta in essere dall’amministrazione risulta insufficiente rispetto alla determinazione assunta.

Il carattere sostanziale delle doglianze esaminate consente di ritenere assorbite le ulteriori censure articolate nel ricorso.

In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Le spese di lite seguono la soccombenza. Resta altresì fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla i provvedimenti indicati in epigrafe.

Condanna l’amministrazione al pagamento delle spese e degli onorari di lite che liquida complessivamente in Euro 1.000,00 oltre IVA, CPA e rimborso C.U., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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