Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-07-2011) 22-07-2011, n. 29592

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il 15.3.2011 ufficiali di p.g. della Stazione Carabinieri di Venezia Giudecca hanno tratto in arresto il cittadino straniero S.V. in flagranza dei reati di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) in pregiudizio di B.C., già a lui legata da relazione sentimentale, di resistenza e di lesioni volontarie a pubblico ufficiale (violenta reazione, produttiva di lesioni per due militari, nei confronti dei carabinieri intervenuti presso l’abitazione della B., su richiesta di costei, per interrompere la condotta molesta del S.).

Il g.i.p. del Tribunale di Venezia ha convalidato, ricorrendone i presupposti di legge, l’avvenuto arresto in flagranza del S. e con ordinanza in data 18.3.2011 ha applicato al medesimo la misura cautelare della custodia in carcere per il solo reato di cui all’art. 612 bis c.p., ritenendo sussistere elevato pericolo di reiterazione dì omologhi comportamenti criminosi nei confronti della querelante persona offesa.

2. Investito dalla istanza di riesame del provvedimento cautelare, il Tribunale di Venezia con l’ordinanza del 5.4.2011, in epigrafe indicata, ha respinto il gravame e confermato la misura coercitiva carceraria, evidenziando l’univocità del grave quadro indiziario (alla luce delle condotte e delle circostanze accertate in concomitanza del flagrante arresto dell’indagato) e la ricorrenza di esigenze cautelari in termini di pericolo di reiterazione dei fatti criminosi (attesa la ripetitività dei contegni persecutori attuati dal S. nei confronti della p.o. B., avvalorata da tre successive dettagliate querele della donna e dalla concomitante pendenza di separato procedimento peri reati di maltrattamenti e di violenza privata commessi in danno della stessa B.).

3. Contro l’ordinanza del riesame cautelare ha proposto di persona ricorso per cassazione l’indagato S., lamentando carenza ed illogicità della motivazione sia in riferimento alla gravita degli indizi di colpevolezza che alle esigenze cautelari. Muovendo dal dato secondo cui il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente supposto l’applicazione della misura carceraria anche per i reati di resistenza e lesioni a p.u. e non per il solo reato di cui all’art. 612 bis c.p., il ricorrente deduce l’insufficienza e illogicità delle osservazioni espresse dal Tribunale con particolare riferimento alla adeguatezza e gradualità dell’applicata misura cautelare ed alla asserita, ma non comprovata, inefficacia di misure cautelari meno afflittive, ma altrettanto idonee a scongiurare il ravvisato pericolo di una sua recidività criminosa specifica. Inefficacia che i giudici del riesame hanno argomentato, avvalendosi di semplici formule di stile.

4. L’esame delle doglianze prospettate con il ricorso è precluso dalle intervenute emergenze processuali riguardanti la posizione del S..

Nelle more dell’odierno giudizio di legittimità è intervenuta in data 9.6.2011 la revoca della misura cautelare carceraria per ritenuta cessazione delle esigenze cautelari, l’indagato essendo stato "rimesso in libertà", come si evince dall’acquisita annotazione della scheda nominativa del S. estratta dalla banca dati dell’amministrazione penitenziaria.

La cessazione della misura coercitiva inframurale per la quale è stato presentato il ricorso delinea una situazione di sopravvenuta assorbente carenza di interesse del ricorrente S. agli esiti decisori della proposta impugnazione, che per tale motivo deve essere dichiarata inammissibile.

Questa S.C. ha avuto modo di chiarire come – anche quando si contesti con ricorso per cassazione la sussistenza delle condizioni legittimanti l’originaria emissione di una misura cautelare personale – sia indispensabile la verifica della attualità e concretezza dell’interesse alla decisione, tenuto conto della regola generale fissata dall’art. 568 c.p.p., comma 4 (applicabile anche, per la sua generale latitudine, in materia de libertate), secondo cui è requisito di ammissibilità di ogni impugnazione la persistenza di un interesse effettivo e attuale, finalisticamente diretto a rimuovere un pregiudizio reale e specifico, che la parte affermi di aver subito dal provvedimento impugnato.

In altre parole l’interesse alla decisione del ricorso non può tradursi in una mera ed astratta pretesa ad una rituale esattezza teorica dell’atto censurato, destituita di effetti pratici sull’economia del procedimento o sui suoi futuri sviluppi. Ne discende che l’interesse del soggetto indagato ad ottenere una pronuncia invalidante una ordinanza cautelare, quando questa – nelle more della decisione – sia stata già revocata o abbia perso efficacia (con il ripristino del pieno stato di libertà dell’indagato), non può essere presunto o considerato in re ipsa sussistente, ma deve essere addotto ed argomentato dall’indagato e il giudice deve vagliarne concretezza ed attualità.

Nè a tali rilievi può essere di ostacolo l’eventuale finalizzazione del ricorso alla precostituzione di un possibile titolo fondante una futura richiesta di equa riparazione per una detenzione potenzialmente ingiusta, ai sensi della particolare previsione di cui all’art. 314 c.p.p., comma 2. Infatti, precisato che la custodia cautelare in ipotesi "ingiusta" diviene "riparabile" soltanto nel caso in cui il connesso procedimento sia definito con l’irrogazione di una pena inferiore alla custodia cautelare sofferta o con una pena sospesa alle condizioni di legge ovvero – ancora – sia definito con il proscioglimento dell’imputato con una delle formule liberatorie di cui all’art. 314 c.p.p., comma 1, l’eventuale intento di rendere la pronuncia di legittimità funzionale alla procedura riparatoria ex art. 314 c.p.p. deve essere espressamente manifestato e motivato dall’interessato, anche in rapporto all’inesistenza di cause ostative ( art. 314 c.p.p., comma 4), giammai potendo essere presunto o ritenuto coessenziale al ricorso de liberiate, ciò che integrerebbe una aperta violazione del puntuale precetto dell’art. 568 c.p.p., comma 4 (cfr.: Cass. Sez. 6, 14.1.2009 n. 3531, Gervasi, rv. 242404;

Cass. Sez. 6, 18.6.2010 n. 25859, Qoshku, rv. 247780; Cass. Sez. 6, 21.9.2010 n. 37764, Fabiano, rv. 248285; da ultimo: Cass. S.U., 16.12.2010 a 7931/11, Testini, rv. 249002).

Alla stregua del generale principio di cui all’art. 91 c.p.c. non può considerarsi soccombente e non deve, dunque, essere condannato al pagamento delle spese del processo e della sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 c.p.p. il ricorrente la cui impugnazione sia dichiarata inammissibile per carenza di interesse determinata, come nel caso in esame, da causa successiva alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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