Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-07-2011) 22-07-2011, n. 29587 Ammissibilità e inammissibilita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza pronunciata il 16.7.2010 il Tribunale di Roma dichiarava il cittadino vietnamita S.M.B. colpevole dei delitti, unificati dalla continuazione, di illecita detenzione per fini commerciali di più dosi di eroina, di resistenza plurima e di lesioni volontarie aggravate a pubblico ufficiale. Per l’effetto l’imputato, in concorso di generiche circostanze attenuanti stimate equivalenti alla contestata recidiva, era condannato alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa. Il Tribunale riservava per il deposito della motivazione un termine di 65 giorni (art. 544 c.p.p., comma 3). La motivazione della sentenza era depositata, come da annotazione di cancelleria in calce al provvedimento, in data 20.9.2010. 2. Con comunicazione resa il 21.7.2010 alla direzione della casa circondariale di Roma Regina Coeli, ove trovavasi detenuto, comunicazione annotata al registro mod. I/P1 dell’istituto penitenziario e prontamente trasmessa al Tribunale, l’imputato dichiarava di proporre appello avverso la sentenza del Tribunale, riservando la redazione dei motivi di gravame al proprio difensore di fiducia.

3. Ricevuti gli atti processuali a norma dell’art. 590 c.p.p., la Corte di Appello di Roma con ordinanza resa il 15.12.2010 ha dichiarato inammissibile l’appello dell’imputato, non avendo costui coniugato alla espressa volontà di impugnare la sentenza di primo grado l’indicazione degli specifici motivi di censura ("…non sono stati presentati nei termini i motivi a sostegno dell’impugnazione").

4. Con il ministero del difensore l’imputato ha impugnato per cassazione l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità del suo appello, denunciandone violazione di legge in riferimento al disposto dell’art. 548 c.p., comma 2.

Erroneamente i giudici di appello (e prima la cancelleria del giudice a quo) hanno considerato esaurita la procedura di impugnazione con la sola dichiarazione impugnatoria, priva di motivi (perchè "riservati" al difensore), effettuata in carcere dall’imputato appena quattro giorni dopo la pronuncia della sentenza del Tribunale e ben prima del deposito della relativa motivazione. Tale mera dichiarazione deve in concreto ritenersi tamquam non esset, poichè – essendo stata la motivazione della sentenza del Tribunale depositata oltre il termine (65 giorni) fissato a tal fine dallo stesso Tribunale ex art. 544 c.p.p., comma 3 – avrebbe dovuto essere notificato all’imputato l’avviso di deposito ai sensi dell’art. 548 c.p., comma 2. Soltanto dalla data di detto avviso decorre, infatti, il termine per impugnare, come sancisce l’art. 585 c.p.p., comma 2. Ma nessun avviso dell’intervenuto deposito della sentenza del Tribunale è stato mai notificato all’imputato o al suo difensore. Di conseguenza l’ordinanza della Corte di Appello ha vulnerato il diritto di difesa dell’imputato (art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) ed è, quindi, nulla.

5. Il ricorso di S.M.B.è assistito da fondamento.

Se è indiscutibile che nell’attuale sistema processuale (a differenza che nel previgente regime) l’atto di impugnazione deve contenere i motivi di doglianza avverso la decisione impugnata (art. 581 c.p.p.), formando lo stesso un unitario negozio processuale che unifica una parte dichiarativa (volontà di impugnare) e una parte argomentativa (indicazione delle ragioni del gravame), è altrettanto pacifico che la sola dichiarazione di impugnazione priva dell’enunciazione dei motivi, che di per sè condurrebbe alla declaratoria della sua inammissibilità (art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), non consuma l’esercizio del diritto di impugnazione, allorchè non siano ancora utilmente decorsi i termini per presentare una rituale impugnazione corredata dai corrispondenti motivi e, soprattutto e congiuntamente, allorchè la sola dichiarazione intervenga prima del deposito della (motivazione della) sentenza che si intende impugnare, senza che sia stata validamente esaurita la procedura incidentale afferente alle modalità formali e temporali dell’atto impugnatorio disciplinate dagli artt. 581, 582 e 585 c.p.p. (cfr. Cass. Sez. 6,19.3.1998 n. 991, Cambria, rv. 211786).

Nel caso di specie, in base all’esame degli atti processuali (conoscibili da questo giudice di legittimità, essendosi dedotto un error in procedendo), è agevole constatare che erroneamente il Tribunale e, in causale sequenza, la Corte di Appello hanno ritenuto completata tale procedura, pur essendosi tralasciato di disporre la notificazione all’imputato, avente diritto all’impugnazione, dell’avvenuto tardivo deposito della motivazione della sentenza.

Questa è stata, infatti, depositata il 20.9.2010, cioè oltre il termine di 65 giorni autodeterminato dal giudice per il deposito (ex art. 544 c.p.p., comma 3), decorrente dalla data della pronuncia (16.7.2010).

Ribadito che il termine per la redazione della sentenza non è soggetto alla sospensione prevista per il periodo feriale (Cass. sez. 3, 12.7.2007 n. 35738, Belviso, rv 237501), è ben evidente che avrebbe dovuto notificarsi all’imputato, come impone l’art. 548 c.p.p., comma 2, l’avviso di deposito della sentenza, soltanto dalla data di notificazione di tale avviso decorrendo il termine (nel caso di specie pari a quarantacinque giorni), ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. c e comma 2, lett. c) per proporre impugnazione avverso la depositata sentenza del tribunale.

Tale incombente, obbligatorio ex lege, non risulta espletato, poichè la cancelleria del Tribunale si è affrettata – appena avvenuto il deposito della sentenza – a trasmettere l’incarto processuale alla Corte di Appello con la sola dichiarazione di intento impugnatorio formulata dall’imputato. La Corte territoriale non ha rilevato tale omissione, adottando l’ordinanza dichiarativa della inammissibilità dell’appello, privo dei motivi (sola dichiarazione), del S.M. B..

Ma siffatta omissione, avendo impedito il regolare decorso del previsto termine di legge per appellare la sentenza di primo grado, è illegittima e va per tale causa annullata, poichè si è tradotta in una inemendabile lesione del diritto di difesa dell’imputato, vanificandone l’esercizio del diritto di proporre l’impugnazine della decisione del Tribunale.

All’annullamento senza rinvio dell’ordinanza della Corte di Appello segue la trasmissione degli atti al Tribunale di Roma, giudice a quo, la ci cancelleria provvederà a dare esecuzione al dettato dell’art. 548 c.p.p., comma 3.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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