T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 29-07-2011, n. 220 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 17.12.2008 il ricorrente ha adito la Corte d’Appello di Trento ai sensi dell’art. 3 della L. n. 89/2001 per equa riparazione da irragionevole durata del processo contro il Ministero della Giustizia.

La predetta Corte d’Appello, con decreto del 313.2.2009, ha accolto la domanda e condannato il Ministero al pagamento, in favore del ricorrente, di Euro 6.000,00, oltre la rifusione delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 726,46, oltre al rimborso forfetario, ad IVA e CPA.

Il decreto della Corte d’Appello è stato notificato in data 1213.3.2009, in forma esecutiva, sia presso la sede del Ministero in Roma che al domicilio ex lege presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento.

L’amministrazione ministeriale ha omesso di provvedere al pagamento pur dopo il decorso del termine di cui all’art. 14 del D.L. n. 669/96 e per questo il ricorrente, in data 1521.9.2010, ha notificato al Ministero atto di diffida e messa in mora, ex art. 90, R.D. n. 642/1907, a sua volta rimasto anch’esso privo di riscontro.

Il decreto dell’A.G.O. non è stato impugnato ed è perciò passato in giudicato.

Tutto ciò premesso il ricorrente ha proposto, ai sensi degli artt. 112 e 113 c.p.a., il presente ricorso per ottemperanza, con il quale si chiede:

– in via principale, di ordinare al Ministero della Giustizia di dare esecuzione, entro il termine perentorio indicato da questo T.A.R., al decreto della Corte d’Appello di Trento e, per l’effetto, ex art. 114, comma 4, lett, a), c.p.a., in luogo del Ministero della Giustizia, emanare direttamente il provvedimento di pagamento, in favore del ricorrente, della somma dì Euro 6.000,00, a titolo di equa riparazione ex L. 89/2001, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla data della domanda sino al saldo effettivo, nonché al ristoro delle spese di giudizio, liquidate nel menzionato decreto in complessivi Euro 726,46, oltre al rimborso forfetario, all’IVA, al CPA, agli interessi legali sulle spese medesime " ed alle successive occorrende tutte " (così in ricorso);

– in via subordinata e/o alternativa, di ordinare l’ottemperanza del medesimo decreto determinando il contenuto del provvedimento di pagamento, da emanarsi da parte del Ministero della Giustizia, delle stesse somme, ovvero comunque disporre ogni misura necessaria, ivi compresa la nomina di un Commissario ad acta, affinché il medesimo Ministero presti piena ed incondizionata esecuzione al decreto in questione;

– in ogni caso e per entrambe le ipotesi considerate, fissare, ex art. 114, comma secondo, lett. e) c.p.a. le somme dovute al ricorrente.

Nella camera di consiglio del 28 luglio 2011 la causa, sentito il difensore della parte ricorrente, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1 – Il ricorso proposto ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto) è fondato e va accolto.

La giurisprudenza amministrativa e, in particolare, quella del Consiglio di Stato, ancor prima del nuovo c.p.a., ha ritenuto che il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della citata legge n. 89 del 2001 abbia natura decisoria in materia di diritti soggettivi e, essendo idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato e valga, perciò, ai fini della ammissibilità del ricorso per ottemperanza, già contemplato dagli artt. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e 27 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 ed oggi disciplinato dagli artt. da 112 a 114 del nuovo c.p.a. (cfr. Cons., St., sez. IV, 23 agosto 2010, n. 5897; sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4096; sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3253; id., sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6318; da ultimo, Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2011, n. 2879).

2 – Tale giudizio, com’è noto, è esperibile anche per l’esecuzione di una condanna al pagamento di somme di denaro, alternativamente o congiuntamente rispetto al rimedio del processo di esecuzione innanzi al giudice civile, con il solo limite dell’impossibilità di conseguire due volte le stesse somme (cfr. Cons. St., sez. VI, 16 aprile 1994, n. 527; Cass. civ, sez. un., 24 dicembre 2009, n. 27365; id., 13 maggio 1994, n. 4661).

L’art. 3 della legge n. 89 del 2001, dopo aver dettato le modalità per la proposizione della domanda, modella il procedimento stesso su quello previsto in via generale dagli artt. 737 e ss. c.p.c. (norme generali sui procedimenti camerali) e stabilisce che, all’esito di esso, la corte d’appello pronunzia con decreto "impugnabile per Cassazione".

Sebbene il menzionato articolo 3 richiami, al comma 4, l’art. 737 c.p.c. e, dunque, prescriva il procedimento in camera di consiglio (la cui caratteristica è normalmente la inidoneità al passaggio in giudicato dei provvedimenti assunti a causa della loro modificabilità e revocabilità e quindi la loro sottoposizione alla c.d. clausola rebus sic stantibus), non può revocarsi in dubbio che il provvedimento che conclude tale procedimento, in quanto impugnabile unicamente per ricorso in Cassazione (art. 3, comma 6, L. n. 89 cit.) abbia natura decisoria e sia idoneo (una volta che, come risulta nella fattispecie all’esame, avverso lo stesso non sia stata proposta nel termine di legge alcuna impugnazione), ad incidere con efficacia di giudicato sull’interesse della parte all’equa riparazione da ritardata giustizia, avente consistenza di diritto soggettivo, come tale espressamente qualificato dalla legge (art. 2, co. 1, l. n. 89 cit.; cfr. in tal senso, Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2002, n. 14885).

3 – Le riportate acquisizioni giurisprudenziali hanno trovato conferma nell’art. 112, comma 2, lett. c) del nuovo c.p.a., a tenore del quale l’azione di ottemperanza innanzi al G. A. può essere proposta per conseguire anche l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario (quale è appunto il decreto della Corte d’Appello ex L. n. 89 cit.), al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

4 – Ciò premesso, può ritenersi che nella presente fattispecie vi siano tutte le condizioni per le iniziative di natura esecutiva intentate nei confronti della pubblica amministrazione condannata al pagamento di una somma di denaro.

Anzitutto, il decreto di condanna emesso dalla Corte d" Appello ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha, come ripetutamente rilevato dalla citata giurisprudenza, natura decisoria in materia di diritti soggettivi.

Tale decreto, essendo idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato, vale ai fini della ammissibilità del ricorso già contemplato dagli artt. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e 27 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 (cfr. da ultimo Cons., St., sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6318).

5 – In secondo luogo, risultano rispettati i termini – meramente processuali e che non incidono sull’an e sul quantum del diritto – di cui all’art. 14 del D. L. n. 669/1996, nella formulazione risultante dalle modificazioni ed integrazioni derivanti dall’art. 147 della legge n. 388/2000 e dell’art. 44 del D.L. n. 269/2003, come convertito nella legge n. 326/2003.

La norma citata dispone, con previsione avallata dalla Corte Costituzionale con ord.za 30 dicembre 1998, n. 463 ed applicabile anche nei giudizi di ottemperanza innanzi al G. A. (v. Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2158), che " Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto ".

6 – Quanto alla dimostrazione del passaggio in giudicato del decreto in esame, una volta che l’Amministrazione non abbia contestato l’esistenza effettiva del giudicato, può ritenersi sufficiente la prova documentale, fornita nel caso di specie, della rituale e tempestiva notifica del decreto di cui si tratta alla controparte.

Stante l’idoneità del titolo alla esecuzione e perdurando l’inerzia dell’Amministrazione nonostante la diffida ritualmente notificata da parte ricorrente, va dunque dichiarato l’obbligo del Ministero di conformarsi al giudicato di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore di parte ricorrente, entro il termine di giorni trenta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte), della presente decisione, della complessiva somma dovuta per il predetto titolo, oltre accessori come per legge: spese generali, I.V.A. e C.P.A., nonché interessi legali decorrenti dalla data della domanda di equa riparazione, sino all’effettivo pagamento al creditore (Cass., sez. I, 12 maggio 2011, n. 10488; Cass., n. 14.072 del 2009). Il tutto, incrementato dalla pronuncia sulle spese della presente fase di ottemperanza, che, secondo il suo esito, debbono seguire la soccombenza (art. 26 c.p.a.; artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c.; Cass., n. 1101 del 2010 e n. 27728 del 2009).

Nella eventualità di inutile decorso del termine di trenta giorni di cui sopra, si nomina fin da ora quale commissario ad acta il Commissario del Governo della Provincia Autonoma di Trento, con facoltà di subdelegare gli adempimenti esecutivi ad altro dirigente dello stesso Organo, il quale si attiverà su semplice segnalazione di parte ed il cui compenso viene sin da ora quantificato in euro millecinquecento, salvi ulteriori compensi espressamente richiesti dallo stesso commissario in ragione di specifiche spese e particolari e complessi adempimenti specificamente documentati in apposita relazione.

Il commissario provvederà inoltre a denunciare alla Procura Regionale della Corte dei conti gli specifici comportamenti omissivi di amministratori e funzionari che ne abbiano reso necessario l’intervento, con consequenziale danno erariale corrispondente alle spese per l’intervento commissariale e quant’altro collegato all’inesecuzione del predetto giudicato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono forfettariamente liquidate in dispositivo tenuto conto dell’inspiegabile ed intollerabile inerzia dell’amministrazione debitrice.

7 – A tale ultimo proposito, il Collegio non può astenersi dal rilevare che la legge Pinto si riconnette a (e presuppone) una colpa (oggettiva) organizzativa dell’Amministrazione della giustizia, dalla quale dipende la necessità per il privato di ricorrere nuovamente al giudice per far valere i danni provocati dalla disorganizzazione e dal cattivo funzionamento dell’apparato giurisdizionale (Cass, sez. I, 22 gennaio 2010, n. 1101, già citata per il principio di condanna alle spese a seguito di soccombenza).

Se l’applicazione della predetta normativa implica il (mancato) rispetto del fondamentale diritto a una durata ragionevole del processo ed impone, in concreto, al giudice di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, come quelli che si traducono in un inutile dispendio di energie processuali e formalità superflue, da ciò consegue che, una volta riconosciuta con la decisione della Corte d’appello la violazione di quel diritto fondamentale, non siano legittimamente tollerabili ulteriori ritardi e pretestuose dilazioni nell’adempimento della decisione di condanna.

8 – Tali ritardi, infatti: da un lato, incidono indirettamente su quello stesso diritto fondamentale e direttamente sulla fiducia del cittadino nei confronti dello Stato – apparato; per altro verso, provocano ulteriori danni erariali – oltre quelli già gravissimi e pesantissimi connessi alle inammissibili lentezze dell’apparato giudiziario – derivanti dalla necessità, per il cittadino, di ricorrere ancora una volta allo stesso servizio giustizia per conseguire esecutivamente il proprio diritto al risarcimento che non è stato sollecitamente soddisfatto in via amministrativa.

In ogni caso, il ritardo dell’amministrazione nel dare pronta e completa esecuzione in via amministrativa al decreto della Corte d’appello si risolve in un’inammissibile violazione dei principi sull’azione della P. A., di cui all’art. 97 Cost., nonché, tra i tanti altri, agli artt.: 1 e 2 della L. n. 241 del 1990; 1. comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 165 del 2001; art. 8 del d. lgs. n. 150 del 2009, in materia di " performance; ecc..

9 – Da tutto ciò consegue che l’ingiustificabile ed ingiustificato ritardo nel dare pronta esecuzione al decreto della Corte d’appello qui in esecuzione possa configurare un’ipotesi di responsabilità contabile. Il Collegio ritiene perciò di inviare alla Procura Regionale di Trento della Corte dei conti copia della presente sentenza, affinché Essa valuti, nell’ambito delle proprie competenze, la sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità contabile a carico del o dei funzionari che non hanno provveduto ad adempiere prontamente ed integralmente a quanto statuito dalla Corte d’Appello (cfr. Corte Conti, sez. riun., 20 febbraio 2006, n. 1).

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

accoglie il ricorso e per l’effetto:

– ordina al Ministero della Giustizia di provvedere al pagamento, in favore del ricorrente, entro il termine perentorio di giorni trenta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte), della presente decisione, della complessiva somma dovuta per il predetto titolo, oltre accessori calcolati come per legge sulla predetta cifra complessiva: interessi legali dalla data del ricorso alla Corte d’Appello sino all’effettivo pagamento al creditore ricorrente.

Condanna il Ministero al pagamento delle spese ed onorari del presente giudizio, che, in ragione della serialità del presente ricorso rispetto ad altro analogo trattenuto in decisine nella stessa camera di consiglio, si liquidano in complessivi euro 1.500,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A.. Manda alla Segreteria del Tribunale affinché trasmetta alla Procura Regionale di Trento della Corte dei conti copia della presente sentenza.

Nomina fin da ora quale commissario ad acta il Commissario del Governo della Provincia Autonoma di Trento, con facoltà di subdelegare gli adempimenti esecutivi ad altro dirigente dello stesso Organo, il quale si attiverà su semplice segnalazione di parte ed il cui compenso viene sin da ora quantificato forfetariamente in euro millecinquecento, salvi ulteriori compensi espressamente richiesti dallo stesso commissario in ragione di specifiche spese e particolari e complessi adempimenti specificamente documentati in apposita relazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *