Cons. Stato Sez. VI, Sent., 30-07-2011, n. 4535 Scuola secondaria di primo e di secondo grado

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza n. 3271 del 2011 il T.A.R. per il Lazio ha accolto i ricorsi (originario e per motivi aggiunti) proposti dagli odierni appellati (rispettivamente docenti, genitori di ragazzi in età scolare, studenti e associazioni) avverso gli atti – compresi quelli aventi natura regolamentare – emanati in applicazione dell’art. 64, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, riguardanti la riforma delle scuole secondarie di secondo grado.

In particolare, nel presente giudizio sono stati impugnati gli atti riguardanti:

o le modalità di iscrizione alle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, i termini e le modalità delle procedure di mobilità del personale docente, educativo e A.T.A.;

o la determinazione dell’organico di diritto;

o la definizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi D. istituti professionali, nonché delle seconde, terze e quarte classi D. istituti tecnici, individuando per ogni indirizzo ed ordinamento le classi concorso destinatarie della disposta riduzione di orario.

Nel dettaglio, come ricostruito in fatto dal giudice di primo grado:

o con il ricorso originario è stata impugnata la circolare n. 17 del 18 febbraio 2010, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (in prosieguo: il MIUR) ha impartito le istruzioni per l’avvio delle iscrizioni alla scuola secondaria;

o con i primi motivi aggiunti sono stati impugnati gli atti concernenti la determinazione D. organici di diritto, in specie la circolare n. 37 del 13 aprile 2010;

o con i secondi motivi aggiunti sono stati impugnati i regolamenti di cui ai D.P.R. nn. 87 e 88 del 15 marzo 2010, ed i relativi decreti interministeriali di attuazione, relativi alla definizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi D. istituti professionali, nonché delle seconde, terze e quarte classi D. istituti tecnici, individuando per ogni indirizzo ed ordinamento le classi di concorso destinatarie della disposta riduzione di orario;

o con l’ultimo atto contenente motivi aggiunti è stato impugnato il decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010 (emanato di concerto dal MIUR e dal Ministero dall’economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2011), relativo alla dotazione organica del personale docente per l’anno scolastico 2010/2011.

2. Con la sentenza gravata, il TAR ha accolto le censure relative ai D.P.R. nn. 87 e 88 del 15 marzo 2010 ed ai relativi decreti interministeriali di attuazione sotto due profili:

o la mancata acquisizione del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (d’ora in avanti CNPI), considerato elemento essenziale del procedimento di rideterminazione D. orari delle seconde e terze classi D. istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi D. istituti tecnici, in attuazione dell’art. 25, comma 2, del d. lgs. 16 aprile 1994, nr. 297;

o la irragionevolezza della disposta riduzione dell’orario, in quanto determinata su base meramente numerica e percentuale (20% dell’orario relativo all’insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue) relativamente a corsi di studio già in atto.

Quanto agli atti (circolare n. 37 del 13 aprile 2010 e decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010) relativi alla dotazione organica del personale docente per l’a.s. 2010/2011, il TAR ha considerato fondata la censura concernente la lamentata violazione dell’art. 22, co. 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, che, dopo aver stabilito, al comma 1, che "Nel quadro della piena valorizzazione dell’autonomia e di una migliore qualificazione dei servizi scolastici, le dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche autonome sono costituite sulla base del numero D. alunni iscritti, delle caratteristiche e delle entità orarie dei curricoli obbligatori relativi ad ogni ordine e grado di scuola, nonché nel rispetto di criteri e di priorità che tengano conto della specificità dei diversi contesti territoriali, delle condizioni di funzionamento delle singole istituzioni e della necessità di garantire interventi a sostegno D. alunni in particolari situazioni, con particolare attenzione alle aree delle zone montane e delle isole minori", statuisce, per l’appunto al comma 2, che "Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca definisce con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri per l’attuazione di quanto previsto nel comma 1 e provvede alla determinazione della consistenza complessiva D. organici del personale docente ed alla sua ripartizione su base regionale". Nel dettaglio, il giudice di primo grado ha concluso per l’illegittimità del decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010 -e a monte della circolare n. 37 del 13 aprile 2010- perché adottati senza la previa acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari.

Il giudice di primo grado ha invece in parte respinto e in parte assorbito le altre censure dedotte, tra cui in specie quella relativa alla mancata audizione della Conferenza unificata prima dell’adozione D. atti recanti la ripartizione tra le regioni delle dotazioni organiche.

3. Avverso la sentenza citata propongono appello le Amministrazioni statali, le quali hanno chiesto che – in sua riforma – il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti siano dichiarati inammissibili, ovvero siano respinti, perché infondati.

I ricorrenti in primo grado hanno depositato un appello incidentale, riproponendo, tra l’altro, le censure assorbite in primo grado.

All’udienza del 29 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Ritiene il Collegio di dover prendere le mosse dall’esame dell’appello principale.

4.1. Vanno disattesi i motivi dell’appello principale con cui le Amministrazioni statali deducono l’inammissibilità del ricorso proposto in primo grado.

Osserva sul punto il Collegio che:

o i diversi atti gravati in primo grado, lungi dal risultare oggettivamente eterogenei, costituiscono segmenti di una unitaria operazione di riorganizzazione dell’offerta formativa, essendo tra loro connessi sul piano funzionale e procedimentale;

o per effetto delle medesime considerazioni non può essere condiviso l’assunto della disomogeneità della posizione dei ricorrenti a fronte del ricorso collettivo proposto;

o le circolari e i regolamenti impugnati in primo grado appaiono idonee a produrre immediati effetti potenzialmente lesivi nei confronti di soggetti estranei all’Amministrazione, sicché non appaiono correttamente richiamati gli orientamenti interpretativi che escludono o limitano l’immediata impugnabilità delle indicate tipologie di atti;

o non può dubitarsi della legittimazione (oltre che dell’interesse) di almeno taluni dei ricorrenti in primo grado, in specie di quelli che, sulla base della documentazione prodotta nel corso dell’udienza (in assenza peraltro di contestazioni di parte) risultano docenti in servizio presso istituti tecnici e professionali (vedi la documentazione riferibile ai professori A., C., C., F., G., I., S.).

4.2. Passando all’esame D. ulteriori motivi dedotti con l’appello principale, ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, non risultano fondate le censure originarie secondo cui i regolamenti approvati con i d.P.R. nn. 87 e 88 del 15 marzo 2010 e i relativi decreti interministeriali di attuazione sarebbero illegittimi per mancata acquisizione del parere del CNPI e per irragionevolezza della disposta riduzione dell’orario.

La sentenza gravata risulta senz’altro condivisibile laddove ha osservato che il parere del CNPI risultava necessario, in applicazione dell’art. 25, d. lgs. 16 aprile 1994, n. 297, in forza del quale lo stesso parere va acquisito per i "casi di questioni generali in materia di programmazione dello sviluppo della scuola e di contenuti culturali e didattici, nonché di riforma di struttura di uno D. ordini scolastici".

4.2.1. Ciò posto, il Collegio non può non prendere atto di quanto rimarcato dalle Amministrazioni appellanti a proposito della intervenuta acquisizione, nel procedimento che ha preceduto l’adozione dei D.P.R. nn. 87 e 88 del 15 marzo 2010, del parere del CNPI (22 luglio 2009), sicché la censura risulta infondata per tabulas.

Non pare del resto al Collegio ininfluente che i citati D.P.R. nn. 87 e 88, nel cui procedimento di adozione è stato quindi acquisito il parere del CNPI, già rechino il contestato criterio da applicare nell’assicurare la disposta riduzione dell’orario scolastico, criterio consistente nel "taglio" del 20% dell’orario relativo all’insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue relativamente a corsi di studio già in atto.

Essendo stato sentito l’organo consultivo sullo schema di regolamento già recante il criterio di riduzione dell’orario oggetto delle censure di tipo sostanziale dedotte con il ricorso di primo grado, per di più non coglie il Collegio, già sul piano processuale, neppure l’interesse dei ricorrenti in primo grado a dedurre l’omessa acquisizione del parere dello stesso CNPI sugli schemi dei decreti interministeriali adottati a valle.

A ciò si aggiunga, peraltro, che, nel corso della vicenda processuale, l’Amministrazione ha comunque riadottato i decreti ministeriali, questa volta previa acquisizione dei pareri del CNPI (26 agosto 2010), sicché anche per tale profilo non persiste un effettivo interesse D. appellati a contestare la relativa mancanza.

4.2.2. E’ parimenti fondato il motivo di gravame con cui le Amministrazioni deducono l’erroneità della sentenza impugnata, laddove ha concluso per la illegittimità della disposta riduzione dell’orario, in quanto determinata su base meramente numerica e percentuale (20% dell’orario relativo all’insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue) relativamente a corsi di studio già in atto.

E’ utile premettere che in contestazione non è, in questa sede, la determinazione di far luogo alla riduzione complessiva dell’orario scolastico, ma il criterio dalla stessa amministrazione individuato per la concreta attuazione del ridimensionamento complessivo dello stesso orario: criterio individuato nel "taglio" del 20% dell’orario relativo all’insegnamento delle discipline concernenti classi di concorso con non meno di 99 ore annue.

Ebbene, ritiene il Collegio che il citato criterio di riduzione dell’orario non si presta ai rilievi di irragionevolezza ritenuti dal giudice di primo grado.

Fermi i limiti che si frappongono al sindacato del giudice amministrativo a fronte di scelte discrezionali dell’amministrazione, pare anzi al Collegio non irragionevole che la disposta riduzione dell’orario complessivo sia stata attuata incidendo su discipline relative a classi di concorso dotate di un monte orario annuale di una certa consistenza, anziché su quelle dotate di orario annuale già molto contenuto.

A ciò si aggiunga che, nell’apprezzare l’effettivo impatto della disposta riduzione di orario, deve considerarsi che il taglio del 20% è destinato a "diluirsi" tra le diverse classi di concorso che, in relazione a ciascun indirizzo previsto dai precedenti percorsi D. istituti professionali e D. istituti tecnici, erano dotate di un orario annuale complessivo pari o superiore a 99 ore.

4.2.3. Parimenti fondato appare al Collegio il motivo di appello con cui le Amministrazioni deducono l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha concluso per l’illegittimità del decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010 (recante la determinazione della dotazione organica del personale docente per l’a.s. 2010/2011 e la ripartizione dello stesso tra le regioni), per mancata acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Come osservato, il giudice di primo grado ha concluso per l’illegittimità del decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010 -e a monte anche della circolare n. 37 del 13 aprile 2010- perché adottati senza la previa acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari.

Il Tar ha in specie accolto la censura con cui i ricorrenti in primo grado hanno lamentato l’assunta violazione dell’art. 22, co. 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448.

La disposizione citata, dopo aver stabilito, al comma 1, che "Nel quadro della piena valorizzazione dell’autonomia e di una migliore qualificazione dei servizi scolastici, le dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche autonome sono costituite sulla base del numero D. alunni iscritti, delle caratteristiche e delle entità orarie dei curricoli obbligatori relativi ad ogni ordine e grado di scuola, nonché nel rispetto di criteri e di priorità che tengano conto della specificità dei diversi contesti territoriali, delle condizioni di funzionamento delle singole istituzioni e della necessità di garantire interventi a sostegno D. alunni in particolari situazioni, con particolare attenzione alle aree delle zone montane e delle isole minori", statuisce, per l’appunto al comma 2, che "Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca definisce con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri per l’attuazione di quanto previsto nel comma 1 e provvede alla determinazione della consistenza complessiva D. organici del personale docente ed alla sua ripartizione su base regionale".

E’ utile, al riguardo, considerare che a N. dell’art. 19, co. 10, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con l. 15 luglio 2011, n. 111, l’art. 22, co. 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, si interpreta nel senso che il parere delle competenti Commissioni parlamentari deve essere acquisito ogni volta che il Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, provvedono alla modifica dei parametri sulla base dei quali è determinata la consistenza complessiva D. organici del personale docente ed ATA.

Si tratta, per vero, di una disposizione interpretativa ad avviso del Collegio coerente con la formulazione testuale dell’art. 22, co. 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, che per l’appunto impone l’acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari nel solo caso in cui con decreto interministeriale si attenda alla "definizione", e quindi anche alla modifica, dei parametri per l’attuazione di quanto disposto dal comma 1 dello stesso articolo.

Il che, del resto, ben si spiega se si considera che solo in caso di definizione o modifica dei parametri in questione si è inteso normativamente imporre un controllo parlamentare sulla coerenza D. stessi parametri con le previsioni di cui al comma 1 dello stesso art. 22, l. 28 dicembre 2001, n. 448.

Questa ricostruzione del quadro normativo in parte qua non è superata per effetto delle novità normative introdotte dall’art. 64, co. 4, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, e dei provvedimenti mediante i quali allo stesso è data attuazione.

Giova, al riguardo, considerare che l’art. 2, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81 (recante "norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64, co. 4, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133"), ha prescritto che le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente sia a livello nazionale che per ambiti regionali tenuto conto D. assetti ordinamentali, dei piani di studio e delle consistenze orarie previsti dalle norme in vigore, in base: "a) alla previsione dell’entità e della composizione della popolazione scolastica e con riguardo alle esigenze D. alunni disabili e D. alunni di cittadinanza non italiana; b) al grado di densità demografica delle varie province di ciascuna regione e della distribuzione della popolazione tra i comuni di ogni circoscrizione provinciale; c) alle caratteristiche geomorfologiche dei territori interessati e alle condizioni socioeconomiche e di disagio delle diverse realtà; d) all’articolazione dell’offerta formativa; e) alla distribuzione D. alunni nelle classi e nei plessi sulla base di un incremento del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40 da realizzare nel triennio 20092011; f) alle caratteristiche dell’edilizia scolastica".

Ai sensi del comma 4 dello stesso art. 2, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, la determinazione e la distribuzione tra le regioni tengono conto, sentita la Conferenza Unificata, dei parametri suindicati.

Il d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, ha quindi direttamente stabilito, con efficacia normativa, i parametri in base ai quali l’organico deve annualmente essere determinato, senza tuttavia incidere in senso abrogativo sulla pregressa disciplina di tipo procedimentale, come posta dal citato art. 22, co. 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, da interpretare nei termini suillustrati.

5. Alla stregua delle esposte ragioni e nei limiti indicati va pertanto accolto l’appello principale.

6. Passando all’esame dell’appello incidentale, ritiene il Collegio che sia da accogliere il motivo con cui, riproponendo la censura dedotta e assorbita in primo grado, gli appellanti lamentano l’omessa acquisizione, in seno al procedimento conclusosi con l’adozione del decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010, del parere della Conferenza unificata.

E’ necessario, al riguardo, considerare che, l’art. 2, co. 4, d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, con formulazione testuale C. ed inequivocabile dispone che la determinazione e la distribuzione tra le regioni va compiuta "sentita la Conferenza Unificata".

L’acquisizione del parere della Conferenza Unificata costituisce, pertanto, un passaggio procedimentale ineludibile, nel caso di specie, tuttavia, non posto in essere, come è emerso anche all’esito della discussione svoltasi nel corso dell’udienza.

Né può il Collegio ritenere sufficiente, a fronte dell’inequivoco dato normativo richiamato, l’attività amministrativa svoltasi presso la "Tecnostruttura", cui ha fatto riferimento in udienza l’Avvocatura Generale dello Stato.

Alla stregua delle esposte considerazioni va pertanto accolto l’appello incidentale, con conseguente annullamento del decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010 e, per l’effetto, della circolare allo stesso connessa.

6.1. Assorbita ogni ulteriore questione il cui esame appare ininfluente in considerazione della necessità che, a seguito del disposto annullamento, sia riattivato il procedimento, vanno invece disattesi gli altri motivi dedotti con l’appello incidentale.

Appaiono al Collegio in specie manifestamente infondate le dedotte censure di illegittimità costituzionale.

Le previsioni legislative censurate dagli appellanti incidentali rispondono, invero, ad esigenze non prive di copertura costituzionale sicchè non pare apprezzabile la lamentata irragionevolezza delle stesse, così come non può fondatamente escludersi che le stesse siano state introdotte in presenza dei presupposti di cui all’art. 77 Cost., e senza violazione D. artt. 97 e 117 Cost.

7. In considerazione della delicatezza e complessità delle questioni involte sussistono giustificate ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4209 del 2011, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, respinge le censure accolte in primo grado; accoglie in parte l’appello incidentale e, per l’effetto, annulla il decreto interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *