Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-12-2011, n. 26996 Rovina di edificio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Cagliari, con sentenza del 28 gennaio 2009, non notificata,in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari n. 1164 del 2005 che aveva condannato in solido il proprietario committente e l’impresa esecutrice dei lavori a risarcire i danni alla proprietaria dell’immobile danneggiato, accertava che i danni in questione erano imputabili unicamente alla ditta esecutrice di P.F., confermando sul punto il quantum debeatur, e rigettava la domanda proposta dalla C. nei confronti del M., compensando tra le parti le spese dei due gradi. Condannava P. alla rifusione delle spese del grado in favore della C.. Per quanto qui ancora interessa la Corte, riesaminate le prove, riteneva che nessuna ingerenza il proprietario aveva esercitato sui lavori eseguiti dal P., che aveva deciso in autonomia lo abbattimento di cinque tramezzi, in difformità dal progetto depositato al Comune, con conseguenti danni strutturali allo appartamento sovrastante.

2. Contro la decisione propone ricorso la C. affidato a sette motivi; non resistono le controparti. La Corte in camera di consiglio ha suggerito la motivazione semplificata.

Motivi della decisione

3. Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi.

Per chiarezza espositiva se ne offre dapprima una sintesi descrittiva ed a seguire una confutazione in diritto.

4.SINTESI DEI MOTIVI. Nel PRIMO motivo si deduce un error in iudicando, per violazione art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla richiesta di condanna del M., nella sua qualità di proprietario dello immobile. Il quesito in termini è proposto a ff. 153 dove si suggerisce la regula iuris di cui allo art. 2053 c.c..

Nel SECONDO motivo si deduce un error in iudicando nel punto in cui la Corte non ha considerato che il proprietario appaltante aveva mantenuto poteri di custodia e di controllo sullo appartamento da ristrutturare. Il quesito in termini è a pag. 16.

Nel TERZO MOTIVO si deduce come error in iudicando la violazione dello art. 2051 c.c. sul rilievo che la regula iuris da applicare alla fattispecie era quella del combinato disposto di cui agli artt. 2051 e 2053 c.c.. Quesito a ff. 18.

Nel QUARTO motivo si deduce error in iudicando per violazione dello art. 2697 c.c. sul rilievo che spettava al proprietario committente l’onere della prova sul contenuto del contratto e che la variazione esecutiva fosse la causa determinante dei danni. Quesito a ff. 21, 22.

Nel QUINTO motivo si deduce la insufficiente motivazione in punto di valutazione delle prove in ordine alla ed ingerenza del proprietario ovvero della assoluta autonomia gestionale della impresa anche in esecuzione delle varianti.

Nel SESTO motivo si deduce il vizio della motivazione in ordine al tessuto normativo posto a fondamento della pronuncia, in relazione alla negata responsabilità della proprietaria committente ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c..

Nel SETTIMO MOTIVO si deduce il vizio della motivazione in ordine alla esclusione della responsabilità del proprietario committente.

Confutazione in diritto.

Il primo motivo del ricorso è inammissibile in quanto prospetta come omessa pronuncia, peraltro indicando lo error in iudicando, ai sensi dello art. 360, n. 3 e non lo error in procedendo, la decisione della Corte di appello che ha esaminato la posizione del proprietario committente e della impresa appaltatrice dei lavori, stabilendo la responsabilità esclusiva della seconda. Non si tratta dunque di omessa pronuncia ma di una decisione di merito in punto di accertamento di responsabilità per danni. Manifestamente infondato il secondo motivo dove si sostiene come error in iudicando la tesi secondo cui il proprietario avrebbe mantenuto poteri di custodia e controllo sull’appartamento da ristrutturare. Là dove con un prudente apprezzamento delle prove tali circostanze sono state valutate come non verificate – come si legge a ff. 8 e 9 della motivazione.

Inammissibile, in relazione alla formulazione del quesito e della regula iuris proposta è il terzo motivo, in quanto la ed sintesi descrittiva della fattispecie propone una ricostruzione della medesima diversa da quella fatta dal giudice del merito, che scinde le responsabilità del fatto dannoso.

Restano assorbiti il quarto ed il quinto motivo, posto che il decisum ha tenuto conto del raccolto probatorio con motivazione logica e coerente.

Inammissibili è il sesto ed il settimo motivo che prospettano come vizio della motivazione errores in iudicando e che risultano pertanto privi dei dovuti quesiti ai sensi dello art. 366 bis c.p.c. oltre che della chiara precisazione del fatto controverso come ricostruito dai giudici del merito.

Nulla per le spese non avendo resistito le controparti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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