Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 22-07-2011, n. 29548

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Nel procedimento penale nei confronti di M.G., indagato per il reato di cui all’art. 544 ter c.p. (maltrattamento di animali), il g.i.p. presso il tribunale di Messina con ordinanza dell’8 ottobre 2010 disponeva il sequestro preventivo avente ad oggetto due cani Yorkshire identificati con microchip n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS).

In sede di riesame il tribunale di Messina con ordinanza del 4 novembre 2010 rigettava il ricorso proposto nell’interesse del M..

Preliminarmente il tribunale riteneva che la provenienza anonima dei filmati su cui si fondava la valutazione degli indizi di colpevolezza non era di ostacolo alla loro utilizzabilità in quella sede.

Rilevava poi il tribunale nel merito che i fotogrammi estrapolati dalle videoriprese documentavano in modo inequivocabile la condotta dell’indagato, il quale aveva ripetutamente e crudelmente percosso, colpito con un bastone e comunque maltrattato un cane di razza Yorkshire, ponendo in essere comportamenti evidentemente sussumibili nel paradigma delittuoso di cui all’art. 544 ter c.p..

2. Avverso questa pronuncia l’indagato propone ricorso per cassazione con tre motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 273 e 240 del codice di procedura penale avendo il tribunale erroneamente ritenuto utilizzabili le riprese video allegate agli atti del procedimento e provenienti da persona rimasta anonima.

Col secondo motivo denuncia violazione degli artt. 273 e 191 c.p.p. unitamente all’art. 14 Cost.. Sostiene l’inammissibilità e comunque l’inutilizzabilità del documento video la cui formazione è risultata avvenuta in violazione di specifiche disposizioni di legge anche di rango costituzionale che tutelano la libertà della persona e l’inviolabilità del domicilio. In particolare – deduce il ricorrente – le riprese video erano state effettuate attraverso una intrusione nella sfera domiciliare dell’indagato, tale dovendo considerarsi il balcone dell’abitazione dell’indagato stesso protetto tra l’altro da un sistema di tendaggi.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e). Sostiene che dall’esame del provvedimento impugnato emerge che il tribunale ha omesso di pronunciarsi in ordine agli ulteriori motivi con cui si deduceva l’insussistenza nella specie degli elementi integrativi del reato di cui all’art. 544 ter contestato al ricorrente.

2. Il ricorso è infondato.

3. Innanzi tutto tali sono i primi due motivi di ricorso, connessi oggettivamente. Il tribunale ha fatto corretta applicazione del principio – che qui si ribadisce – già affermato da questa Corte (Cass. sez. 5, 17 luglio 2008 – 13 agosto 2008, n. 33430) secondo cui sono legittime le videoriprese eseguite dalla polizia giudiziaria, in assenza di autorizzazione dell’autorità giudiziaria, attraverso un apparecchio esterno a un edificio che ne inquadri l’ingresso, i balconi e il cortile, non configurando esse un’intrusione nell’altrui privata dimora o nell’altrui domicilio. Cfr. anche, più recentemente, Cass., sez. 3, 7 luglio 2010 – 19 ottobre 2010, n. 37197, che ha ribadito che le videoriprese di atti non aventi contenuto comunicativo effettuate, nel corso del procedimento penale, all’interno del domicilio lavorativo dell’autore delle stesse, costituiscono una prova atipica ex art. 189 cod. proc. pen., non necessitando quindi, ai fini dell’utilizzabilità, di autorizzazione del giudice.

4. Il terzo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.

Il tribunale nell’impugnata ordinanza ha puntualmente motivato in ordine alla sussistenza degli elementi indiziali del reato contestato rilevando che i fotogrammi delle videoriprese documentavano in modo non inequivocabile la condotta dell’indagato il quale aveva ripetutamente e crudelmente percosso, colpito con un bastone e comunque maltrattato un cane di razza Yorkshire ponendo in essere comportamenti suscettibili di essere ricondotti nel paradigma di cui all’art. 544 ter c.p..

5. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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