Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 22-07-2011, n. 29542 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza del 21/12/09, dichiarava H.G. responsabile dei reati di cui agli artt. 110 e 56 c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, comma 1, n. 5, art. 4, comma 1, n. 1, perchè poneva in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco ad indurre C.P.R. ad esercitare la prostituzione; di cui all’art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 605 c.p.; di cui agli artt. 582, 585 e 576 c.p., art. 11 c.p., n. 2, e lo condannava alla pena di anni 3 di reclusione ed Euro 400,00 di multa.

La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto dal prevenuto, con sentenza del 18/5/2010, in parziale riforma del decisum di prime cure, ha assolto l’ H. dal reato di cui all’art. 605 c.p., perchè il fatto non sussiste; ha rideterminato la pena in relazione ai residui reati in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 200,00 di multa, con concessione delle attenuanti generiche; ha revocato le pene accessorie della interdizione dai pp.uu. e dall’esercizio della tutela e della curatela, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, con i seguenti motivi:

– insussistenza di prove in ordine alla concretizzazione del reato ascritto al l’ H. nel capo di imputazione A), nonchè alla errata valutazione di attendibilità della presunta p.o e di credibilità delle dichiarazioni da essa rese;

– mancanza di motivazione a riscontro della invocata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Il discorso giustificativo, sviluppato dal decidente, appare del tutto logico e plausibile.

Con il primo motivo di impugnazione la difesa dell’ H. censura la valutazione di credibilità attribuita dal giudice di merito alle dichiarazioni fornite dalla C., che, se correttamente lette, avrebbero permesso di rilevare le contraddizioni in esse contenute e la inattendibilità della donna.

Sul punto la Corte evidenzia che non sussiste alcun motivo di dubitare della attendibilità del narrato della parte offesa, la cui credibilità va apprezzata per avere la stessa descritto la sua situazione, nei giorni di permanenza a casa dell’ H. in modo sincero, senza avere alcuna remora nel raffermare di non avere subito alcuna ulteriore violenza o minaccia da parte del prevenuto e nel precisare che nessuna restrizione materiale era stata posta in essere per impedirle di allontanarsi dalla casa, come in effetti avveniva.

Ciò, a parere del decidente, consente di apprezzare la attendibilità in toto della donna, allorchè riferisce del tentativo dell’imputato di indurla alla prostituzione, raccontando di essere stata prelevata dall’uomo dalla sua abitazione con violenza e costretta a seguirlo in campagna, dove costui, a causa delle sue proteste, la colpiva alla testa con una pietra.

Di poi, il decidente giustifica la versione dei fatti fornita dalla C. ai medici dell’ospedale, ove l’ H. la aveva accompagnata, ai quali disse di essere caduta dalle scale e non di essere stata colpita alla testa dall’imputato, con il timore di ritorsioni da parte dell’ H..

Peraltro, sul punto, la diagnosi medica (trauma cranico commotivo e distorsione del rachide cervicale) è compatibile con quanto riferito dalla ragazza di avere subito un colpo di pietra alla nuca, e lo stesso imputato, in dibattimento ha ammesso di avere cagionato lesioni alla donna.

Ulteriore riscontro alla versione dei fatti, secondo il decidente, è ravvisabile nelle dichiarazioni del coimputato G.I. (assolto in appello), il quale ha riferito di avere appreso dalla donna di essere stata picchiata dall’ H..

E’ evidente che l’iter logico seguito è del tutto corretto, e permette di rilevare che il giudice di merito, nel valutare la prova, ha preso in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme, non in modo parcellizzato e avulso dal contesto probatorio, ed ha verificato che essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, potevano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante tale da consentire di attingere la verità processuale e, così, pervenire alla affermazione di colpevolezza dell’imputato in ordine ai reati ad esso ascritti.

Peraltro, appare evidente che con il ricorso si tende a procedere ad una analisi rivalutativa della piattaforma probatoria, su cui al giudice di legittimità è precluso ogni riesame estimativo, in quanto la indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare la esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata.

Esula dai poteri della Corte quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

Del pari manifestamente infondata va ritenuta la doglianza attinente alla mancata concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. in giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate; il Tribunale aveva negato la concessione delle attenuanti generiche, mentre la Corte di Appello le ha concesse, ritenendo di non potere andare oltre alla equivalenza con le aggravanti in dipendenza della gravità dei fatti, fornendo, così, una compiuta ed incensurabile giustificazione sul punto.

Rilevasi che la concessione o il diniego delle circostanze attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale è tenuto a giustificare il corretto uso di tale potere, al fine di dimostrare che non sia trasmodato in arbitrio.

Quindi non è necessaria una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficienti la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi e superati tutti gli altri (Cass. 21/9/99, Guglielmi).

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che l’ H. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.. deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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