Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-12-2011, n. 27199

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In esito a verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate di Caserta ha notificato a M.M., esercente attività di allevamento di bovini e di produzione di latte, un avviso di accertamento relativo ad Irpef ed Ilor per l’anno 1993, fondato sull’imputazione di ricavi desumibili da fatture attive emesse in relazione ad operazioni stimate inesistenti. La CTP di Caserta ha rigettato il ricorso del contribuente, con decisione riformata dalla CTR della Campania,con sentenza n. 292/18/05, depositata il 4.10.2006, avverso cui ricorre, sulla scorta di un motivo, l’Agenzia delle Entrate. Il contribuente non ha depositato controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, l’Agenzia deduce omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la C.T.R. aderito ai motivi d’impugnazione "dopo attenta considerazione delle tesi e della documentazione prodotta dall’appellante e delle stesse indicazioni emergenti dal PVC che dall’avviso di accertamento", senza alcuna esplicitazione. La ricorrente sostiene che l’affermazione secondo cui "l’Ufficio si è limitato a negare in assoluto l’esistenza del bestiame, senza operare alcun controllo sui luoghi deputati (stalle e terreni)" contrasta col fatto che l’accertamento è avvenuto a seguito di verifica sui luoghi, mentre non è stato considerato che difettava tutta la documentazione inerente la contabilizzazione delle operazioni necessarie all’attività di allevamento. Il riferimento al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 29 TUIR ed all’art. 2135 c.c. è incomprensibile, prosegue la ricorrente, mentre quello operato ad altra sentenza relativa al coniuge dell’intimato è irrilevante, perchè riferito a soggetto diverso ed a differente accertamento.

Il motivo è inammissibile. Questa Corte, alla stregua della stessa formulazione letterale dell’art. 366 bis c.p.c. – introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 ed abrogato, con decorrenza dal 4 luglio 2009, dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 14 luglio 2009, L. n. 69 del 2009, ex art. 58, comma 5, – ha, costantemente, affermato (cfr. Cass. SU. n. 20603 del 2007, ord. n. 4309 del 2008 e n. 27680 del 2009, sent. n. 11019 del 2011) che, a seguito della novella del 2006, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e, cioè, quando si deduca un vizio di motivazione della sentenza, l’illustrazione del relativo motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza renda la motivazione inidonea a giustificare la decisione, nonchè della decisività del fatto, e cioè l’idoneità dello stesso, ove correttamente apprezzato, a ribaltare la decisione. Ciò importa che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Al riguardo, è stato, ancora, precisato che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte del motivo stesso, che, pur senza rigidità formali, si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, indicazione riepilogativa che, nella specie, è stata, del tutto, pretermessa.

Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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