Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 22-07-2011, n. 29533 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di D.R.P. in ordine ai reati: a) di cui all’art. 81 cpv., art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1) e u.c.; b) di cui all’art. 610 c.p., comma 2; c) di cui all’art. 582 c.p., così diversamente qualificato il fatto di cui all’imputazione per il reato di cui agli artt. 56 e 575 c.p.; d) di cui agli artt. 81 cpv., 582, 594 e 612 c.p., a lui ascritti per avere costretto il minore T.M. a compiere e subire atti sessuali, consistiti nel farsi toccare i genitali e nel sottoporlo a rapporti anali; avere costretto con minacce il predetto minore a non rivelare i fatti, nonchè aver cagionato lesioni allo stesso, ingiuriato, minacciato e cagionato lesioni a T.I.. In sintesi, la Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva eccepito la irritualità e inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal minore in sede di incidente probatorio per il carattere suggestivo delle domande che gli erano state rivolte;

dedotto la inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in tale sede, in considerazione delle esagerazioni ed inverosimiglianze del narrato e delle precedenti narrazioni dei fatti rese ai familiari; la inattendibilità dei testi de relato in ordine a quanto riferito loro dal minore; chiesto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello per esaminare l’imputato;

l’espletamento di un’indagine psicologica sulla persona offesa e di acquisire eventuali esami psicologici eseguiti sul minore in ambito scolastico.

La Corte ha, però, escluso la operatività della recidiva contestata all’imputato e, per l’effetto, ha rideterminato la pena inflittagli nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per vizi di motivazione e violazione di legge.

Motivi della decisione

Con vari mezzi di annullamento il ricorrente denuncia:

1) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Si deduce che la dichiarazione di attendibilità della persona offesa costituisce affermazione apodittica, stante l’assenza di riscontri obiettivi. Si osserva che i giudici di merito hanno omesso di approfondire le argomentazioni con le quali la difesa aveva sostenuto che l’esperienza che il minore affermava di avere avuto con il ricorrente in realtà fosse stata vissuta con altri, attese le sue molteplici frequentazioni e l’esistenza di episodi analoghi. Si denuncia anche il travisamento delle dichiarazioni della teste de relato T.M.G. in ordine alla natura degli atti sessuali a lei riferiti dal minore.

2) Violazione degli artt. 192, 392, 403, 404 e 499 c.p.p. con riferimento all’incidente probatorio. Con il motivo di gravame si reiterano le eccezioni di nullità ed inutilizzabilità delle risultanze dell’incidente probatorio per il carattere suggestivo delle domande formulate al minore, senza che peraltro fosse stata accertata l’idoneità psichica dello stesso a rendere testimonianza.

3) Inutilizzabilità dell’incidente probatorio per violazione dei citati artt. 192, 392, 403, 404, 499 e 514 c.p.p..

Nel reiterare la censura per l’omesso espletamento di una perizia psichiatrica e psicologica sul minore, persona offesa, si indicano elementi che ne minano la credibilità. Tali il fatto che il piccolo T.M. era stato ritenuto bisognoso di un insegnante di sostegno fui dal suo primo approccio con la scuola dell’obbligo; i sentimenti di astio e rancore nutriti dalla persona offesa nei confronti del convivente della madre; il fatto che il minore era stato sorpreso dallo stesso imputato a compiere atti sessuali con lo zio T.R.; l’amplificazione della vicenda nelle successive narrazioni ai familiari, sviluppatasi da semplici toccamenti a innumerevoli rapporti sessuali di tipo anale; la inverosimiglianza delle modalità con le quali, secondo la narrazione del minore, tali rapporti si sarebbero svolti, tenuto conto anche della presenza di familiari nell’immobile in cui si sarebbero verificati gli abusi; l’assenza di segni di penetrazione anale sul minore, come rilevato dalla visita pediatrica cui fu sottoposto dopo la denuncia.

4) Manifesta illogicità della motivazione in merito alla attendibilità delle testimonianze de relato.

Si deduce, in sintesi, che le dichiarazioni dei testi de relato dovrebbero trovare riscontro in quelle del teste di riferimento e non costituire esse riscontro di quanto dichiarato da quest’ultimo. Si aggiunge che nel valutarne l’attendibilità i giudici di merito avrebbero dovuto tener conto dei sentimenti di astio nutriti da tutti testi nei confronti dell’imputato.

5) Mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. d).

Con il mezzo di annullamento vengono indicate le richieste istruttorie formulate dinanzi alla Corte territoriale con l’atto di appello e si deduce che tali richieste sono state disattese senza alcuna motivazione.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Costituisce consolidato principio di diritto, reiteratamente affermato da questa Corte, che anche a seguito delle modificazioni apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), rimane esclusa la possibilità che la verifica della correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, sicchè il vizio di motivazione è ravvisatole solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su risultanze probatorie incontestabilmente diverse da quelle reali (cfr. sez. 4, 10.10.2007 n. 35683, Servirei, RV 237652; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musimeci, RV 237207; sez. 5, 25.9.2007 n. 39048, Casavola ed altri, RV 238215).

Orbene, sotto l’apparente denuncia di vizi di motivazione e violazioni di legge il ricorrente con i vari motivi di ricorso sostanzialmente si limita a riproporre le stesse censure già puntualmente esaminate dai giudici di merito e disattese con motivazione adeguata, immune da vizi logici.

In particolare, la sentenza ha evidenziato che all’incidente probatorio, nel corso del quale fu esaminata la persona offesa, erano presenti il difensore di fiducia dell’imputato, la madre del minore ed uno psicologo ausiliario del giudice e che in detta sede non è stata sollevata alcuna riserva o eccezione in ordine al carattere suggestivo delle domande formulate dal giudice.

Inoltre, secondo la Corte territoriale, il minore "espose i fatti senza necessità di particolari sollecitazioni, operando una narrazione fluida degli avvenimenti, senza contraddizioni, peraltro neppure evidenziate nei motivi di appello…".

La sentenza ha altresì preso in esame la doglianza relativa al mancato espletamento di una perizia psicologica sulla persona offesa, affermandone la superfluità con argomentazioni coerenti con le risultanze del mezzo di prova e ha correttamente osservato in punto di diritto che la valutazione della attendibilità del teste è di competenza del giudice di merito e non può essere delegata ad un perito.

La Corte territoriale, poi, ha dettagliatamente analizzato il narrato della persona offesa, esaminando tutte le censure formulate dall’appellante con riferimento al cosiddetto arricchimento di particolari del narrato in sede giudiziaria, ritenuto coerente con la naturale ritrosia a riferire determinati episodi ai familiari, ed alla inverosimiglianza delle modalità con le quali si sarebbero verificati gli abusi sessuali, inverosimiglianza che è stata esclusa mediante il riferimento alle reali dichiarazioni del minore.

Il narrato del minore, riportato nella sentenza di primo grado, (pag.

10 "…metteva il coso davanti nel sedere, però poi non riusciva…non riuscì di metterlo così e bagnava qua e lo metteva…", infine, si palesa coerente con l’assenza di segni di penetrazione anale sul minore, secondo le risultanze della visita pediatrica, e tale circostanza, peraltro, non aveva neppure formato oggetto di esplicita contestazione nella sede di merito.

Con riferimento alle censure formulate in ordine ai testi de relato è appena il caso di osservare che gli stessi non costituiscono prova di riscontro dell’accadimento dei fatti narrati dalla persona offesa, ma elementi di valutazione della attendibilità di quest’ultima, essendosi inferito dagli stessi la genuinità della emersione della prova, nonchè altri elementi che la confortano inerenti alla situazione di fatto ed alla condizione psicologica in cui versava il minore che hanno determinato le sue rivelazioni.

Come già in parte rilevato la esclusione della necessità di disporre la riapertura del dibattimento a fini istruttori in appello ha formato oggetto di adeguata motivazione, che costituisce corretta applicazione del disposto di cui all’art. 603 c.p.p., comma 1.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *