Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 22-07-2011, n. 29524 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Sassari, con sentenza del 19/3/08, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava K.A. responsabile del reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ex art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis, come modificato dalla L. n. 46 del 2006, condannandolo alla pena di anni 8 e mesi 8 di reclusione ed Euro 60.000.00 di multa.

La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 3/6/09, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, con i seguenti motivi: – erronea applicazione della legge penale, in particolare, in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, rilevando che nel momento della valutazione degli effetti che le sostanze stupefacenti avrebbero avuto sul mercato, non si è esaminato in modo rigoroso la quantità di domanda che le stesse avrebbero potuto soddisfare. Nella specie, è evidente come la droga di cui alla incolpazione, per la sua dimensione oggettiva, non avrebbe potuto comportare una saturazione della domanda, altrimenti non si spiegherebbero le innumerevoli spedizioni di sostanza stupefacente in un arco temporale ristretto.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, svolta in sentenza, si palesa del tutto logica e corretta, nonchè in piena assonanza con la interpretazione che questa Corte da al concetto di "ingente quantità", al fine della applicazione della aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80.

Osservasi che, fino alla fine degli anni 90, la prevalente giurisprudenza di legittimità, faceva riferimento, come criterio da seguire perchè si potesse ravvisare la "ingente quantità", cui fa riferimento l’art. 80 citato, la possibilità di saturare, per un periodo piuttosto lungo, larga parte del mercato, producendo una notevole modificazione della offerta sul medesimo mercato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno confutato questa concezione, evidenziando che il riferimento al concetto "mercato", così come inteso dalla precedente e prevalente giurisprudenza, introducesse, nella esegesi della disposizione di legge, un elemento non richiesto e spurio alla ratio della disposizione, del tutto immaginario, affidato alla abilità dialettica di chi fornisce la motivazione della decisione (Cass. S.U. 21/6/2000, Primavera).

Con la stessa pronuncia è stato precisato che la clandestinità di questo mercato non consente di rilevare alcun dato oggettivo sulla sua consistenza e, quindi, che il concetto di mercato si fonderebbe su dati aleatori, non utilizzabili processualmente, pervenendo a ritenere di dovere abbandonare questa incerta nozione, così che deve considerarsi esistente la aggravante in questione, allorchè la quantità di sostanza tossica, oggetto della specifica indagine nel dato procedimento, superi notevolmente, con accento di eccezionaiità, quella usualmente trattata in transazioni del genere nell’ambito in cui il giudice del fatto opera; concludendo, pertanto, che la relativa valutazione costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al decidente, tenuto solo a fornire adeguata e congrua motivazione del proprio convincimento.

Le successive pronunce in materia si sono attenute a detto principio, pervenendo, attraverso ulteriori specificazioni, ad individuare i parametri perchè possa essere ritenuta la aggravante della ingente quantità, individuati: nella oggettiva eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale; il grave pericolo per la salute pubblica; la possibilità di soddisfare le richieste di numerosissimi consumatori, per l’elevatissimo numero di dosi ricavabili.

Detti parametri consentono di dare alla norma una concretezza che vale ad escludere il rischio di genericità e consentono, altresì, al destinatario della norma stessa di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo (Corte Costituzionale, sent. 1/8/08, n. 327).

Di talchè, l’agente è a conoscenza che se il suo illecito traffico ha per oggetto chili o decine di chili di sostanza stupefacente la condotta da esso posta in essere può ritenersi aggravata, D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 2, (Cass. 1/2/2011, n. 9927).

Nella specie il giudice di merito si attenuto ai criteri ut supra indicati, rilevando che in base alla qualità e quantità della droga e delle possibili dosi medie singole ricavabili. può senz’altro affermarsi che la immissione nelle zone indicate di tale stupefacente avrebbe determinato un rilevante pericolo per la salute pubblica, trattandosi di sostanza idonea a soddisfare, per un notevole periodo di tempo, le esigenze di un numero elevato di tossicodipendenti.

Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il K. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al pagamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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