T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 01-08-2011, n. 6848 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Con ricorso notificato all’amministrazione comunale di Carbognano in data 9 giugno 2011 e depositato il successivo 21 giugno, le ricorrenti, premesso di avere venduto un fondo intercluso gravato da servitù perpetua di passaggio pedonale e carrabile, rappresentano che al fine di permettere l’esercizio della servitù con passaggio di camion destinati al trasporto di materiale atto alla costruzione dell’erigendo immobile da parte dell’acquirente, sostituivano il muretto già esistente in blocchetti di cortina e pietra con un muro alto m. 1,20 quasi completamente interrato e sostituivano, altresì, il vecchio muro di confine allargando l’accesso alla proprietà.

Se non che si vedevano dapprima ingiungere la sospensione dei lavori e successivamente la demolizione de: "muro di contenimento ad angolo in c.a. di dimensioni per il primo tratto pari a ml. 12,20 ca. con altezza che va da ml. 0,33 a circa ml. 1,56 e per il secondo tratto pari a ml. 44,10 con una altezza pari a ml. 1,26;

realizzazione di un basamento in calcestruzzo di dimensioni pari a circa ml. 2,60 x ml 0,65 per la realizzazione dei pilastri in ferro con l’apposizione del relativo cancello;" il tutto in assenza di permesso a costruire.

2. Avverso tali provvedimenti deducono:

2.1 erronea applicazione art. 33 del T.U.E. di cui al d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, eccesso di potere e violazione di legge: espongono le ricorrenti di essere titolari di una servitù di passaggio su di un terreno in ordine al quale si limitavano a sostituire il vecchio muro di contenimento e di confine a blocchetti, esistente da sempre e delimitante la proprietà, con un muro di cemento armato di eguali ed identiche dimensioni; la sostituzione si era resa necessaria a seguito della compravendita del terreno, il cui accesso era consentito solo percorrendo una stradina sostenuta da un piccolo muretto in parte realizzato con mattoni di tufo, pietre e filo spinato legato a pali di cemento armato, da sempre esistente. Il Comune ha mancato di considerare tale preesistenza e che in sostanza l’intervento è consistito nella manutenzione del muro;

2.2 Erronea applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere e violazione di legge: nel caso in esame troverebbe applicazione l’art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001 e non l’art. 10, come sotteso al provvedimento in esame;

2.3 Erronea applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere e violazione di legge in quanto attività di ristrutturazione edilizia;

2.4 Erronea applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere e violazione di legge in quanto attività rientrante nella categoria della pertinenza, assimilabilità del muro di cinta alle pertinenze;

2.5 nullità e/o annullabilità per difetto di motivazione;

2.6. Violazione ed erronea applicazione degli articoli 31 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere: le ricorrenti lamentano che nel caso specifico vi è travisamento dei fatti nell’ordinanza gravata in quanto il muretto realizzato non ha comportato innovazioni o ampliamenti di volume rispetto alla realtà preesistente, dal momento che da sempre la stradina utilizzata per la servitù di passaggio risultava delimitata da un muretto, realizzato in materiale diverso e quindi il provvedimento appare del tutto sproporzionato alla realtà fattuale;

2.7 Erronea applicazione art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere e violazione di legge; insistono sulla precedente prospettazione;

2.8 Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica del potere esercitato, irragionevolezza manifesta: la realizzazione del muro di contenimento si configura come una pertinenza del fondo da ciò deriva che la sua installazione non richiedeva permesso a costruire ma semplice DIA;

2.9 Eccesso di potere: disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti; opere non consistenti in ampliamento della consistenza SUL e del volume: con la doglianza le interessate sostengono che l’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 modificato dal d.l. 25 marzo 2010, n. 40 convertito in L. 22 maggio 2010, n. 73 esonera dalla necessità di qualsiasi titolo abilitativo per la manutenzione ordinaria di immobili, quale può essere considerata la sostituzione del muretto di contenimento;

2.10 Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, istruttoria carente ed irragionevolezza. Sostengono che l’Amministrazione comunale avrebbe ingiunto la demolizione anche dei locali adibiti ad agriturismo con evidente sviamento di potere dalla causa tipica.

3. Concludono rappresentando di avere presentato domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 22 della legge regionale n. 15 dell’11 agosto 2008 per la realizzazione del muro contestato ed in ogni caso chiedono la sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati e l’accoglimento del ricorso.

4. L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha rassegnato opposte conclusioni sia sull’istanza cautelare che sul ricorso.

5. Il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata alla Camera di Consiglio del 5 luglio 2011, avvertitene sul punto le parti costituite.

6. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

7. Non può essere sostanzialmente condivisa la prospettazione principalmente proposta secondo cui il muro sopra descritto costituirebbe la sostituzione del muretto preesistente e l’intervento sarebbe qualificabile quale mera manutenzione assentibile tutt’al più con DIA.

7.1 Come del tutto correttamente rilevato dalla resistente amministrazione comunale l’intervento è tutt’altro che manutentivo atteso che esso consiste nella realizzazione di un vero e proprio muro di contenimento in cemento armato al posto di un muretto in blocchetti di tufo, le cui dimensioni non lasciano adito a dubbi circa la sua consistenza ed estensione, peraltro non contestate dalle ricorrenti. Di conseguenza non potendo l’intervento essere qualificato come manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3, comma 1 lett. b del d.P.R. n. 380 del 2001, stante il quale sono "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienicosanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso", dal momento che sono state modificate le dimensioni del preesistente "muretto", il manufatto necessitava di idoneo titolo abilitativo, che non può consistere nella semplice DIA.

7.2 Tale osservazione comporta che non possono essere condivise neanche le collegate argomentazioni secondo cui l’intervento configurava una mera ristrutturazione e neppure che esso andasse ad incidere su una mera pertinenza del fondo.

7.3 In ordine a tale argomentazione è da rilevare che per costante giurisprudenza dei TAR, che riprendono sotto tale profilo quella civilistica, la nozione di pertinenza in materia di edilizia è differente da quella civilistica, atteso che per poter dar luogo al diverso regime autorizzatorio, spettante all’opera pertinenziale, in luogo di quello concessorio è necessario che l’opera non alteri l’assetto del territorio e sia quantitativamente esigua (TAR Abruzzo, L’aquila 25 novembre 2005, n. 1186), caratteristiche queste che non ricorrono nel caso del manufatto in questione, per come sopra descritto.

7.4 Per le stesse ragioni non può essere condivisa la tesi che individua quale regime abilitativo del ridetto muro quello previsto dall’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, come attualmente riscritto dal d.l. 25 marzo 2010, n. 40 convertito in L. 22 maggio 2010, n. 73. Stante la predetta norma gli interventi in essa testualmente indicati ai commi 1 e 2 sono sottoposti a comunicazione di inizio lavori, "Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica nonchè delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42".

E nel caso in esame il provvedimento di cui è questione pone in evidenza che il muro è stato realizzato in area sottoposta a vincolo paesaggistico, senza che sia stato richiesto il relativo nulla osta, con la conseguenza che, ammesso che l’intervento sia ricompreso tra quelli per i quali sarebbe possibile la semplice comunicazione di inizio lavori e la conseguente multa nel caso, come quello in esame, in cui essa sia mancata, tuttavia la fattispecie normativa non si è completata perché la procedura semplificata prevista dall’art. 6 per le opere in esso strettamente individuate, annovera anche il nulla osta paesaggistico, a causa del suo chiaro riferimento alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 42 del 2004 sui beni culturali e sul paesaggio.

7.5 Quanto alla dedotta nullità del provvedimento per difetto assoluto di motivazione va osservato che, anche in questo caso, come in analoghe fattispecie scrutinate dal TAR, poiché l’ingiunzione a demolire si qualifica come provvedimento vincolato appare sufficientemente assolto l’onere motivazionale con la indicazione delle norme ritenute violate e dal cui raffronto con l’ipotesi sanzionata emerga palese la violazione delle stesse ad opera dell’intervento effettuato sine titulo.

7.6 La circostanza poi che dovrebbe sostenere la sospensione dell’efficacia del provvedimento demolitorio, in particolare, e che cioè le ricorrenti hanno presentato domanda di accertamento di conformità in data 10 marzo 2011 non appare idonea a suffragare la richiesta, dal momento che l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, ripreso dall’art. 22 della L.R. Lazio n. 15 del 2008, non consente di ritenere applicabile a tale procedura la sospensione prevista dalle norme sul condono edilizio, fino all’ultimo di cui all’art. 32 della L. n. 326 del 2003, il cui comma 25, con il richiamo alle disposizioni del Capo IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 richiama anche l’art. 44 che tale sospensione ha espressamente previsto e disciplinato.

8 Per le superiori considerazioni i provvedimenti vanno trovati scevri dalle dedotte censure ed il ricorso va pertanto respinto.

9. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna le ricorrenti P.C. e P.M.V. al pagamento di Euro 1.000.00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Comune di Carbognano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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