T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 01-08-2011, n. 6846

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione in epigrafe in data 19 novembre 2010 e depositato il successivo 16 dicembre, parte ricorrente impugna il diniego di visto per turismo oppostogli dal Consolato Generale d’Italia in Lagos, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere nella forma di difetto di motivazione e travisamento dei fatti.

Conclude chiedendo la sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato e l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione ha rassegnato conclusioni opposte, contestando il difetto di motivazione nel provvedimento impugnato.

Alla Camera di Consiglio del 10 gennaio 2011 è stata accolta la richiesta di sospensione del provvedimento impugnato ai fini del riesame.

Il provvedimento non risulta riesaminato per cui il ricorso è stato infine trattenuto in decisione alla pubblica udienza di rinvio del 19 maggio 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

Con esso il ricorrente, in atto commerciante in Lagos, impugna il diniego di visto per turismo oppostogli dal Consolato Generale d’Italia in quella città e motivato in quanto "…le informazioni fornite per giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto non sono attendibili; l’intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto non può essere stabilita con certezza e sarebbe carente la documentazione".

2. Avverso tale provvedimento, in buona sostanza l’interessato sostiene che l’atto consolare non pone in grado di risalire a quali siano i presupposti e le ragioni giuridiche della decisione dell’amministrazione, soprattutto nella considerazione che egli svolge nel suo Paese la detta attività di commerciante e che soggiornerebbe in Italia presso l’abitazione della sorella, la quale ha anche provveduto a stipulare una polizza assicurativa per i 90 giorni di durata del soggiorno del fratello.

3. Come esposto in narrativa, con motivata ordinanza il TAR ha richiesto all’amministrazione degli esteri il riesame del provvedimento alla luce "delle dedotte circostanze che il ricorrente può essere ospitato dalla sorella residente in Italia, in casa di proprietà e che l’interessato svolge nel suo paese l’attività di commerciante;", circostanze queste che non smentite dall’amministrazione appaiono sufficienti a suffragare l’annullamento del provvedimento esaminato, in accoglimento delle censure proposte.

La resistente, nella memoria di costituzione ha rappresentato che il dedotto difetto di motivazione non sussisterebbe, nella considerazione che l’art.4, comma 2 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e s.m.i. limita l’obbligo di motivazione ai dinieghi relativi ai visti di ingresso citati nel comma stesso e cioè per lavoro, per ricongiungimento familiare, per studio universitario e per cure mediche e solo in tali casi, dunque, si pone l’esigenza preminente di tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico che giustifica la deroga all’obbligo generale della motivazione. E nel caso in esame oltre tutto il provvedimento è stato adottato sul modello uniforme introdotto dall’allegato VI del Codice Comunitario dei visti entrato in vigore il 5 aprile 2010.

4. Al contrario di altre analoghe circostanze in cui il TAR ha ritenuto insussistente il dedotto difetto di motivazione a fronte della vincolatezza dei provvedimenti di diniego di visto, nel caso in esame, l’amministrazione, nonostante le sollecitazioni del giudice, non pare avere tenuto in alcuna considerazione le circostanze che differenziano la fattispecie in esame dalle altre e che rendono la formula di diniego, ancorché adottata secondo i crismi vigenti, del tutto apodittica, in quanto, come dedotto in ricorso, confligge con la realtà fattuale addotta a sostegno della istanza di visto, tanto più che le ridette circostanze appaiono esattamente contrastare proprio i due profili motivazionali posti in risalto dal provvedimento. E cioè che laddove esso specifica che le informazioni fornite a giustificare lo scopo del viaggio non appaiono attendibili il ricorrente ha richiesto il visto per turismo e per novanta giorni e quindi non è dato comprendere quale altra giustificazione dovesse addurre, dal momento che era ospite della sorella; e laddove si rileva che non può essere stabilita con sicurezza la sua intenzione di lasciare il territorio dello Stato membro il ricorrente ha esposto di avere una attività commerciale in patria alla quale presumibilmente dovrà ritornare.

5. Per le superiori considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto va annullato il decreto con il quale il Consolato Generale di Italia in Lagos al n. 2374 del 28 settembre 2010 ha rigettato l’istanza di visto per turismo presentata dal ricorrente.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il decreto con il quale il Consolato Generale di Italia in Lagos al n. 2374 del 28 settembre 2010 ha rigettato l’istanza di visto per turismo presentata dal ricorrente.

Condanna il Ministero degli Affari Esteri al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del ricorrente I.J..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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