Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-06-2011) 22-07-2011, n. 29473 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Napoli, con ordinanza resa all’udienza camerale del giorno 21.01.2010 ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di riparazione presentata da D.D.S. per la dedotta ingiustizia della detenzione sofferta dal 23.07.1998 al 17.10.2001 perchè l’istanza era stata tardivamente proposta e ha liquidato in suo favore la somma di Euro 4400,00 per l’ingiusta detenzione subita dal ricorrente dall’1 al 22 luglio 1998.

D.D.S. era stato attinto da ordinanza custodiale emessa dal Gip del Tribunale di Napoli in data 29.06.1998 e sottoposto al regime della custodia in carcere dall’1/07/98 al 17/10/2001 per i reati di associazione mafiosa, concorso in omicidio volontario nei confronti di S.G. e di detenzione e porto illegale della pistola all’uopo utilizzata. Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza del 22 luglio 1998, revocava la sopraindicata misura cautelare limitatamente al reato di cui all’art. 416 bis c.p., mentre la confermava per i reati di concorso in omicidio volontario e di detenzione e porto illegale di arma.

Con sentenza in data 17/10/2001 la Corte di Assise di Napoli assolveva il D.D. dal reato associativo perchè il fatto non sussiste e dai reati di omicidio volontario e detenzione e porto illegale di arma per non aver commesso il fatto. In data 17.11.2005 la Corte di Assise di Napoli emetteva sentenza di conferma della predetta pronuncia di primo grado, appellata dal Pubblico Ministero.

Tale sentenza è passata in giudicato il 3.04.2006.

Avverso la sopraindicata ordinanza della Corte di appello di Napoli del 21/01/2010 proponeva ricorso in Cassazione D.D.S., a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendo di volerla annullare con ogni consequenziale statuizione. Il ricorrente ha dedotto la violazione di legge e la carenza di motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto la inammissibilità della domanda presentata per la ingiusta detenzione da lui subita dall’1.07.1998 al 17.10.2001 perchè tardivamente proposta senza l’osservanza dei termini di cui all’art. 315 c.p.p.. Secondo la difesa del ricorrente, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di appello, nella sentenza della Corte di Assise di appello del 17.11.2005, sono riportati passi dell’appello del Pubblico Ministero che riguardano il reato di associazione camorristica ascritto al D.D., ma che inevitabilmente investono anche i fatti omicidiari. Il Pubblico Ministero infatti non avrebbe potuto appellare la sentenza per l’assoluzione dal reato di cui all’art. 416 bis c.p. prescindendo dal reato di omicidio volontario e da quello di detenzione e porto illegale di arma, dal momento che le accuse relative a tali capi di imputazione erano inscindibilmente connesse con l’accusa di associazione camorristica.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Il provvedimento impugnato dichiara inammissibile l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione nella parte concernente la detenzione patita dal 23 luglio 1998 al 17 ottobre 2001 con riferimento al reato omicidiario per essere stata presentata dopo il decorso del termine di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione prescritto dall’art. 315 c.p.p.. Tanto premesso si osserva che correttamente la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che l’appello del Pubblico Ministero, in relazione all’assoluzione del D.D., avesse riguardato solo il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. e che in particolare tale appello non avesse riguardato l’ulteriore accusa a suo carico di omicidio volontario. L’appello del Pubblico Ministero avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di Assise in data 17.10.2001 aveva infatti riguardato soltanto il delitto di partecipazione ad associazione di stampo camorristico, non potendosi ritenere che le dedotte argomentazioni investissero anche i fatti omicidiari, laddove il rappresentante dell’accusa poneva in evidenza lo scontro in atto tra il clan Sarno e S.G., da cui era derivata una lunga serie di omicidi nel territorio.

L’assoluzione dal delitto di omicidio, di cui alla sentenza di primo grado del 17.10.2001, era pertanto divenuta definitiva a seguito della mancata proposizione dell’impugnazione da parte del Pubblico Ministero. Il periodo di detenzione dal 22.07.1998 al 17.10.2001 era stato sofferto dal D.D. soltanto in relazione all’omicidio commesso in danno di S.G., da tale accusa il D. D. era stato assolto dalla Corte di Assise e tale decisione era passata in giudicato 45 giorni dopo la scadenza del termine previsto per il deposito della motivazione e cioè in data 1.03.2002. La richiesta di riparazione pertanto era stata presentata in ritardo per il reato omicidiario, in quanto depositata oltre il termine di due anni dalla irrevocabilità del capo della sentenza relativa al delitto di omicidio che costituiva l’unico titolo per la detenzione del ricorrente.

A tal proposito la giurisprudenza di questa Corte è concorde nell’affermare (cfr. Cass., Sez.4, Sent. n.38597 del 6.10.2010, Rv.248835; Cass., Sez 4, Sent. n. 12607 del 5.04.2005; Cass., Sez. 4, Sent. 31185 del 24.07.2003) che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, il diritto di proporre la domanda e la connessa decorrenza del termine biennale di decadenza, sorgono nel momento in cui le condizioni indicate all’art. 315 c.p.p., comma 1 (irrevocabilità della sentenza di proscioglimento o condanna, inoppugnabilità della sentenza di non luogo a procedere, intervenuta notifica del decreto di archiviazione) si determinano con riguardo ai reati per i quali è stata disposta la custodia cautelare, a nulla rilevando che il procedimento eventualmente prosegua con riferimento ai reati ulteriori, per i quali l’interessato non sia stato assoggettato a restrizione detentiva della libertà, oppure, come nella fattispecie che ci occupa, con riferimento a reati, quali il reato di associazione camorristica, relativamente al quale la misura cautelare sia stata annullata dal Tribunale del riesame.

Neppure si può condividere la tesi del ricorrente che si richiama ai principi di diritto in base ai quali il termine de quo decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione o di proscioglimento e ciò perchè tali principi sono pienamente compatibili con quelli applicati nel caso in esame in cui sussiste la formazione progressiva del giudicato e la frazione anteriore del medesimo riguarda il reato omicidiario al quale si riferisce la detenzione che si assume ingiusta, sul presupposto della quale è stata proposta domanda di riparazione.

Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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