T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 01-08-2011, n. 6842 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Sig.ra M. è la proprietaria di un fabbricato composto di piano seminterrato, di uno rialzato e di un primo piano, nonché di un giardino posto nella parte posteriore dello stesso ed infine di un locale interrato posizionato nel suddetto giardino, ubicati in Roma – frazione di Cesano, via Federico Bocchetti nn. 152154.

In data 28.6.2005 la ricorrente ha presentato denuncia di inizio attività, avente ad oggetto lavori di manutenzione nel fabbricato principale, consistenti in parziale rifacimento, previa demolizione, delle pareti, dei pavimenti e dei manufatti interni, nella posa in opera di nuovi pavimenti e rivestimenti, nella realizzazione dei nuovi impianti elettrico e termoidraulico, nella esecuzione di controsoffittature, nella sostituzione di infissi, nella tinteggiatura e nella costruzione di una nuova scala.

Nel corso del sopralluogo del 21.7.2005, la parte posteriore del giardino risultava completamente sbancata, risultando fuori terra il piano interrato, per una superficie di 60 mq circa, mentre nel sopralluogo del 4.12.2005, il piano interrato, avente la superficie di 80 mq, adibito a locale cantina e garage, aveva assunto una destinazione d’uso residenziale, mediante demolizione e rifacimento delle tramezzature interne, la realizzazione di impianti idraulici, termici ed elettrici ed il collegamento – come da progetto – al piano rialzato.

Con determinazione dirigenziale del Dirigente dell’Unità organizzativa tecnica del Municipio XX del Comune di Roma 31.5.2006, n. 808, prot. n. 25620, notificata il 28.6.2006, è stata ingiunta la demolizione delle sopra descritte opere, ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001.

Detto provvedimento è stato impugnato con il presente ricorso.

Si asserisce che lo sbancamento sarebbe solo temporaneo, teso a consentire ai macchinari edili di lavorare più agevolmente.

Inoltre gli impianti installati nel fabbricato principale sarebbero compatibili con la destinazione a cantina, per cui nella specie non si sarebbe determinato alcun mutamento di destinazione d’uso.

I lavori realizzati sarebbero di mera ristrutturazione, con esclusione della modifica della sagoma, ancorché della destinazione d’uso.

I lavori, al momento dei sopralluoghi sarebbero stati ancora in corso e, perciò, non sarebbero neppure sanzionabili.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma.

Con ordinanza 13.9.2006, n. 5119, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare, proposta in via incidentale, sulla base del rilievo che l’Amministrazione non si è previamente pronunciata negativamente sulla D.I.A. presentata dalla ricorrente.

Il Comune resistente ha depositato una memoria defensionale, nella quale ha rimarcato l’avvenuto cambio di destinazione d’uso, nonché documentazione conferente.

I difensori della ricorrente (Avv. Marica Mosconi e Dott. Francesco Andrea Murgia) hanno depositato in giudizio la rinuncia al proprio mandato.

Nella pubblica udienza del 19.7.2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame si contesta la determinazione dirigenziale, con cui è stata ingiunta, ai sensi dell’art. 33 del d.P.R., la rimozione delle opere abusive realizzate sulla proprietà della ricorrente.

2 – Preliminarmente occorre una precisazione, in riferimento alla difesa della ricorrente.

2.1 – Come rilevato in narrativa, i suoi difensori hanno depositato la propria rinuncia al mandato, ma nessun altro avvocato ha assunto la difesa di quest’ultima.

2.2 – In proposito deve richiamarsi l’art. 22 c.p.a., il quale stabilisce che di regola, salvo quanto previsto nei casi nominati di cui al successivo art. 23, "nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali è obbligatorio il patrocinio di avvocato".

2.3 – Le conseguenze che qui vengono in rilievo sono due: da una parte, è necessario avere il titolo di avvocato per potere assumere il patrocinio dinanzi a questo Tribunale, da cui deriva che il Dott. Francesco Andrea Murgia, così come si qualifica, non può essere preso in considerazione quale difensore della ricorrente, e, dall’altra parte, che, essendo obbligatorio il patrocinio di un avvocato, la rinuncia al mandato non può comunque far venir meno la difesa da parte del rinunciante, ai sensi dell’art.85 cpc, in assenza di sostituzione ad opera di altro avvocato.

2.4 – Pertanto l’Avv. Mosconi, pur avendo rinunciato al mandato, come risulta in atti, rimane il difensore della Sig.ra M..

3 – Fatta questa puntualizzazione, le opere sanzionate con il provvedimento impugnato non vanno esaminate in modo univoco.

4 – Per quanto concerne il contestato sbancamento di parte del giardino, la ricorrente asserisce che ciò sarebbe stato fatto solo provvisoriamente "per far spazio ai macchinari edili" e che i lavori sarebbero stati "ben lontani dalla loro conclusione" al momento dell’adozione dell’ordinanza impugnata, il che è come dire che, una volta terminati detti lavori, la stessa avrebbe provveduto spontaneamente ad eseguire il reinterro.

È chiaro, perciò, che, con riguardo allo sbancamento ed alle conseguenze dello stesso (emersione fuori terra del piano interrato situato nel giardino per una superficie di 60 mq), la Sig.ra M. non ha interesse a proporre impugnativa avverso il provvedimento che lo sanziona, atteso che la riduzione in pristino stato è comunque riferibile all’attività che sarebbe stata posta in essere spontaneamente dalla medesima, una volta terminati i lavori e venuta meno la necessità dello sbancamento, per le ragioni su illustrate.

4.1 – Ne deriva che, limitatamente a tale abuso, il ricorso è inammissibile, per difetto di interesse.

5 – In relazione, invece, al cambio di destinazione d’uso da locale cantinagarage del piano interrato dell’edificio a tre piani, il gravame è infondato e va rigettato.

5.1 – In primo luogo occorre rimarcare che le opere realizzate, considerate nel loro insieme e nel conseguente cambio di destinazione d’uso, non possono ritenersi ricomprese nell’oggetto della D.I.A. presentata dalla ricorrente in data 28.6.2005, concernente lavori di manutenzione nel fabbricato principale, consistenti in parziale rifacimento, previa demolizione, delle pareti, dei pavimenti e dei manufatti interni, nella posa in opera di nuovi pavimenti e rivestimenti, nella realizzazione dei nuovi impianti elettrico e termoidraulico, nella esecuzione di controsoffittature, nella sostituzione di infissi, nella tinteggiatura e nella costruzione di una nuova scala.

Per voler meglio precisare, se il parziale rifacimento delle pareti e la realizzazione di impianti elettrico e termoidraulico, considerati in modo atomistico o riferiti a locali aventi già una destinazione residenziale, ben potrebbero integrare interventi di manutenzione e rientrare nell’ambito di una denuncia di inizio attività semplice, diversamente, quando le tramezzature e gli impianti vanno a determinare un quid novi, vale a dire una diversa destinazione d’uso, da cantinagarage a residenziale, non si rientra più nell’ambito assentibile con D.I.A., atteso che si determina una ristrutturazione pesante, richiedente, quale titolo edilizio, il permesso di costruire o, alternativamente, la D.I.A. pesante, in assenza dei quali deve essere irrogata la sanzione demolitoria di cui all’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001. In questo caso, infatti, il cambio di destinazione d’uso comporta un maggior carico urbanistico del fabbricato interessato, relativamente al piano interrato.

5.2 – Non può evidentemente accogliersi al riguardo la tesi offerta dalla parte ricorrente, secondo cui gli impianti in questione sarebbero perfettamente compatibili con la preesistente destinazione d’uso; al contrario, essi sono un chiaro segno del realizzato mutamento di destinazione d’uso, con gli effetti in termini di sanzione comminabile, appena rilevati.

5.3 – Pertanto, in relazione al contestato cambio di destinazione d’uso, il ricorso è infondato e va rigettato.

6 – In conclusione il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.

7 – Per quanto riguarda le spese di giudizio, i diritti e gli onorari di difesa, essi seguono la soccombenza, ponendosi a carico della parte ricorrente, e vanno quantificati come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, in parte dichiara inammissibile, per difetto di interesse, ed in parte rigetta il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente alle spese di giudizio, in favore del Comune resistente, forfetariamente quantificate in Euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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