T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 01-08-2011, n. 6836

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla resistente Amministrazione degli esteri in data 4 novembre 2010 e depositato il successivo 19 novembre, espone la ricorrente di avere richiesto un visto turistico per recarsi in Italia presso la sorella, coniugata col secondo ricorrente in epigrafe indicato, vedendosi tuttavia opporre il diniego impugnato.

Premesso che prima della richiesta ora rifiutata le era stato negato il visto di ingresso turistico con provvedimento gravato con ricorso n. 4502/2009 nell’ambito del quale il TAR si era pronunciato, in sede cautelare, con ordinanza n. 2926 del 26 giugno 2009, accogliendo l’istanza di sospensione e quindi la ricorrente era potuta entrare in Italia seppure per uno solo dei tre mesi previsti dal permesso di soggiorno, quest’ultima, avverso il nuovo rifiuto deduce:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, eventualmente anche in combinato disposto con l’art. 5 del medesimo decreto e con gli articoli 9 e 34 del d.P.R. n. 394/1999; eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto di istruttoria;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 4 e dell’art. 5 del d.lgs. 25 luglio 1998, n, 286; eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto di istruttoria, nonché per difetto di motivazione;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, nonché dell’art. 117 Cost.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio.

Alla Camera di Consiglio del 9 dicembre 2010 è stata accolta l’istanza cautelare ai fini del riesame.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 7 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

Con esso l’interessata impugna il diniego di visto di ingresso per turismo oppostole dal Consolato Generale d’Italia in Lagos, motivato come segue: "Non ha dimostrato di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza oppure per il transito verso un paese terzo nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero non è in grado di ottenere legalmente detti mezzi; la Sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto non può essere stabilita con certezza".

2. In fatto l’interessata premette che il visto è preordinato a consentirle di far visita alla sorella che ha una bambina affetta da grave handicap, alla quale la famiglia non è in grado di provvedere con una bambinaia, il che impedisce alla sorella di cercare un qualsiasi lavoro per sostenere ella stessa la famiglia.

Avverso il diniego, dunque, lamenta che dei due motivi di rigetto del visto quello relativo alla carenza di mezzi di sussistenza è proprio inconsistente, dal momento che ella è stata invitata dal cognato, il quale ha depositato idonea documentazione a dimostrare di essere in possesso di un proprio reddito sufficiente anche ad ospitare una persona, con apposita fideiussione bancaria, che le garantisce quasi una vera e propria diaria. A questo punto l’Amministrazione avrebbe dovuto dire perché tale garanzia bancaria non era sufficiente.

La ricorrente sostiene pure che anche il secondo motivo di rigetto è insussistente, siccome articolato in ordine alla circostanza che non sarebbero sufficientemente dimostrate le sue intenzioni di lasciare il territorio italiano e di rientrare in patria. A tal proposito ella oppone che già dispone dei biglietti aerei di ritorno che dimostrano come si sia impegnata a lasciare il territorio italiano, per fare ritorno nel paese di origine, pure prima della scadenza del termine dei tre mesi.

Infine con la terza doglianza l’interessata sostiene che il caso in specie non configura una ipotesi di ricongiungimento familiare e per questa ragione ella si è limitata a richiedere un visto turistico. Comunque anche ammettendo che la prassi negatoria invalsa presso il Consolato Generale d’Italia in Lagos fosse giustificata dalla lotta alla immigrazione clandestina, l’interpretazione restrittiva in materia di visto di ingresso si pone in netto contrasto con l’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

3. Le censure vanno tutte accolte nei termini che seguono.

Come già chiarito al sommario esame della sede cautelare, laddove si è pure posto in evidenza il precedente specifico della sezione sulla stessa persona (ord. n. 2926 in data 26 giugno 2009) la prima censura proposta è del tutto condivisibile, nella considerazione che l’Amministrazione non chiarisce minimamente come mai la fideiussione bancaria per la ricorrente prodotta dal cognato non fosse sufficiente a garantire la sussistenza dell’interessata sul territorio italiano, neppure per il ristretto periodo dalla stessa richiesto col visto turistico.

E d’altra parte l’art. 4 del d.lgs. n. 286 del 1998 richiede che l’interessato dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno ed il regolamento applicativo di cui al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 all’art. 5 stabilisce che lo straniero debba allegare alla propria domanda la documentazione necessaria per il tipo di visto richiesto e tra cui è ricompreso il titolo idoneo a dimostrare: "la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del viaggio e del soggiorno, osservate le direttive di cui all’art. 4, comma 3 del testo unico…".

La ricorrente ha per l’appunto allegato la fideiussione bancaria sottoscritta dal cognato per Euro 2.716,68 che le garantisce una diaria di Euro 206,58 quale quota fissa, oltre 27,89 Euro per ogni giorno, con la conseguenza che non si rileva proprio dal provvedimento in quale elemento la fideiussione non sia sufficiente a garantire le spese di soggiorno e di viaggio della ricorrente, per come richiesto dalle norme citate.

Ma anche la censura con la quale l’interessata tende a porre in rilievo la carenza nella motivazione e nei presupposti del provvedimento impugnato, laddove specifica che non si evincerebbe in alcun modo l’intenzione dell’interessata di lasciare il territorio italiano appare accoglibile, nella considerazione che la stessa si è già munita oltre che del biglietto di andata anche di quello di ritorno; e tale circostanza appare anche suffragata dall’altra per cui, nella precedente occasione, l’interessata ha del tutto correttamente usufruito del residuo mese di visto che le rimaneva a seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare, rientrando in patria alla scadenza naturale del visto per turismo e da quella relativa all’assenza di pregiudizi penali di sorta. Sicchè, seppure la motivazione del diniego intenda scongiurare il cd. rischio migratorio, tale ipotesi non è confermata dalla situazione personale della ricorrente, oltre che non si evince dalla documentazione allegata.

La terza censura appare poi superflua a fronte delle vistose carenze del provvedimento, come sopra rilevate.

Una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di cui agli articoli 4 e 29 del Testo Unico dell’Immigrazione di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 induce a ritenere che se il legislatore avesse voluto ricondurre ad un’unica fattispecie il visto per turismo del parente straniero che va a trovare un proprio congiunto in uno Stato membro per un breve periodo a quella del visto per ricongiungimento familiare avrebbe stabilito per la prima ipotesi una specifica disciplina, mentre la casistica prevista dall’art. 29 risponde, in via principale, alla tutela costituzionalmente garantita del diritto alla famiglia, garantendo anche allo straniero i cui familiari risiedano in Italia permanenze a fianco del proprio congiunto più lunghe rispetto a quelle stabilita per turismo dall’art. 4 al quarto comma del Testo Unico sull’immigrazione.

4. Con le ultime precisazioni il ricorso va pertanto accolto e per l’effetto va annullato il provvedimento al n. 1954 in data 29 luglio 2010 adottato dal Consolato Generale d’Italia in Lagos nei confronti della ricorrente.

5. La delicatezza delle questioni trattate fa ritenere giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento del Consolato Generale d’Italia in Lagos al n. 1954 in data 29 luglio 2010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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