Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-05-2011) 22-07-2011, n. 29443 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 25 novembre 2010, rigettava l’appello proposto da P.D. avverso l’ordinanza del 18 ottobre 2010 del G.I.P. dello stesso Tribunale, di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, applicata in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, deducendo i seguenti motivi:

1) vizi di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), nella parte in cui l’ordinanza impugnata ritiene preclusa la possibilità di una rivalutazione del quadro indiziario nel caso di specie in cui l’ordinanza applicativa di misura cautelare non è stata impugnata;

in tal caso, infatti, ad avviso del ricorrente, non potrebbe configurarsi il giudicato cautelare.

2) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Il ricorrente lamenta che sia stata ritenuta irrilevante, sotto il profilo indiziario, l’ordinanza emessa nei confronti del coindagato R.S., nella parte in cui la stessa ha escluso la sussistenza di gravi indizi in ordine al delitto associativo, in quanto la posizione del R. sarebbe assimilabile a quella della P., non sussistendo, al di là di servizi commissionatile dal marito R.N., elementi per sostenere che la P. avesse mai avuto un ruolo specifico nella societas sceleris.

3) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 274 c.p.p. e art. 275 c.p.p., comma 3, in quanto l’ordinanza impugnata non avrebbe considerato che l’indagata è inserita in un sano contesto socio-familiare e lavorativo e potrebbe dimorare, in regime di arresti domiciliari, presso l’abitazione della sorella in (OMISSIS).

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati e devono essere rigettati.

Con riferimento al primo motivo di ricorso di cui all’elencazione in premessa, è bensì vero che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il giudice competente a pronunciarsi sulla revoca della misura cautelare non incontra alcuna preclusione – quanto all’accertamento della carenza originaria (oltre che persistente) di indizi o di esigenze cautelari – nella mancata impugnazione dell’ordinanza cautelare (per tutte: Sez. U, 08/07/1994, n. 11, Buffa, Rv. 198213; Sez. U, 24/05/2004, n. 29952, Romagnoli, Rv.

228117), ma, nel caso di specie, l’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale, non ha alcuna rilevanza concreta, poichè, l’ordinanza impugnata, nonostante la errata affermazione in diritto, motiva, comunque, ampiamente sia sulla sussistenza originaria degli indizi di colpevolezza, sia sulla loro persistenza. Su quest’ultimo punto, il Tribunale respinge la tesi difensiva che l’ordinanza emessa nei confronti del coindagato R.S. possa avere rilevanza con riferimento alla posizione della P., poichè, anzi, dalla stessa ordinanza emerge la posizione di elemento di spicco dell’organizzazione criminale dedita al traffico di stupefacenti di R.N., marito della P.. Così che, a carico di quest’ultima, non risulta scalfito il quadro indiziario, costituito anche dalle "dichiarazioni di un coindagato, Pa.Do. e numerose conversazioni intercettate e riportate nelle ordinanze che qui si richiamano e si intendono per trascritte" (pag. 6 dell’ordinanza impugnata).

Anche la censura concernente le esigenze cautelari non è fondata, in quanto l’ordinanza impugnata ha fatto riferimento a precisi elementi negativi, quali la partecipazione dell’indagata ad un notevole giro d’affari nell’attività di spaccio, la elevata capacità criminale dimostrata, la mancanza di circostanze che possano far escludere l’immanenza di legami con gli ambienti criminali di cui alla contestazione.

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato, con la conseguenza della condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Copia del presente provvedimento deve essere trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario, affinchè provveda a quanto previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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