Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-05-2011) 22-07-2011, n. 29440 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Milano, con ordinanza in data 17 dicembre 2010, confermava il provvedimento del G.I.P. dello stesso Tribunale emesso il 12 novembre 2010 di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di B.G., successivamente modificato il 29 novembre 2010 con la sostituzione della misura degli arresti domiciliari.

Al B. è stato contestato il reato di associazione a delinquere, oltre a reati di ricettazione, falsità ideologica in atti pubblici, possesso e fabbricazione di documenti di identità falsi, perchè, – secondo il capo di imputazione -con il ruolo di promotore ed organizzatore dell’associazione, in quanto titolare dell’agenzia di pratiche automobilistiche "Campionesi" di (OMISSIS), materialmente effettuava operazioni di ricettazione e di ripulitura di autovetture di provenienza delittuosa, emettendo originali certificati di proprietà attestanti l’alienazione per esportazione all’estero delle autovetture della società Hertz sulla base di presentazione di una fotocopia di falsa carta di identità intestata all’amministratore unico della Hertz, della misura della camera di commercio della Hertz, delle denuncia di smarrimento dei documenti di circolazione presentata presso diverso comandi di Polizia, nonchè intrattenendo con gli acquirenti esteri diretti rapporti per la soppressione delle targhe originali.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi: 1) violazione di legge e mancanza assoluta di motivazione, in quanto il G.I.P. si sarebbe limitato a richiamare la richiesta di cautela formulata dal P.M. e il Tribunale della Libertà, a sua volta, si sarebbe limitato a fare propria la motivazione del giudice della cautela, con la conseguenza che il percorso logico – motivazionale che regge l’ordinanza cautelare sarebbe costituito dalle argomentazioni formulate dal P.M., il quale a sua volta avrebbe riprodotto l’annotazione di servizio di un ispettore capo della Polizia di Stato.

Il ricorrente afferma, poi, che la tesi accusatoria dell’ordinanza impugnata secondo la quale la procedura di radiazione adottata dal B. fosse irregolare se non addirittura illegittima sarebbe destituita di fondamento e basata sulla dichiarazione di una teste, responsabile del PRA di Milano, senza indicazione delle norme che sarebbero state violate, ben potendo il B. procedere alla radiazione di un autoveicolo anche qualora la firma sulla richiesta non fosse stata apposta avanti a lui medesimo, alla condizione che alla richiesta stessa, già firmata, fosse allegata la fotocopia di un documento di identità dell’avente diritto, come avvenuto nel caso di specie.

D’altro canto, continua il ricorrente, la circostanza che le pratiche di radiazione contenessero documenti falsificati e denunce calunniose, non rileverebbe, non risultando evidenze idonee a sostenere che l’indagato avesse consapevolezza della non genuinità della documentazione; ciò varrebbe anche per la radiazione di due autoveicoli, in relazione ai quali sarebbe emersa una difformità tra il numero di telaio dei veicoli apposto sulla carta di circolazione e quello apposto sul certificato di proprietà rilasciato dalla agenzia dell’indagato, difformità che sarebbero assai frequenti e dovute ad errori del compilatore.

Il ricorrente lamenta, poi, che l’ordinanza impugnata non abbia tenuto conto della circostanza che lo stesso B. ha assunto l’iniziativa di consentire alla Polizia l’identificazione del coindagato M., come risulterebbe provato dall’annotazione di servizio della Polizia di Stato di Verbania, in data 15 marzo 2007, prodotta dalla difesa in sede di riesame; si tratta di un documento che proverebbe la stretta collaborazione tra il B. e gli inquirenti di Verbania in tempi non sospetti, cioè quando ancora il B. non sapeva di essere indagato, e che suffragherebbe la tesi difensiva che furono gli inquirenti a chiedere al B. di mantenere i rapporti con il M. per acquisire ulteriori elementi indizianti. Con riferimento specifico all’imputazione associativa, il ricorrente afferma la insussistenza di elementi che evidenzino un qualsiasi rapporto tra il B. ed i coindagati.

2) omessa motivazione e violazione di legge con riferimento alle esigenze cautelari, in quanto le argomentazioni del Tribunale sullo spessore criminale degli indagati e sugli stretti contatti tra gli stessi non potrebbero applicarsi al B. che è incensurato e di cui non risultano contatti con gli altri indagati. Inoltre, l’ordinanza impugnata avrebbe omesso di considerare il tempo trascorso dai fatti addebitati., che si assumono compiuti tra il (OMISSIS).

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati e devono essere rigettati.

Con riferimento alla dedotta violazione di legge e mancanza di motivazione, occorre precisare che la giurisprudenza di legittimità è tendenzialmente favorevole ad ammettere la motivazione per relationem e una simile propensione ha ricevuto l’avallo delle Sezioni Unite allorchè è stato affermato che non può ritenersi mancante di motivazione un’ordinanza di custodia cautelare che, relativamente all’esposizione degli indizi di colpevolezza, faccia esclusivo riferimento alle argomentazioni contenute nella richiesta del pubblico ministero (Sez. Un., 26 febbraio – 24 aprile 1991, n. 5, Bruno, rv. 187000). D’altro canto, nel caso di specie, l’adesione dell’ordinanza impugnata a quella del G.I.P. non è acritica ma si basa su precise valutazioni degli apprezzamenti formulati del primo giudice e su una argomentata critica delle deduzioni difensive. Per quanto concerne la censura difensiva in merito alla affermazione dell’ordinanza impugnata circa la irregolarità delle procedure di radiazione di autovetture adottate dal B., si deve osservare che il Tribunale basa il suo convincimento non solo sulle dichiarazioni della teste responsabile del PRA di Milano, ma anche sull’esito della perquisizione effettuata a carico del B. che ha consentito il rinvenimento di fotocopie di carte di identità abbinate ai legali rappresentanti delle società proprietarie dei veicoli all’evidenza apocrife, e sulla complessiva ricostruzione della vicenda criminosa, oltre che sulla ritenuta inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dall’indagato.

Con riferimento, poi, all’iniziativa che l’indagato avrebbe assunto di consentire alla Polizia l’identificazione del coindagato M., l’ordinanza impugnata ha preso in esame l’affermazione difensiva per concludere nel senso della mancanza di prove in atti a sostegno di essa e, comunque, per la sua inverosimiglianza nei termini espressi dall’indagato.

Anche nel merito delle esigenze cautelari l’ordinanza impugnata è ampiamente motivata sia con riferimento all’esigenza di cui all’art. 274 c.p.p., lett. a), comma 1, sia con riferimento alla concreta pericolosità specifica "che non potrebbe essere arginata consentendo all’indagato di allontanarsi per svolgere attività lavorativa, ciò anche tenuto conto che si tratterebbe della medesima attività che gli ha consentito la commissione dei reati di cui al presente procedimento".

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato, con la conseguenza della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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