Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-05-2011) 22-07-2011, n. 29583

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.-. I difensori di C.F. e P.M. hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale, in data 1-2-2011, il Tribunale di Napoli, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti dei predetti dal GIP di Napoli in data 3-1- 2011 per il reato di intralcio alla giustizia, aggravato dalle modalità mafiose e dalla finalità di agevolare il clan Moccia (nella specie la fazione facente capo a F.F.), commesso in Afragola dal settembre 2008 al settembre 2009. 2.-. La difesa di C.F. deduce in primo luogo la "nullità del provvedimento (impugnato) per nullità originaria del provvedimento cautelare per assenza grafica di motivazione, in quanto la predetta misura coercitiva altro non sarebbe che "la esatta, mera riproduzione letterale e sintattica – inclusi i refusi – della richiesta" del P.M..

Con il secondo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, violazione dell’art. 210 c.p.p., erronea applicazione di legge in riferimento alla individuazione di elementi di riscontro in realtà neutri rispetto al nucleo narrativo accusatorio ed in riferimento alla svalutazione della progressività degli aggiustamenti dichiarativi di M.S.. In particolare, secondo la ricorrente, il M. avrebbe dovuto essere sentito ex art. 210 c.p.p. (essendosi sparato da solo, simulando una aggressione per rendersi credibile alla P.G.); si sarebbe dovuto concludere per la inaffidabilità delle dichiarazioni del M., avendo questi reso ben nove dichiarazioni in rapida successione, in ciascuna delle quali aveva modificato la propria versione; sarebbero stati individuati elementi di riscontro del tutto incongrui (ad es. l’effettivo acquisto dell’arma con la quale il M. si sarebbe successivamente sparato).

Con il terzo motivo la ricorrente eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta intangibilità della efficacia dimostrativa di una consulenza tecnica disposta dal P.M., in realtà palesemente erronea ed incompleta.

3.-. La difesa di P.M. denuncia:

– Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per assenza di motivazione. La richiesta di applicazione di custodia cautelare e l’ordinanza impositiva sarebbero, da un punto di vista motivazionale, del tutto identiche. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale del Riesame, non sarebbero stati rispettati nel caso in esame i confini, entro i quali è lecito secondo la giurisprudenza di legittimità adottare una motivazione per relationem, in quanto, da un lato, non sarebbe stato allegato il provvedimento richiamato e, dall’altro, non risulterebbe che il Giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto richiamato, ritenendole coerenti alla decisione. A parte il fatto che nel caso di specie ci si troverebbe in presenza da parte del GIP di "una supina, apodittica e immotivata adesione alla domanda" dell’Accusa, senza alcuna valutazione dei contenuti della richiesta.

– Contraddittorietà, carenza e illogicità del provvedimento impugnato. Segnatamente non sarebbe stata in alcun modo valutata dal Giudice una dettagliata memoria, ritualmente depositata dal difensore, e non si sarebbe dato il giusto rilievo alle contraddizioni ed ai cambiamenti di versione nelle dichiarazioni accusatorie di M.S. ed alla indoneità della captazione telefonica indicata a fungere da riscontro ad esse.

4.-. I ricorsi sono infondati.

Correttamente il Tribunale ha rilevato che il GIP, esponendo analiticamente le ragioni dell’Accusa, ha dimostrato di averle fatte proprie. D’altra parte lo stesso Tribunale ha completato la motivazione, puntualizzando che il compendio indiziario a carico degli indagati era rappresentato sostanzialmente dalle dichiarazioni del M., che avevano trovato adeguato riscontro negli esiti delle investigazioni, nel contenuto delle conversazioni intercettate all’epoca dei fatti estorsivi, nelle dichiarazioni di Mu.Ni., S.A. e D.R.F. e negli scritti provenienti dalla C..

Il Tribunale ha anche spiegato dettagliatamente le ragioni per le quali il M. il quale, essendo persona offesa di una vicenda estorsiva posta in essere dal F. e dal gruppo che a lui faceva capo, doveva essere considerato come un testimone doveva essere ritenuto affidabile, anche per la coerenza del suo narrato, per la assenza di animosità che lo caratterizzava e per i riscontri, che come si è detto, le sue dichiarazioni avevano trovato in altri elementi esterni.

Del tutto generici e atecnici sono poi i rilievi difensivi in riferimento agli esiti della consulenza disposta dal P.M..

In definitiva, il Tribunale di Napoli, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, ha dato congrua risposta a tutte le censure da essi prospettate, censure che attengono invero sostanzialmente alla valutazione degli elementi indizianti, che rientra nella facoltà esclusiva del giudice di merito e non può essere posta in questione in sede di giudizio di legittimità quando fondata, come nel caso in esame, su motivazione congrua e non manifestamente illogica.

5.-. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *