Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-05-2011) 22-07-2011, n. 29581 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. – Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Bari ha respinto la richiesta di riesame presentata da T.S.I. e ha confermato il provvedimento del 19 gennaio 2011 con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari, ritenendola gravemente indiziata del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di illeciti contro la pubblica amministrazione (art. 416 c.p.: capo A), nonchè di una serie di corruzioni di pubblici ufficiali nell’ambito del settore sanitario barese (artt. 110, 319 e 321 c.p.: capi B, B2, H), di concorso in falsità ideologica (art. 61 c.p., n. 9, artt. 110 e 479 c.p., e art. 476 c.p., comma 2 capi L, M) e di turbata libertà degli incanti (art. 110 c.p., art. 353 c.p., commi 1 e 2: capo I).

Dall’ordinanza del Tribunale si apprende che la vicenda riguardante la T., che svolge la professione di medico e a cui fanno capo alcune società private operanti nel settore sanitario, tra cui il Centro Radiologico Laertino s.r.l. e la società Medica Sud s.r.l., si inserisce in un’ampia attività investigativa, iniziata nel luglio 2008, riguardante le attività imprenditoriali gestite dai fratelli Ta.Gi. e Cl. – attraverso le società System Medical s.r.l., Tecno Hospital s.r.l., G.S.H. s.r.l. e T.G.S. rivenditrici di prodotti medici – e i loro rapporti con esponenti politici e pubblici amministratori, tra cui P.V., chirurgo e direttore della Clinica Ortopedica e Traumatologica II del Policlinico di (OMISSIS).

2 – La ricorrente, tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione.

2.1. – Con il primo motivo ha dedotto l’erronea applicazione dell’art. 416 c.p., e il conseguente vizio di motivazione, assumendo che l’ordinanza impugnata avrebbe sostanzialmente travisato il senso della conversazione intercettata all’Hotel Eden di (OMISSIS) il 12 novembre 2008, nell’incontro che la T. ebbe con P. V. e Ta.Gi.. Innanzitutto, la ricorrente ha richiamato quanto già dichiarato in sede di interrogatorio, circa il legame sentimentale che la legava a P., ribadendo che l’incontro con Ta. venne accettato solo per "non scontentare" quest’ultimo, nel timore che potesse svelare nell’ambiente barese la relazione tra i due scoperta due settimane prima all’Hotel De Roussie, Sicchè la sera del 12 novembre non vi fu alcun incontro "fondativo di un’associazione per delinquere", come attesterebbe lo stesso tenore delle conversazioni da cui non emerge alcun accordo.

Inoltre, la T. ha evidenziato come risulti indimostrata l’esistenza di un accordo criminoso, dal momento i pazienti operati dal P. venivano indirizzati in strutture di riabilitazioni diverse dalle sue e, infatti, nessuno dei testimoni ha dichiarato di esser stato dirottato presso i centri della T. dopo gli interventi chirurgici, nè di esser stati da lei visitati prima degli interventi e inviati presso la clinica universitaria del P..

La ricorrente ha richiamato alcune dichiarazioni rese dallo stesso Ta., il quale ha ammesso che il contatto lui lo cercava con il solo P., circostanza che risulta confermata anche da alcuni s.m.s. tra i due; peraltro, evidenzia come in un caso in cui il Ta. chiese un nuovo appuntamento al P., questi le abbia detto che non intendeva incontrarlo, come risulta dalla telefonata del 24 novembre 2008.

In altri termini si sostiene che non vi è stata alcuna associazione per delinquere e che, in ogni caso, la T. era completamente estranea ai rapporti intercorrenti occasionalmente tra Ta. e P..

2.2. – Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’erronea applicazione degli artt. 319 e 321 c.p., nonchè il connesso vizio di motivazione in ordine al capo B) dell’imputazione, sostenendo che immotivatamente il Tribunale ha ritenuto che abbia rafforzato il P. nell’accordo corruttivo con il Ta., favorendone i contatti. Dalle intercettazioni risulta che il P. volesse avere rapporti esclusivi solo con il Ta. in merito alle protesi e ad altri progetti.

Inoltre, con riferimento al capo B2), in cui si contesta all’imputata di avere conseguito un contratto aggiuntivo di Euro 50.000 in favore del Centro Radiologico Laertino, società riconducibile alla T., ottenuto attraverso l’attività corruttiva posta in essere da Ta. nei confronti di C.L. e L. F., ha evidenziato come l’ampliamento del budget alle strutture sanitarie non è oggetto di gara ad evidenza pubblica, sottolineando che la domanda all’ASL è stata fatta sei mesi prima dell’incontro all’Hotel Eden e che si trattava di una legittima richiesta.

Inoltre, si rileva che nella vicenda manca la illecita contrattazione con l’amministrazione, sicchè i giudici avrebbero dovuto escludere la ipotizzabilità del reato.

In subordine, si chiede di qualificare il fatto nel reato meno grave di cui all’art. 318 c.p., che non consente l’applicazione di misure cautelari.

2.3. – Con un terzo motivo ha dedotto la violazione degli artt. 319 e 321 c.p.p., in relazione al capo H), in cui la T. è accusata di avere corrotto i funzionari pubblici della Pura Depurazione s.r.l. al fine di aggiudicarsi la gara relativa all’affidamento del servizio di sorveglianza sanitaria finalizzata alla tutela della salute e della sicurezza per il personale addetto agli impianti di depurazione. La ricorrente ha messo in risalto come l’ordinanza sia incorsa in errore, in quanto non si è trattato di una gara, bensì di una indagine di mercato ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 57, comma 6, (codice dei contratti pubblici), cioè una procedura non vincolante per la stazione proponente, in quanto si tratta di una mera consultazione informale del mercato, finalizzata non alla ricerca del contraente, ma del soggetto con cui intavolare la susseguente trattativa privata. In tale procedura la T. avrebbe conosciuto solo gli elementi contenuti nell’invito a partecipare, come risulterebbe, secondo la difesa, dall’intercettazione della conversazione intercorsa con la S..

2.4. – Il quarto motivo, avente ad oggetto il capo I), relativo all’art. 353 c.p., è collegato al precedente. Si assume, infatti, che non è possibile ipotizzare il reato se la procedura non può essere definita come gara, trattandosi di una indagine di mercato D.Lgs. n. 163 del 2006, ex art. 57. 2.5. – Con il quinto motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 479 c.p., per la mancanza dell’elemento soggettivo. Secondo l’accusa contenuta al capo L), la T. avrebbe concorso nel falso posto in essere dal pubblico ufficiale che avrebbe attestato falsamente l’ora di arrivo del plico contenete le offerte per la procedura di affidamento del servizio di sorveglianza sanitaria; ma si assume che l’imputata non era presente al momento del deposito, avendo delegato al deposito il suo collaboratore, D.A..

D’altra parte, risulta che la T. intimò al suo collaboratore di non depositare il plico all’ultimo momento, circostanza questa che dimostrerebbe la sua buona fede.

2.6. – Con i motivi sesto e settimo la ricorrente assume l’insussistenza del reato di falso di cui al capo M) e di quello di istigazione alla corruzione di cui al capo N): il primo per inidoneità dell’azione; il secondo per mancanza del dolo.

2.7. – Infine, con l’ultimo motivo si contesta la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c). In particolare, si rileva che dal maggio 2010 l’imputata esercita esclusivamente la professione medica, non facendo più parte della Medica Sud s.r.l., sicchè non intrattiene rapporti diretti con le pubbliche amministrazioni, con la conseguenza che non è nelle condizioni di reiterare i reati contestatili.

Motivi della decisione

3. – Il primo motivo è infondato, avendo il Tribunale di Bari correttamente applicato l’art. 416 c.p. e coerentemente motivato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Secondo i giudici l’associazione, di cui fa parte l’imputata assieme ai fratelli Ta. e al P., è stata funzionale ad orientare le scelte degli uffici pubblici preposti alla gestione delle attività sanitarie, in particolare l’ASL e il Policlinico di (OMISSIS), a favore degli interessi dei centri di riabilitazione e diagnostica della T. e delle aziende riconduciteli ai fratelli Ta.. In particolare, T. e P. si sono accordati con i Ta. per ottenere vantaggi economici sfruttando le conoscenze di Ta.Gi. nell’ASL di (OMISSIS), soprattutto la sua amicizia con C.L., direttore generale dell’ASL; in cambio i fratelli Ta. hanno ottenuto l’acquisto dei loro prodotti sanitari, come protesi ed altri materiali medici, da parte della clinica universitaria diretta da P., nonchè l’impegno della T. di chiedere a medici di base da lei contattati di prescrivere visite ortopediche propedeutiche all’impianto di protesi commercializzate dai Ta. e che sarebbero state impiantate da P..

I giudici del riesame hanno ritenuto che il carattere aperto e indeterminato dell’accordo, destinato a durare nel tempo, giustificasse l’ipotesi del reato associativo e non del mero concorso, finalizzato a commettere singoli reati preventivamente stabiliti. A tali conclusioni sono giunti sulla base dell’analisi delle numerose conversazioni tra T., P. e T. G., oggetto di intercettazioni telefoniche e ambientali, nonchè degli episodi di corruzione, che avrebbero confermato l’esistenza del pactum sceleris.

Tra le conversazioni valorizzate dal Tribunale vi è quella relativa all’incontro tra T., P. e Ta.Gi. all’Hotel Eden di (OMISSIS) il 12 novembre 2008, in cui i tre studiano i modi attraverso cui favorire la crescita delle attività del Medical Centre s.r.l., amministrato dalla moglie del P., ma a questi direttamente riconducibile, con l’aiuto di C. e di un personaggio interno alla ASL, non identificato, che avrebbe dovuto essere compensato con Euro 30.000,00, versati dal Medical Centre su presentazione di una falsa fattura di pari importo emessa dallo studio di fisioterapia della T., Medica Sud s.r.l. Nello stesso incontro si decide, secondo la ricostruzione contenuta nell’ordinanza del riesame, anche di agevolare la concessione in favore della T. di fondi per importi superiori a quelli già riconosciuti dalla ASL per i sui centri di riabilitazione, sfruttando l’amicizia di Ta. con il direttore generale dell’ASL, nonchè di contattare il direttore amministrativo, L.F., per indurlo a disporre un contratto extra budget in favore di un’altra società della T., il Centro Radiologico Laertino, contratto che risulta essere stato firmato da C. il giorno dopo, come promesso dal Ta.. Sempre dai risultati delle conversazioni intercettate il 12 novembre 2008 emerge un altro progetto: la T. propone di rendersi disponibile a coinvolgere i medici di base ad indirizzare i propri pazienti ai propri studi specialistici per poi prescrivere impianti di protesi, in questo modo favorendo la commercializzazione dei prodotti dei Ta.; per convincere i medici di base sarebbe bastato corrispondere qualche utilità (viene riportata la seguente frase della T.: "gli dai cento Euro a protesi e sta felicissimo"); a sua volta Ta. propone di organizzare un congresso con i medici di base, prevedendo una breve relazione di P., a cui dovrà seguire una cena, il tutto funzionale a coinvolgere i medici di base nel circuito che dovrebbe intensificare la vendita delle protesi ortopediche.

In base a queste ed altre conversazioni i giudici hanno desunto gli elementi probatori della esistenza di un patto criminoso destinato a durare nel tempo, al quale aderisce pienamente anche la T., che non rimane estranea, ma al contrario assume un ruolo importante: si tratta di un accordo a tre, a cui aderirà anche Ta.

C., diretto a favorire tutti i partecipanti, compresa la T., ciascuno assumendo impegni nel proprio e nell’altrui interesse. Peraltro, a sostegno dell’esistenza dell’associazione criminale e del pieno coinvolgimento dell’imputata i giudici menzionano il suo prodigarsi "per trovare nuovi acquirenti per i prodotti dei Ta." nel settore della neurochirurgia, diverso da quello dell’ortopedia in cui lei operava, assieme al P.:

infatti, vengono prese in esame una serie di intercettazioni in cui la T. mette in contatto i fratelli Ta. con la Neuromed di (OMISSIS), riferendosi alla possibilità di fare affari "metà e metà". Inoltre, viene riferita la telefonata che P. fa alla T., in cui le racconta quello che avrebbe detto al suo aiuto circa la necessità di utilizzare nelle operazioni chirurgiche soli i prodotti dei Ta.. Stesso significato viene attribuito alle conversazioni del gennaio 2009 tra P., T. e T. C.: sia quella in cui prendono in esame la possibilità di acquistare anche materiale ospedaliero diverso dalle protesi, che quella in cui parlano della c.d. clinicizzazione, cioè della possibilità di una convenzione tra l’università e l’ospedale (OMISSIS), rappresentano i tentativi dell’imputata e del P. di incrementare la commercializzazione dei prodotti dei Ta. e comunque il loro raggio di azione.

Infine, a conferma dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo il Tribunale menziona anche ulteriori elementi, tra cui:

– i risultati della perquisizione eseguita negli uffici della T., con il sequestro di files che, secondo i giudici, contengono gran parte delle pretese economiche della T. e in cui sono riportate anche le percentuali riguardanti i compensi di Ta.

G., una parte dei quali sarebbe servita a quest’ultimo per pagare le tangenti a L. (interrogatorio di Ta.Gi. del 17.11.2009);

– gli interrogatori di Ta.Gi. che alla fine sembra ammettere l’esistenza dell’associazione, anche se inizialmente sostiene che gli accordi riguardavano solo lui e il P..

Sulla base di questa mole davvero consistente di elementi d’accusa, attentamente vagliati dal Tribunale, le argomentazioni difensive circa l’estraneità della T. all’associazione e le giustificazioni sulla sua presenza alle riunioni romane, da mettere in relazione al legame sentimentale che l’univa al P., si rivelano del tutto inconsistenti e comunque inidonee a mettere in crisi l’impianto argomentativo dell’ordinanza impugnata, che correttamente ritiene dimostrato, l’esistenza di un accordo criminoso finalizzato alla commissione di una serie di reati contro la pubblica amministrazione.

4. – Infondato è il secondo motivo.

Anche per quanto riguarda gli episodi di corruzione contestati all’imputata, che sarebbero i reati fine dell’associazione, sono sempre le intercettazioni a costituire gli elementi indiziali a carico della T..

In ordine al capo B), i giudici del riesame hanno ritenuto i gravi indizi di colpevolezza a carico della T. per concorso materiale nella corruzione avendo messo in contatto i fratelli Ta. con il P., al fine di far acquistare dalla Clinica universitaria diretta da quest’ultimo numerosi dispositivi medici commercializzati dalle società dei Ta., per un costo di Euro 280.455,00, nonchè per avere determinato o rafforzato il proposito del P..

Per quanto concerne l’episodio di corruzione contestato al capo B2) e relativo al contratto aggiuntivo in favore del Centro Radiologico Laertino, il Tribunale evidenzia che di ciò si è parlato nell’incontro del 12 novembre 2008 a Roma, che immediatamente il Ta. ha contattato C.L., cioè il Direttore generale dell’ASL, e che questa il giorno successivo ha sottoscritto il contratto extra budget in favore del Centro della T.. In altri termini, ritiene dimostrata, seppure a livello indiziario, l’esistenza dell’accordo corruttivo tra i Ta. e la T. da un lato e la C. dall’altro.

Anche in questo caso i giudici del riesame hanno fatto una corretta applicazione delle norme incriminatoci, motivando in maniera logica la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Peraltro, non regge la pretesa di inquadrare la condotta dell’indagata nel reato di cui all’art. 318 c.p., in quanto le pressioni sulla C. erano dirette a farla venire meno ai suoi doveri d’ufficio firmando il contratto senza attendere la risposta dei distretti alle richiesta del direttore amministrativo dell’ASL, L., sul quale Ta.Gi. avrebbe fatto le sue pressioni per evitare che ostacolasse l’iter del contratto.

5. – Infondati sono pure il terzo e il quarto motivo.

Riguardo alla vicenda della Pura Depurazioni s.r.l., società controllata dall’Acquedotto (OMISSIS), in cui è stato contestato alla T. il reato di corruzione per ottenere l’aggiudicazione del contratto per il servizio di sorveglianza sanitaria per il personale addetto agli impianti di depurazione e per assicurarsi la proroga del servizio di medico competente anche per l’anno 2009, nonchè i reati di concorso in falso ideologico e in turbativa d’asta, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

L’accordo corruttivo sarebbe intervenuto tra la T. e i responsabili dei servizi prevenzione e protezione della Pura Depurazioni e dell’Acquedotto Pugliese s.p.a., S.C. e M.D., i quali avrebbero ricevuto dall’imputata dei regali, consentendole, in cambio, di depositare l’offerta più conveniente nella gara di aggiudicazione del contratto.

Ed, infatti, secondo la ricostruzione dell’ordinanza impugnata la T. avrebbe ricevuto da S.C. e M. D. notizie riservate relative alla gara, consentendole innanzitutto di predisporre un duplice preventivo con prezzi alti e bassi, in modo da presentare all’occorrenza quello più conveniente;

poi di depositare, tramite il suo collaboratore Angelo Damiani, le offerte a termini ormai scaduti, con la complicità di Mo.

L., addetta al protocollo della società, che attestò un falso orario di presentazione delle offerte.

Gli indizi sono ancora una volta costituiti dai risultati delle intercettazioni delle conversazioni avvenute tra la T., la S. e il M..

In questo caso, la difesa dell’indagata tende a dimostrare, tra l’altro, che non si è trattato di una gara, ma di una "indagine di mercato" prevista dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 57, comma 6.

La giurisprudenza ha precisato che non si può parlare di gara nel caso in cui, dopo avere invitato i singoli potenziali contraenti a presentare le proprie offerte, l’amministrazione resti comunque libera di scegliere il proprio contraente secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6^, 28.1.2008, n. 13124, P.M. in proc. Mandanti): in tali casi difetterebbe una reale e libera competizione tra più concorrenti.

Tuttavia, il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 57 comma 6, invocato dalla ricorrente, prevede sicuramente una gara. Infatti, si tratta di una disposizione in cui l’informalità riguarda la fase di prima cernita degli operatori da individuare in base alle "caratteristiche di qualificazione economico finanziario e tecnico organizzative desunte dal mercato", ma una volta individuati i soggetti idonei è la stessa norma a pretendere che le offerte siano valutate e quindi scelte in base alle condizioni più vantaggiose, "secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa". In altri termini si tratta di una procedura che non ha nulla dei caratteri della trattativa privata, dal momento che impone criteri legali di scelta.

In ogni caso, non risulta dal capo di imputazione che si sia trattato di una semplice "indagine di mercato", facendo riferimento la contestazione ad un vero e proprio contratto di affidamento del servizio di sorveglianza sanitaria.

D’altra parte, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, puntualmente richiamato nell’ordinanza del riesame, il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile in ogni situazione nella quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente mediante una gara, quale che sia il nomen iuris conferito alla procedura ed anche in assenza di formalità (Sez. 6^, 28 gennaio 2008, n. 13124, P.M. in proc. Mancinati, in una fattispecie relativa ad una "gara esplorativa", inerente ad una trattativa privata autoregolamentata dalla P.A. mediante forme procedimentali attuative di un meccanismo selettivo delle offerte per l’aggiudicazione di un appalto di noleggio di autovetture; nello stesso senso, Sez. 6^, 22 settembre 2004, n. 44829, Di Vincenzo). Peraltro, si tratta di interpretazioni che non integrano una applicazione analogica della fattispecie criminosa di cui all’art. 353 c.p., in quanto non ne allarga l’ambito di applicazione, bensì concreta una interpretazione estensiva, sulla base dell’eadem ratio che la sorregge e che è unica, cioè quella di garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti e delle licitazioni private sia delle gare informali o di consultazione, le quali finiscono con il realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private (così, Sez. 6^, 30 settembre 1998, n. 12238, De Simone).

6. – In relazione al quinto e al sesto motivo, si osserva che il Tribunale ha utilizzato quella giurisprudenza in materia di falso ideologico in atto pubblico, secondo cui anche quando l’atto sia proprio del solo pubblico ufficiale, della falsa attestazione rispondono a titolo di concorso coloro che abbiano agito per il medesimo fine, sia intervenendo all’atto sia istigando il pubblico ufficiale o rafforzandone il proposito delittuoso (v., Sez. 5^, 9 febbraio 1999, n. 3552, Andronico). Allo stato deve ritenersi che l’ordinanza abbia correttamente motivato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche in rapporto a questi reati.

7. – Generico e, comunque, inconferente è il motivo con cui si contesta la sussistenza del dolo per il reato di istigazione alla corruzione. La ricorrente non contesta che il regalo sia stato fatto, per cui allo stato degli atti e al fine di verificare la sussistenza di un quadro indiziario grave deve riconoscersi che, anche in questo caso, l’ordinanza abbia bene giustificato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti i gravi indizi.

8. – Infine, per quanto attiene alle esigenze cautelari il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo di recidiva ai sensi dell’art. 274 c.p.p., lett. c), tenendo conto della gravità dei fatti e della "personalità allarmante" della T., che ha dimostrato "una capacità criminosa di notevole entità" nonostante la sua incensuratezza. In particolare, i giudici del riesame hanno evidenziato come tale pericolo di reiterazione sia concreto ed attuale in considerazione, tra l’altro, della rete di conoscenze nella pubblica amministrazione dell’indagata e dei suoi rapporti con alcuni funzionari ancora in servizio. Proprio in relazione a queste ultime considerazioni, deve ritenersi che correttamente il Tribunale abbia ritenuto che il pericolo di recidiva non possa essere escluso per il fatto che la T. non ricopra più alcuna carica nelle società ad essa riferibili nell’ambito della ASL di (OMISSIS).

9. – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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