Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-05-2011) 22-07-2011, n. 29489

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza 14/10/2009 il Tribunale di Cuneo respingeva l’istanza di riesame che M.O. e G.V. avevano proposto avverso il decreto 24/9/2009 con il quale il GIP presso il Tribunale di Saluzzo aveva disposto il sequestro di due centri di revisione e delle relative dotazioni aziendali, sull’assunto che in detti centri di revisione veicoli (Valle Po di Valter Gamba con sede in (OMISSIS) e Revisione Veicoli con sede in (OMISSIS)) si rilasciassero false attestazioni e falsi contrassegni di revisioni (non effettuate).

Avverso tale ordinanza i predetti M. e G. proponevano ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 8152 del 2010 ha accolto il terzo motivo del ricorso ed ha ravvisato assoluta laconicità della motivazione nella parte in cui non si dava conto di avere ritenuto ineluttabile la misura del sequestro delle due aziende senza interrogarsi sulla possibilità di dar corso a misura cautelare meno invasiva (e che consentisse pertanto la protrazione di una attività aziendale diversa da quella della revisione in discorso).

Il Tribunale di Cuneo, quale giudice di rinvio, con ordinanza del 31/3/2010, depositata il 3/4/2010, preso atto del principio di diritto e constatato che nessun elemento consentiva di sostenere la già assunta decisione, ha revocato la misura del sequestro delle officine di revisione veicoli a suo tempo disposta dal GIP presso il Tribunale di Saluzzo. Per l’annullamento di tale ordinanza il difensore dei predetti G. e M. ha proposto ricorso lamentando violazione di legge.

Motivi della decisione

Il ricorso appare privo di fondamento.

Il Tribunale di Cuneo in sede di rinvio ha dato puntuale e piena (e non parziale e … farisaica, come ipotizza il ricorso) attuazione alla sentenza rescindente n. 8152 del 2010. Ed infatti, quel che era stato affermato essere frutto di motivazione non esaustiva era la statuizione dei primi giudici di sottoporre a misura cautelare reale le due aziende, per intero, ben potendosi ipotizzare che, accanto all’attività di fraudolento rilascio di certificazioni per la M.C., esistesse in dette officine una altra lecita attività (quale l’esercizio di officina di riparazione) che dal sequestro sarebbe stata irragionevolmente compressa. Era quindi evidente che la rivalutazione demandata ai giudici di merito era solo quella attingente la esistenza di una attività autonoma da quella di revisione veicoli. Poichè il giudice del rinvio ha ritenuto non possibile la distinzione e pertanto ineluttabile la revoca del sequestro delle officine, di nulla può dolersi la parte ricorrente ed in particolare non del fatto che permanga il sequestro di singoli documenti ed apparecchi che il provvedimento iniziale aveva coinvolto. Per tali oggetti e beni, infatti, nessun problema di destinazione "alternativa" era stato fatto emergere da questa Corte nella pronunzia rescindente, per la evidente rilevanza di siffatti oggetti (conti bancari – personal computers – documenti cartacei e informatici) proprio ai fini perseguiti dal provvedimento di sequestro. Si rigetta pertanto, con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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