Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-12-2011, n. 27159

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente propose ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dal Comune di Solferino all’istanza di rimborso dell’i.c.i. asseritamente versata in eccedenza per gli anni dal 1996 al 2004, su immobile di categoria "D".

A fondamento dell’istanza e del ricorso, la società contribuente rilevava, in particolare, di aver, ai fini i.c.i., erroneamente considerato il fabbricato come se si trattasse di due corpi di fabbrica separati, adottando due diversi criteri di calcolo dell’imposta (quello del valore contabile, per l’ampliamento del fabbricato ultimato nel 1996; quello della rendita catastale sulla porzione di fabbricato già esistente dal 1985 e censita). Assumeva che, essendo la rendita catastale dell’intero fabbricato (notificata nel 2004) di importo inferiore, doveva esserle rimborsata la differenza.

L’adita commissione provinciale accolse solo in parte il ricorso, dichiarando rimborsabile l’i.c.i. a decorrere dal 2001; ciò sul presupposto che il valore catastale aggiornato è valido dal momento della presentazione della variazione catastale (e quindi, nella specie, dal 1996), ma che, tuttavia, la normativa applicabile ratione temporis limitava i rimborsi all’ultimo triennio.

In esito all’appello principale del Comune ed a quello incidentale della società contribuente, la decisione fu confermata dalla commissione regionale, che respinse entrambi gli appelli.

Sul presupposto che l’istanza rivolta dal contribuente all’Ute tendeva "ad ottenere l’accatastamento di un unico fabbricato pur costituito da due corpi di fabbrica separati e che tale effettivamente è stata l’opera edilizia realizzata", risulta così motivata: "Trattasi pertanto di mero ampliamento di complesso preesistente, con conseguente applicabilità della disciplina prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4. Ne deriva che, a fronte dell’attribuzione di una nuova rendita catastale unica, legittimamente la parte ha diritto ad ottenere il rimborso di quanto erroneamente versato in eccedenza per aver applicato il criterio previsto dall’art. 5, comma terzo, del medesimo D.Lgs. n. 504 del 1992. L’appello del Comune non può pertanto essere accolto.

Deve altresì essere rigettato l’appello incidentale proposto dalla parte. La stessa società contribuente muove dall’assunto che l’attribuzione della rendita da parte dell’UTE abbia valore esclusivamente dichiarativo, dato che il momento dal quale la nuova rendita deve produrre i propri effetti corrisponde a quello di richiesta di accatastamento. Così argomentando, peraltro, si deve concludere che l’ufficializzazione della rendita da parte dell’UTE non ha valore costitutivo e dunque il termine prescrizionale necessariamente inizia a decorrere sin dal primo momento di richiesta di accatastamento. Per l’effetto, non può essere accolta la richiesta della società contribuente volta ad ottenere il rimborso dell’imposta oltre il termine triennale previsto ex lege".

Avverso tale decisione, il Comune propone ricorso per cassazione in tre motivi.

La società contribuente resiste con controricorso e propone un motivo di ricorso incidentale.

Motivi della decisione

I due ricorsi, siccome proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale, il Comune deduce "violazione o falsa applicazione di norme di diritto – omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: violazione del disposto dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 112 e 113 c.p.c., con riferimento alla mancata esplicitazìone nella motivazione della sentenza impugnata, dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante …" e formula il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: "… se l’applicazione del combinato disposto della L. n. 504 del 1992, artt. 11 e 13, legittimi il rimborso della maggiore imposta i.c.i. versata per la ipotesi di applicazione al fabbricato di nuova costruzione della rendita determinata ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3".

Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito.

Al riguardo, occorre rilevare che le SS.UU. di questa Corte hanno puntualizzato che ognuno dei quesiti formulati, per ciascun motivo di ricorso, deve consentire l’individuazione sia del principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato sia, correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso (giacchè, in mancanza di tale articolazione logico- giuridica, il quesito si risolverebbe in un’astratta petizione di principio, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato); e che, dall’esposta premessa, hanno, peraltro, inferito che il quesito ex art. 366 bis c.p.c., non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero (come nel caso di specie) nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo, ma deve risolversi in sintesi logico- giuridica della questione, non avulsa dai rilevanti elementi fattuali della fattispecie concreta, idonea a far comprendere alla Corte già sulla base della sua sola lettura l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (v. Cass. s.u. 19444/09 e 3519/08, nonchè 7433/09, 15535/08, 19769/08).

Con il secondo motivo di ricorso, il Comune deduce "violazione del disposto dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al disposto dell’invocato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, ed calla variazione del saggio di fruttuosità disposta dall’Agenzia del territorio – Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia …" e formula il seguente quesito: "… se la richiesta di variazione catastale, qualora nel periodo intercorrente tra tale richiesta e la definitiva attribuzione della rendita, sopraggiunga la variazione, disposta d’ufficio, del saggio di fruttuosità, legittimi la applicazione del disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 11 e 13".

Con il terzo motivo di ricorso, il Comune – deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo violazione del disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e formula il seguente quesito: "… se il passaggio dal valore contabile (art. 5, comma 4) a quello catastale (art. 5, comma3) esplica effetti sulle annualità pregresse ed il minor valore catastale rispetto a quello contabile da diritto a recuperi d’imposta da parte del contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 e/o 13".

I motivi in rassegna sono, entrambi, inammissibili, perchè ciascuno, denunciato un vizio di motivazione, pone, poi, un quesito di diritto, espressione di violazione di legge (peraltro, di per sè, del tutto inidoneo ai sensi di quanto precisato in precedenza). Il secondo motivo, inoltre, non coglie la ratio della decisione impugnata.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale, la società contribuente deduce "violazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, in riferimento alla decorrenza del termine prescrizionale per ottenere il rimborso i.c.i." e pone il seguente quesito di diritto:

"se in tema di i.c.i. e con riferimento alla base imponibile dei fabbricati non iscritti in catasto, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, la base imponibile è collegata, fino all’attribuzione della rendita catastale, alle iscrizioni contabili, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, con la precisazione che dal momento, però, della richiesta di attribuzione della rendita catastale, il possessore dell’immobile, pur seguitando ad applicare in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè l’attribuzione della rendita può dare titolo a versare la differenza di tributo rispetto a quanto versato in via precaria, ma anche ad ottenere il rimborso delle somme in più versate per lo stesso periodo d’imposta, e con l’ulteriore esplicita precisazione che detto rimborso deve decorrere dal momento della richiesta di attribuzione della rendita catastale".

Il motivo è fondato.

Le ss.uu. di questa Corte (cfr. Cass., ss.uu. 3160/11) hanno invero, di recente, puntualizzato che, in tema di i.c.i., il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, vale sino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, mentre, dal momento in cui fa la richiesta, il proprietario, pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi), o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge. Ciò, del resto il linea con il criterio secondo cui, anche in campo tributario, la decorrenza del termine di perenzione di un diritto per inattività non può aver luogo, ai sensi dell’art. 2935 c.c., che dal momento in cui detto diritto può essere fatto valere (cfr. Cass. 10033/09, 6331/08);

Alla stregua della considerazioni che precedono, s’impongono il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale.

Per la soccombenza, il Comune ricorrente principale va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale; condanna il Comune di Solferino alla refusione delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 1.200,00 (di cui Euro 1.100,00, per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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