T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-08-2011, n. 6889

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito dell’espletamento della gara di cui al bando per l’affidamento delle concessioni delle aree nella quali realizzare i cd. Punti Ristoro, l’area denominata P.V.R. 5.4- via Massini non è stata assegnata in quanto la gara, in detta parte, è andata deserta, non essendo stata presentata alcuna domanda.

La società ricorrente ha presentato la richiesta di rilascio della concessione avente ad oggetto la predetta area in data 30.6.2010, invocando l’applicazione analogica della disposizione di cui all’articolo 57 del D Lgs. n. 163 del 2006; in accoglimento della detta richiesta il comune, con la determinazione dirigenziale n. 1643 del 20.7.2010, ha rilasciato la relativa concessione in applicazione analogica della norma richiamata e nel rispetto dei requisiti tecnico organizzativi ed economici del bando di gara.

Con la lettera del 16.9.2010 è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento d’ufficio della determinazione di cui sopra e la società ricorrente vi ha dato riscontro con la memoria di controdeduzioni del 22.10.2010; tuttavia, con la determinazione dirigenziale impugnata del 20.7.2010, ne è stato disposto l’annullamento per non conformità al citato articolo 57 in conseguenza della mancata individuazione di almeno 3 imprese del settore ed è stata manifestata la volontà di procedere alla pubblicazione di un nuovo bando pubblico.

Con il ricorso in trattazione, depositato e notificato nei termini, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento in autotutela, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione dell’articolo 57 del D. Lgs. n. 163 del 2006 e del regolamento CE n. 1400/2002 ed eccesso di potere per difetto di idonea motivazione, illogicità, contraddittorietà, illogicità, violazione dei principi in materia di tutela della concorrenza.

2. Violazione dell’articolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta.

3. Violazione dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di idonea motivazione.

In sostanza sarebbe mancata la comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda e la verifica avrebbe avuto ad oggetto esclusivamente il mero ripristino della legalità violata, sarebbe stato violato l’affidamento ingenerato nella società ricorrente con la concessione dell’area per mezzo dell’annullata determinazione, sarebbe stato violato il disposto dell’articolo 57, in quanto individuazione dei tre operatori dovrebbe intervenire solo " ove possibile" e, comunque, la gara di cui trattasi era andata deserta alle medesime condizioni solo 3 mesi prima e, infine, la comunicazione dell’avvio procedimentale sarebbe illegittima in quanto non sufficientemente motivata.

Roma Capitale si è costituita in giudizio in data 20.12.2010 con comparsa di mera forma, depositando memoria difensiva, con allegata documentazione, in data 21.1.2011, con la quale ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso, atteso il breve lasso temporale intercorso tra il rilascio della concessione e il suo annullamento in autotutela, e del quale ha chiesto il rigetto.

Con l’ordinanza n. 249/2011 del 25.1.2011 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

Con la memoria del 6.6.2011 l’amministrazione, dopo avere ripercorso in punto di fatto la vicenda di cui trattasi ed avere dato atto degli ulteriori sviluppi intercorsi nelle more, ha, in via preliminare, dedotto il difetto di un interesse attuale e concreto da parte della ricorrente ad una decisione nel merito del giudizio, atteso che, a conclusione della procedura, la stessa è risultata aggiudicataria di un’area indicata nel bando e precisamente dell’area indicata come P.V.R. 6.1Villa Gordiani e che la stessa, ai sensi dell’articolo 10 del bando, non potrebbe mantenere entrambe le aree ma invece dovrebbe procedere all’esercizio del diritto di opzione; nel merito ha dedotto più diffusamente l’infondatezza dei motivi di censura di cui al ricorso ed ha insistito per il rigetto del ricorso.

La società ricorrente, con la memoria di replica del 27.6.2011, ha controdedotto alle difese avversarie, ribadendo le proprie censure e rilevando, in particolare, come, nel caso di specie, non potrebbe trovare applicazione il disposto di cui all’invocato articolo 10 del bando, atteso che non si tratterebbe dell’aggiudicazione di due aree messe a gara poiché una delle aree in questione sarebbe stata concessa da parte dell’amministrazione direttamente ed al di fuori della procedura di gara.

Alla pubblica udienza dell’8.7.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Motivi della decisione

In via preliminare deve essere affrontata la questione in rito di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse da parte della ricorrente di cui alla memoria conclusiva dell’amministrazione.

Nelle more della trattazione nel merito del presente giudizio è stata pubblicata la graduatoria conclusiva della procedura di cui trattasi, e di cui alla determinazione dirigenziale n. 844 del 5.5.2011, dalla quale emerge come la ricorrente sia risultata aggiudicataria del P.V.R. 6.1- Villa Gordiani; l’amministrazione ritiene che, in virtù dell’articolo 10 del bando, la ricorrente non potrebbe contemporaneamente mantenere sia la predetta area che l’area oggetto del presente giudizio.

Il richiamato articolo 10 del bando dispone testualmente, nella parte che interessa, che "… E’ possibile che un proponente presenti progetti su un massimo di tre (3) aree. Ogni concorrente, comunque, non potrà risultare aggiudicatario di più di 1 area secondo l’ordine di preferenza indicato dal concorrente nelle offerte….".

E’ evidente, dal tenore testuale della stessa, che la disposizione in questione avesse ad oggetto esclusivamente la fattispecie ivi puntualmente evidenziata, ossia quella della presentazione di più di una domanda di partecipazione relativamente al bando con riferimento a distinte aree, con la conseguente impossibilità del mantenimento, in caso di contestuale esito favorevole, dell’aggiudicazione per tutte o per più di una delle stesse, e la necessità della scelta, da parte dell’aggiudicatario, di un’unica area; nel caso all’esame, invece, le due aree di cui trattasi sono entrate nella disponibilità della società, l’una, a seguito del regolare espletamento della procedura di gara e l’altra, invece, a seguito di un’assegnazione in via diretta da parte dell’amministrazione.

Ne consegue che l’invocata norma non possa trovare applicazione in via immediata e diretta nella fattispecie all’esame, il che non toglie che, tuttavia, se ne possa invocare, da parte dell’amministrazione, un’applicazione analogica, nella sussistenza della medesima ratio.

Al riguardo non sembrano sussistere dubbi in ordine alla circostanza che, effettivamente, tra le due diverse fattispecie all’esame, ai fini che interessano, vi sia una sostanziale analogia; ed infatti la volontà sottesa alla disposizione in questione è, evidentemente, quella di non consentire che un unico operatore possa ottenere l’assegnazione o l’affidamento, e conseguentemente gestire, più di un’area tra quelle comprese nell’elenco allegato al bando.

Dalla considerazione che precede deriva che, legittimamente, l’amministrazione ritenga che la società ricorrente debba procedere alla scelta dell’unica area da gestire in concessione; da ciò, tuttavia, non deriva l’improcedibilità del ricorso in trattazione, atteso che la ricorrente potrà effettivamente esercitare il diritto di opzione solo ed esclusivamente nel caso in cui il presente ricorso sia accolto anche nel merito, con il riconoscimento, in via definitiva, dell’illegittimità del provvedimento in autotutela impugnato e la conseguente reviviscenza dell’affidamento dell’area di Via Massini; solo in tal caso, infatti, la ricorrente si troverebbe nella effettiva situazione di essere affidataria di più di un’area tra quelle ricomprese nell’elenco allegato al bando.

Tanto premesso in rito, nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto per le considerazioni che seguono.

Gli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 costituiscono norme di principio, che impongono il preavviso procedimentale in tutti i casi in cui l’amministrazione intenda emanare un atto di secondo grado, come l’annullamento disposto nella specie, incidente su posizioni giuridiche originate da un precedente provvedimento, e non ostino motivi d’urgenza, comunque da esplicitarsi; la comunicazione dell’avvio procedimentale è necessaria per consentire all’interessato di prospettare circostanze significative ed astrattamente idonee a influire sul contenuto sostanziale del provvedimento in riferimento alla fondatezza dei motivi posti dall’amministrazione a base dell’annullamento.

Tuttavia, sebbene la comunicazione, in quanto atto prodromico, debba mettere le parti interessate in condizione di interloquire nel procedimento, la stessa non deve raggiungere il livello di approfondimento proprio dell’atto conclusivo, che giungerà all’esito di una congrua istruttoria, non potendosi equiparare i profili della comunicazione a quelli della motivazione.

Nel caso di specie, però, la comunicazione di avvio non contiene l’indicazione di alcun elemento o profilo sulla base del quale l’amministrazione si sia determinata a procedere nella direzione indicata; dalla detta circostanza consegue l’estrema difficoltà, o meglio l’impossibilità, della ricorrente di interloquire con l’amministrazione comunale in modo effettivamente proficuo per entrambe; in sostanza, una comunicazione di avvio del detto tenore testuale si presenta come atto meramente formale che non consente di raggiungerne l’obiettivo partecipativo sostanziale.

Sotto il profilo indicato, pertanto, il terzo ed ultimo assorbente motivo di ricorso è fondato e va, conseguentemente, accolto.

Non merita, invece, accoglimento l’ulteriore profilo di censura articolato nella parte finale del detto ultimo motivo di ricorso, laddove viene dedotto che, illegittimamente, l’amministrazione non avrebbe tenuto in alcuna considerazione la memoria della ricorrente contenente le controdeduzioni.

Ed infatti la detta memoria riporta la data del 22.10.2010, e, nonostante l’anticipazione via fax nella medesima giornata, risulta essere pervenuta al protocollo del comune soltanto alla data del 29.10.2010, mentre l’impugnata determinazione di annullamento è stata adottata proprio il 22.10.2010; l’amministrazione, pertanto, non avrebbe potuto, in alcun modo, tenerne conto ai fini dell’adozione dell’impugnato annullamento.

Altrettanto fondato è il secondo motivo di censura, con il quale è stata dedotta la violazione dell’articolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990; ed infatti, nell’esercizio della funzione di riesame di precedenti determinazioni da parte dell’amministrazione, funzione avente natura discrezionale, come confermato dalla disposizione normativa richiamata, l’amministrazione deve tenere conto degli interessi dei destinatari e, quindi, dell’affidamento ingenerato, al fine di non turbare le posizioni giuridiche consolidate degli interessati.

Ed infatti, per effetto dell’articolo 21 nonies, l’esercizio della potestà di autotutela decisoria richiede non solo l’esistenza di un vizio dell’atto da rimuovere, ma anche la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione e la sua comparazione con gli interessi privati sacrificati, quando, per effetto del provvedimento reputato illegittimo, siano sorte posizioni giuridiche qualificate dall’apparenza di uno stato di diritto basato sull’atto da ritirare, rilevando l’affidamento ingenerato dall’atto nell’interessato in merito alla legittimità del provvedimento.

Nel caso di specie, con l’impugnata determinazione di annullamento dell’affidamento della concessione, l’amministrazione ha dato atto sia dei motivi giuridici sulla base dei quali ha ritenuto sussistente l’illegittimità del detto affidamento sia dell’interesse pubblico, diverso dal mero ripristino della legalità violata, sotteso alla scelta in concreto effettuata; tuttavia, è mancata del tutto la valutazione degli interessi di cui è portatrice la società ricorrente nei termini in precedenza indicati nonché la comparazione dei contrapposti interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda; né si ritiene sufficiente, al riguardo, in via suppletiva, quanto dedotto in giudizio da parte della difesa dell’amministrazione, e proprio poiché rilevato solo in quella sede, laddove viene evidenziato che il lasso temporale intercorso tra l’affidamento della concessione e la comunicazione dell’avvio procedimentale e, quindi, del provvedimento di annullamento, sarebbe stato talmente breve da non essere possibile che, nella società ricorrente, si sia ingenerato un concreto ed effettivo affidamento; ed infatti la valutazione che precede doveva essere effettuata ed esternata con idonea motivazione da parte della stessa amministrazione in seno al provvedimento di annullamento impugnato nel presente giudizio.

Infine, altrettanto fondato nel merito è il primo motivo sostanziale di censura.

Ed infatti, atteso che la procedura era andata deserta relativamente al P.V.R. 5.4- via Massini, per il quale non erano state presentate domande nel termine di legge, l’amministrazione poteva correttamente procedere all’affidamento diretto della concessione relativa alla predetta area alle medesime condizioni di cui al bando di gara.

L’articolo 57 del D. lgs. n. 163 del 2006, rubricato "Procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.", e richiamato sia nell’istanza della ricorrente che nel provvedimento di affidamento diretto dell’amministrazione, dispone che "1. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle ipotesi seguenti, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre.

2. Nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura è consentita:

a) qualora, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto….

6. Ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei….".

La norma prevede, pertanto, che, solo ove possibile, si proceda all’individuazione delle tre imprese in possesso dei requisiti richiesti e, pertanto, presuppone che l’amministrazione, preliminarmente, effettui una valutazione in ordine alla concreta possibilità di poter reperire sul mercato il detto numero di imprese e, invece, nel caso di specie, solo tre mesi prima la procedura era andata deserta e, comunque, l’affidamento diretto è stato effettuato alle medesime condizioni di cui al bando; ne consegue che la motivazione addotta ai fini dell’annullamento non è coerente con il dato normativo invocato a fondamento.

Per le complessive considerazioni che precedono, il ricorso è fondato nel merito e deve, conseguentemente, essere accolto.

Deve, invece, essere respinta l’istanza risarcitoria formulata con il ricorso introduttivo principalmente ai fini del risarcimento in forma specifica e, solo subordinatamente, per equivalente, in considerazione del tempestivo accoglimento dell’istanza cautelare, e, soprattutto, alla luce delle considerazioni in precedenza evidenziate in ordine alla necessità, da parte della ricorrente, di procedere all’esercizio del diritto di opzione relativamente all’unica area di effettivo interesse ai fini dell’affidamento di cui trattasi.

Attesa la delicatezza della questione sottesa, si ritiene di dovere compensare le spese del giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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