T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-08-2011, n. 6887 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso, notificato l’11 novembre 2010 e depositato il successivo 3 dicembre, le Società S.L.P.S.D.R.L.&.F., S.L.S.D.C.B., S.R.S.D.C.B.E.C., S.R.G.S.D.R.M.E.B., S.R.M.E.B.S., S.I.N.S., S.V., M.G., P.S., C.G., E.M., M.M., D.C.C., P.E., S.B.D.F.G.&.C.S., G.M.D.D.A., D.P.P., S.M.P.D.D.A.A.E.M.S., S.R.S.D.D.A.M.&.C., G.N., S.G.P.S.D.G.P.&.C., S.P.N.S., S.P.F.&.C.S., S.F., S.M.S.D.D.M.&.S., S.Z.P.S.D.C.L.&.C., S.D.A.C.&.C.S., S.P.N.&.F.S.D.M.P., C.B., S.O.S.D.D.B.A.&.C., S.M.V.&.D.B.S., quali imprese esercenti l’attività di pesca nel mare Adriatico, hanno impugnato gli atti meglio specificati in epigrafe perché lesivi del loro interesse ad una corretta attività di impresa.

Le ricorrenti sono armatori iscritti in un compartimento marittimo posto fuori dalle regioni con obiettivo di convergenza e che, pertanto, sono state sottoposte, annualmente, al c.d. "fermo pesca" per consentire la nascita e la crescita del novellame per un periodo di 30 gg. durante la stagione estiva, ciò in applicazione delle regole imposte dalla normativa comunitaria (in particolare, Regg. CE nn. 2371/2002, 1198/2006, 1967/2006 e 498/2007).

In ragione di ciò, il Ministero resistente, a partire dal 2005, ha annualmente adottato una serie di decreti, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, con cui sono stati fissati i periodi effettivi di interruzione dell’attività di pesca nel c.d. settore GSA 17.

Con riferimento ai decreti ministeriali indicati in epigrafe, le parte istanti, nel chiedere l’annullamento dei provvedimenti impugnati ed il conseguente risarcimento dei danni, ha proposto i seguenti motivi:

Per ciò che concerne il D.M. del 23 giugno 2010,

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Reg. CEE n. 1198/06, eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e sviamento, erroneità dei presupposti, trasversalità violazione dell’art. 119, comma 5, della Cost., disparità di trattamento, violazione del titolo VI, capo I, sez. II del trattato UE, in particolare art. 87, commi 1 e 3, dato che l’aiuto pubblico per l’arresto temporaneo dell’attività di pesca è cosa diversa dagli aiuti finalizzati a promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale; si rileva, al riguardo, che il decreto impugnato distoglie le risorse destinate all’aiuto pubblico all’arresto temporaneo previsto dall’U.E., attraverso la concessione di un sostegno in misura diversificata a seconda non della generale previsione dell’aiuto agli imprenditori, bensì considerando la residenza dell’impresa in una regione che deve raggiungere lo standard europeo di sviluppo socio economico o meno;

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 16 del reg. CE 2468/98 e dell’art. 19 reg. CE 1967/06, in combinato disposto con il reg. CE 1198/06, necessità dell’adozione dei piani di gestione per l’imposizione del fermo pesca, violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge n. 963 del 1965 e del D.lgs. n. 154/04, nullità della disposizione di arresto annuale, poiché l’attuazione della misura del blocco temporaneo e stagionale della pesca è strettamente legata alla preventiva adozione dei piani di gestione da presentare alla commissione europea assieme al programma operativo pesca nazionale;

3) Violazione e falsa applicazione della decisione 98/416/CE in combinato disposto con il reg. 1198/06 e con il reg. 1967, eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e sviamento, poiché l’imposizione di un unico arresto per tutta la fascia costiera dell’adriatico da Trieste a Bari sarebbe in contrasto con la morfologia della costa medesima che varia dall’alto al medio adriatico; del pari illogico sarebbe l’esclusione dal fermo di alcune zone (Abruzzo e parte della Puglia);

4) Eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e sviamento, poiché le modalità di arresto temporaneo della pesca sono state determinate senza tener conto delle caratteristiche fisiche delle singole aree geografiche di riferimento (GSA);

Per ciò che concerne il D.M. 31 agosto 2010,

5) Inefficacia, violazione a falsa applicazione dell’art. 17 della legge 22 agosto 1988 n. 400, violazione dell’art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale, poiché, se atto regolamentare, il provvedimento andava sottoposto al parere del Consiglio di Stato, alla registrazione della corte dei conti e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; se atto amministrativo, andava comunque comunicato ai privati; allo scopo si richiama la citata decisione della sezione n. 29374/2010;

6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 24 e 26 del reg. CE 1198/06 in combinato disposto con la misura 1.2 della decisione CE n. C82007) 6792 del 19 dicembre 2007 e con il reg.857/07, eccesso di potere per disparità di trattamento e contraddittorietà con il D.M. 23 giugno 2010 poiché, a fronte del dimezzamento dell’indennizzo per il fermo del 2010, per i due giorni di prosecuzione non è stata prevista alcuna forma di indennizzo;

7) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà ed illogicità e disparità di trattamento, poiché non sono rese edotte le ragioni per cui si dovrebbe continuare l’attività di blocco.

Si è costituito in giudizio il Ministero delle Politiche Agricole, alimentari e forestali, il quale ha eccepito l’infondatezza delle doglianze prospettate.

Alla pubblica udienza del 21 giugno 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Le società ricorrenti, quali soggetti svolgenti attività di pesca marittima con il sistema a strascico nel compartimento posto al di fuori delle Regioni aventi un "Obiettivo Convergenza", hanno chiesto, con riferimento alla sola annata 2010, l’annullamento del decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 23 giugno 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2010 ed del decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 31 agosto 2010, non pubblicato, che ha previsto l’interruzione tecnica della pesca per le navi iscritte nei compartimenti marittimi da Trieste a Bari nei giorni 1 e 2 settembre 2010 ad esclusione delle unità da pesca iscritte nei compartimenti marittimi di Pescara ed Ortona: nel primo caso, dimezzando contestualmente la misura compensativa degli aiuti relativi previsti per le unità iscritte negli uffici marittimi situati nelle Regioni "Obiettivo Convergenza", soprattutto per ciò che riguarda le imprese che operano in una Regione fuori obiettivo; nel secondo caso,non prevedendo alcuna forma di corresponsione sia per le imprese che per i marittimi imbarcati.

In tale contesto l’azione proposta è finalizzata, altresì, all’accertamento del risarcimento del danno attraverso la semplice dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti impugnati.

Prima di esaminare le doglianze prospettate e la connessa richiesta di risarcimento danni, è opportuno chiarire lo scopo e le finalità del più volte disposto arresto temporaneo dell’attività di pesca.

L’esercizio del potere, posto in essere negli anni dal competente Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, trova la sua fonte nella legge del 14 luglio 1965 n. 963 (ora sostituita dal D.Lgs. 26 maggio 2004 n. 154) e nel D.P.R. 2 ottobre 1968 n. 1639.

Con il citato D.Lgs. n. 154 del 2004, in particolare all’art. 12, sono determinate le "Misure di conservazione e gestione delle risorse ittiche".

Allo scopo è stabilito che:

A) il Programma nazionale definisce gli obiettivi specifici per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) (perseguire la durabilità delle risorse ittiche per le generazioni presenti e future e tutela della biodiversità), b)(perseguire lo sviluppo sostenibile e valorizzazione della produzione della pesca, dell’acquacoltura e delle attività connesse, così come definite dalle pertinenti leggi, anche attraverso la promozione dei piani di gestione delle risorse ittiche e dei programmi di sviluppo dell’acquacoltura adottati dalle associazioni, organizzazioni di produttori e consorzi riconosciuti in conformità con le norme comunitarie) e f)(sviluppo della ricerca scientifica applicata alla pesca e all’acquacoltura secondo i princìpi della Programmazione nazionale della ricerca), coerentemente con gli indirizzi comunitari e con gli impegni derivanti dalla partecipazione agli organismi di gestione internazionali, ed indica le priorità di intervento funzionali alle esigenze di tutela delle risorse ittiche, anche mediante l’incentivazione di Piani di protezione e Piani di gestione.

B) le misure di sostenibilità, razionalizzazione dello sforzo di pesca e capacità della flotta nazionale sono fondate principalmente sulla regolamentazione dei sistemi di pesca, tempi di pesca, caratteristiche tecniche delle imbarcazioni e degli attrezzi di pesca, delle aree di pesca e dei quantitativi pescati.

C) in conformità con le norme comunitarie, il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove lo studio di piani di protezione delle risorse ittiche e l’adozione di piani di gestione della pesca da parte delle associazioni, organizzazioni di produttori e consorzi di imprenditori ittici.

Sulla falsariga del predetto D.Lgs. e ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di fronteggiare lo stato di crisi del settore della pesca marittima connesso ai continui aumenti dei costi dei fattori energetici e di produzione e considerati anche gli strumenti di intervento finanziario di emergenza in favore del settore, previsti dal regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca, è stato adottato il D.L. 3 luglio 2008, non convertito, i cui effetti sono stati conservati in sede di conversione in legge ( legge 2 agosto 2008 n. 129) del D.L. 3 giugno 2008 n. 97.

In tale ultima fonte normativa assume una funzione rilevante il disposto dell’art. 4/ter, secondo il quale "…è concesso, per impresa, l’arresto temporaneo delle attività di pesca per le imbarcazioni a strascico o volante, per una durata di trenta giorni nell’arco temporale di quattro mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

Prosegue poi l’articolo summenzionato stabilendo che: "In conseguenza del fermo d’emergenza di cui al comma 1, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali è autorizzato a concedere alle imprese di pesca una compensazione che non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive".

Tale ultima misura costituisce un beneficio economico che ha natura compensativa non già in rapporto al danno economico effettivamente subito per effetto dell’interruzione dell’attività di pesca, bensì in relazione alle risorse finanziarie disponibili ed al contenuto del Programma nazionale che definisce gli obiettivi specifici per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) del D.Lgs. n. 154 del 2004.

Per ciò che concerne quindi le fonti di finanziamento delle previste misure compensative, l’Amministrazione competente ha fatto riferimento, nel corso degli anni interessati dal fermo, ora a fondi nazionali, come è stato per gli anni 20052006, ora a fondi comunitarie (Fondo europeo per la pesca) per gli anni che vanno dal 2007.

Ciò ha comportato che gli aiuti concessi agli armatori sono stati determinati – a detta dell’Amministrazione resistente – in ragione anche dei massimali determinati in funzione della stazza dell’imbarcazione e del numero dei giorni di pesca effettivamente oggetto di arresto temporaneo, predisponendo all’uopo una tabella di riferimento allegata ai decreti impositivi del fermo (in particolare vedasi l’allegato al D.M. del 23 giugno 2010).

Fatte queste premesse, il Collegio ritiene di dover esaminare nel merito la domanda proposta.

Preliminarmente deve rilevarsi che, come già affermato da questa Sezione con sentenza n. 32323/2010, l’azione di annullamento è sicuramente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, trattandosi di provvedimenti che hanno ormai completamente esaurito i propri effetti.

Ne discende che nessun vantaggio potrebbe essere ottenuto dalle società ricorrenti direttamente dall’azione di annullamento proposta (Cfr. TAR Toscana, Sez. III, 18 dicembre 2011, n. 2024).

Residua pertanto la proposizione dell’azione diretta all’accertamento del risarcimento del danno.

Per giurisprudenza consolidata, l’azione di risarcimento per l’attività provvedimentale della Pubblica amministrazione, pur ricompresa nell’alveo del danno da lesione di interessi legittimi per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, in ossequio al principio dell’atipicità dell’illecito civile, deve essere ricondotta all’archetipo di cui all’art. 2043 Cod. civ. per l’identificazione degli elementi costitutivi dell’illecito e a quello dell’art. 2236 Cod. civ. per l’individuazione dei confini della responsabilità; pertanto, la detta azione, inquadrandosi nella sua natura extracontrattuale, richiede comunque la prova della quantificazione dei danni stessi con riferimento sia al danno emergente che al lucro cessante in quanto elementi costitutivi della relativa domanda, ai sensi dell’art. 2697 Cod. civ. (Cfr. TAR Lombardia,sede di Milano, Sez. IV, 10 giugno 2010 n. 126 e TAR Piemonte 20 novembre 2008 n. 2901).

In relazione alla domanda risarcitoria avanza dalle parti istanti, a titolo di danno, per l’anno 2010 si quantifica le rispettive somme indicate nel corpo del ricorso sulla falsariga della tabella allegata al D.M. del 23 giugno 2010; non vengono indicati aliunde ulteriori elementi che possano essere utilizzati per quantificare il pregiudizio economico subito.

Il danno in questo caso è determinato dal solo mancato guadagno determinato dall’omesso introito dei contributi previsti anche dalla disciplina comunitaria alla luce delle tabelle annesse ai decreti in questione.

Tale criterio di computo è alquanto generico poiché non solo non è suffragato da alcuna documentazione, ma soprattutto perché le modalità di calcolo appaiono essere del tutto presuntive.

Tra l’altro non si tiene conto che l’immediato pregiudizio, presuntivamente indicato, è sicuramente compensato dal vantaggio successivo ed a medio termine che l’attività di pesca nel mare Adriatico potrà conseguire come effetto diretto della consentita riproduzione delle specie marine soggette alla pesca ed allo sfruttamento commerciale.

Infatti, non si può sottacere che l’arresto temporaneo è principalmente una misura di gestione delle risorse ittiche finalizzata ad incidere sullo sforzo di pesca ed a garantire, nel contempo, la sostenibilità della medesima attività nel medio e nel lungo periodo.

Giova, altresì, precisare che il ricorso alle tabelle risulta essere insufficiente anche in ragione del fatto che non si tiene conto, nel computo del pregiudizio subito, anche delle somme corrisposte a diverso titolo, quale per esempio il ricorso alla cassa integrazione guadagni, o dei benefici conseguenti all’adozione di misure sociali di accompagnamento.

Pur volendo accedere alla liquidazione dei danni esposta dalle parti istanti, il Collegio non può prescindere dall’esame dell’elemento soggettivo della colpa della pubblica amministrazione.

Tale elemento va valutato in ragione dell’aspetto provvedimentale in contestazione come causa diretta dell’eventuale danno: cioè l’aver distinto, nella determinazione forfettaria delle misure compensative, tra quelle destinate alle regioni Obiettivo di convergenza e quelle previste per le regioni Obiettivo di non convergenza.

Tale dicotomia necessaria, finalizzata ad indirizzare meglio le risorse finanziarie di provenienza comunitaria, non può costituire di per sé un’ipotesi di condotta connotata dalla colpa della p.a..

All’uopo è sufficiente rilevare che lo stesso Regolamento CEE n. 1198/2006, nel disciplinare l’utilizzo da parte degli Stati membri dei fondi FEP, all’art. 12,comma 3, dispone che "La ripartizione delle risorse di bilancio (valevoli per il periodo dal 207 al 2013)…. è effettuata in modo da concentrarne una parte significativa a favore delle regioni di cui all’obiettivo di convergenza".

Va rilevato, altresì, che la stessa Commissione europea, deputata ad approvare la distribuzione degli stanziamenti d’impegno comunitari del Fondo Europeo per la Pesca per il periodo sopra indicato, già con nota n. 11606 del 16.10.2006 ha ritenuto di condividere la medesima ripartizione tra obiettivo convergenza e non convergenza.

Da ultimo, alla luce della documentazione depositata dalla difesa dell’Amministrazione resistente, va segnalato che la stessa questione relativa alla responsabilità amministrativa del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, connessa alla contestata ripartizione di Fondi Europei per la Pesca, è stata sottoposta all’esame della Procura Regionale presso la sezione Giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti.

La predetta Procura ha disposto l’archiviazione ritenendo che, allo stato degli atti, non risultano le condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativocontabile in ordine alla vicenda sottoposta all’esame di questa Sezione.

Anche in relazione all’adozione del D.M. del 31 agosto 2010, con cui impone il fermo tecnico della pesca nei giorni 1 e 2 settembre, non può affatto riscontrarsi nella condotta della p.a. un’ipotesi di colpa.

Infatti, è sufficiente notare, come indicato nelle premesse dell’atto, che la misura è stata adottata sulla falsariga della nota della Regione Marche del 19 agosto 2010; quindi ciò è avvenuto nell’imminenza della scadenza del primo fermo.

Giova, poi, segnalare che, come affermato nella nota del competente Assessorato della Regione Marche, la misura straordinaria è stata chiesta dalle stesse Associazioni di categoria, rappresentative di imprese e cooperative di pesca, che in tale ambito hanno espressamente rinunciato a qualsiasi ristoro alle imprese con esclusione delle misure tecniche di cui agli artt 4 e 5 del D.M. del 23 giugno 2010.

Tale dichiarazione di volontà esclude espressamente la corresponsione degli aiuti alle imprese di cui all’art. 4, nel cui contesto vengono ricomprese anche le misure compensative per le Regioni Obiettivo convergenza e per le Regioni Obiettivo non convergenza.

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio, in parte, dichiara improcedibile il ricorso, ed, in parte, lo respinge perché infondato, non sussistendo i presupposti giuridici per dichiarare il diritto delle parti istanti al risarcimento del danno.

La complessità e la novità della questione inducono a ritenere sussistenti giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte, lo dichiara improcedibile ed, in parte, lo respinge.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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