Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-05-2011) 22-07-2011, n. 29417 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.S.R. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 17 settembre 2010 che ha confermato la responsabilità del prevenuto, accertata in primo grado a seguito di giudizio abbreviato, in ordine al delitto continuato di concorso in rapina in una filiale bancaria, resistenza e porto di un taglierino ( artt. 81 e 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3; art. 337 c.p; L. n. 110 del 1975, art. 4, art. 61 c.p., n. 2, art. 99 c.p.).

Il difensore deduce violazione dell’art. 420 ter c.p.p., comma 5 per non avere i giudici di appello riconosciuto il legittimo impedimento a comparire del difensore per l’udienza del 17.9.2010 malgrado lo stesso avesse fatto pervenire via fax certificato medico attestante che il medesimo era in data 16 settembre affetto da sindrome influenzale e si consigliavano giorni 3 di riposo. Con altro motivo deduce violazione dell’art. 337 c.p. essendo la condotta del prevenuto limitata a "divincolarsi affannosamente" al momento dell’arresto, ponendo in atto una reazione istintiva non aggressiva.

Deduce ancora violazione degli artt. 62 bis e 113 c.p. per omessa concessione di attenuanti generiche e per la determinazione della sanzione in misura inferiore, considerata la confessione, il comportamento collaborativo, la richiesta di intraprendere un programma terapeutico riabilitativo di disintossicazione dalla cocaina, l’esiguità della somma sottratta e lo stato di tossicodipendenza.

Il primo motivo di ricorso è in fatto manifestamente infondato, non avendo il difensore fatto pervenire in tempo utile la corte territoriale la notizia del proprio impedimento. Il fax con l’istanza di rinvio è infatti pervenuto alla corte di appello alle ore 10.15, mentre l’udienza era stata chiusa alle ore 10.06. L’art. 420 ter c.p.p., comma 5 impone al giudice la verifica dell’eventuale impedimento del difensore solo ove "prontamente comunicato", circostanza fattuale che è stata omessa dalla difesa del ricorrente.

Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato alla luce del principio di legittimità che statuisce che ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 337 c.p., l’atto di divincolarsi posto in essere da un soggetto fermato dalla polizia giudiziaria integra il requisito della violenza e non una condotta di mera resistenza passiva, allorchè non costituisce una reazione spontanea ed istintiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale, ma un vero e proprio impiego di forza diretto a neutralizzarne l’azione ed a sottrarsi alla presa, guadagnando la fuga (Cass. 6, n. 8997 dell’11.2.2010, depositata 5.3.2010, rv.

246412). Nel caso concreto l’imputato in un primo momento ha minacciato il carabiniere con un taglierino e successivamente ha esercitato violenza contro lo stesso divincolandosi energicamente al fine di darsi alla fuga. Da ultimo con riferimento al diniego di attenuanti generiche si osserva che il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la motivazione è stata esposta con riguardo ai numerosi precedenti anche specifici ed alla entità dei fatti, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 c.p. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2, 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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