Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 22-07-2011, n. 29468 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- D.L.V., imputato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, propone ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli, del 12 ottobre 2010, che ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso, ex art. 321 c.p.p. e L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, dal Gip dello stesso tribunale il 20 settembre 2010.

Oggetto specifico del ricorso è, in particolare, il sequestro di un immobile acquistato dal D.L., in comunione con la coniuge C.A., nel (OMISSIS). Immobile che, secondo lo stesso D. L., sarebbe stato acquistato con il ricorso ad un mutuo ipotecario, la cui quota mensile di 650,00 Euro verrebbe onorata utilizzando i proventi dell’attività commerciale gestita dalla moglie. Attività avviata grazie ad un finanziamento, per la cui copertura viene versata la somma di 360,00 Euro, pure proveniente dai proventi di detta attività commerciale.

Nel suo provvedimento, il tribunale ha osservato che il D.L. non aveva dimostrato la legittima provenienza dei beni in sequestro, in particolare, proprio dell’immobile sopra indicato, i cui ratei mensili del mutuo non potevano provenire, secondo il tribunale, dalla modesta attività commerciale della C., peraltro avviata nel 2007, cioè qualche anno dopo l’acquisto dell’immobile. Ha poi precisato il tribunale che la circostanza secondo cui l’acquisto dell’appartamento era avvenuto in epoca precedente rispetto alla data di commissione dei reati contestati al D.L. (risalenti al 2009) non sarebbe significativa, posto che le date riportate non sono così lontane da escludere qualsiasi ipotesi di collegamento tra l’uno e gli altri, mentre da una conversazione telefonica intercettata D. L.A., fratello e coimputato dell’odierno ricorrente, è emerso che costui era attivo nel traffico di stupefacenti da circa dieci anni, di guisa che non poteva escludersi che analoga risalenza avesse l’attività delittuosa contestata al fratello.

Avverso tale decisione ricorre, dunque, D.L.V., che deduce: violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, laddove il tribunale del riesame ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova della legittima origine delle somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile. In realtà, sostiene il ricorrente, i ratei di mutuo vengono onorati grazie ai proventi dell’attività commerciale esercitata dalla moglie dell’imputato a partire dal 2007, mentre, per gli anni precedenti, sono stati utilizzati i proventi dell’attività di meccanico esercitata dallo stesso imputato.

Illogica sarebbe, poi, la motivazione, laddove il rapporto temporale tra l’acquisto dell’appartamento e le attività delittuose contestate è stato sostenuto ipotizzando, immotivatamente, il coinvolgimento dell’imputato nell’attività illecita decennale del fratello.

-2- Il ricorso è infondato.

Ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, convertito nella L. n. 356 del 1992, questa Corte ha costantemente affermato la necessità di accertare, quanto al "fumus commissi delicti", la riconducibilità del fatto contestato all’imputato nell’ambito di taluno dei reati indicati nella predetta norma e, quanto al "periculum in mora", attesa la coincidenza di tale requisito con la confiscabilità del bene, l’esistenza delle condizioni che legittimano la confisca, e cioè, la sproporzione del valore dei beni oggetto di sequestro rispetto ai redditi dichiarati e la mancata giustificazione della lecita provenienza degli stessi.

Orbene, tali verifiche il giudice del riesame ha, nel caso di specie, correttamente eseguito con risultati favorevoli alla tesi d’accusa, nel senso che è stato accertato, non solo il coinvolgimento dell’imputato in torbide vicende legate al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche una evidente sproporzione tra i redditi prodotti (scarsi anche a causa dello stato di disoccupazione del D. L. risalente al 2007) ed i beni posseduti, sia pure in comunione con la moglie, in particolare l’appartamento, in relazione al quale specificamente si rivolgono le censure proposte dal ricorrente.

Sproporzione che lo stesso giudice ha sostenuto non essere stata smentita dai documenti prodotti dal D.L., attraverso i quali non era stata fornita alcuna prova della legittima provenienza dei beni in sequestro, posto che la produzione di un documento attestante 1 stipula di un mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile non era stata accompagnata dalla prova dell’origine lecita dei proventi utilizzati per pagare i consistenti ratei del mutuo. Proventi ritenuti non riconducibili alla modesta attività commerciale svolta dalla moglie dell’odierno ricorrente, da un lato, perchè questa è stata avviata alcuni anni dopo l’acquisto dell’appartamento, dall’altro, perchè incerta doveva ritenersi anche la stessa origine di tale attività, che il D.L. ha ricondotto a somme acquisite con un finanziamento bancario, della cui esistenza, tuttavia, non è stata fornita prova. Tale non ritenuta dai giudici del riesame l’allegazione di un documento attestante un finanziamento avvenuto alcuni mesi dopo l’avvio dell’attività commerciale, per una causale la cui riconducibilità alla stessa attività non è emersa.

Anche le spiegazioni da ultimo fornite dal ricorrente non convincono in alcun modo, posto che, dell’attività che lo stesso avrebbe svolto presso un’officina meccanica negli anni precedenti il 2007, non vi è in atti prova alcuna.

Quanto alla segnalata discrasia temporale tra l’acquisto in oggetto ed il tempo di commissione dei reati, successivo di alcuni anni, osserva la Corte che, secondo la condivisa giurisprudenza di legittimità (Cass. nn. 38429/08, 11269/09), nulla vieta che oggetto di sequestro possano essere beni acquistati in epoca anteriore alla data del commesso reato.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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