Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 22-07-2011, n. 29467 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- M.A. propone ricorso, per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Catania, del 7 maggio 2010, che ha respinto la richiesta, dalla stessa avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta, dall’11.2.97 al 29.5.97, in conseguenza di provvedimento restrittivo emesso a suo carico per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73;

delitto dal quale è stata successivamente assolta.

I giudici della riparazione, preso atto degli esiti del procedimento penale, hanno ritenuto di individuare gli estremi della colpa grave, ostativa al riconoscimento del diritto all’equo indennizzo, nell’avere l’odierna ricorrente accompagnato il fidanzato coindagato R.R. in un viaggio di andata e ritorno dalla Sicilia a Voghera, senza chiederne le ragioni (condotta dalla quale il giudice della riparazione ha tratto argomento per supporre anche la piena consapevolezza della donna di servire quale copertura per il trasporto di gr. 150 di cocaina, che il R. stava effettuando, rinvenuta occultata a bordo della macchina utilizzata per il viaggio).

Avverso tale decisione viene proposto, dunque, ricorso, ove si deduce violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, avendo la corte territoriale attribuito valenza ostativa all’accoglimento dell’istanza a comportamenti del tutto irrilevanti, a giudizio della ricorrente, ed erroneamente interpretati.

Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, l’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiesto il rigetto del ricorso.

-2- Il ricorso è fondato.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato o concorso a dar causa, per dolo o colpa grave, all’adozione del provvedimento restrittivo, deve manifestarsi con comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di custodia cautelare.

A tal fine egli deve prendere in esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla condotta del soggetto, sia precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di stabilire se tale condotta abbia, o meno, determinato, ovvero anche contribuito alla formazione di un quadro indiziario che ha provocato l’adozione o la conferma del provvedimento restrittivo. Di guisa che non ha diritto all’equa riparazione per la custodia cautelare sofferta chi, con il proprio comportamento, anteriore o successivo alla privazione della libertà personale (o, in generale, a quello della legale conoscenza di un procedimento penale a suo carico), abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Viceversa, l’indennizzo deve essere accordato a chi, ingiustamente sottoposto a provvedimento restrittivo, non sia stato colto in comportamenti di tal genere.

Ovviamente, nell’un caso e nell’altro, il giudice deve valutare attentamente la condotta del soggetto, indicare i comportamenti esaminati e dare congrua e coerente, sotto il profilo logico, motivazione delle ragioni per le quali egli ha ritenuto che essi debbano, ovvero non debbano, ritenersi come fattori condizionanti e sinergici rispetto all’adozione del provvedimento restrittivo.

Condotte di tal genere possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.

Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale non si è attenuta a tali principi, avendo, con motivazione inadeguata e logicamente censurabile, individuato la colpa grave della ricorrente, ostativa all’accoglimento dell’istanza di indennizzo, in comportamenti che tuttavia, nei termini in cui sono stati illustrati, non si presentano significativi.

In realtà, la M. aveva spiegato di avere accompagnato il R. a Voghera perchè al tempo i due erano fidanzati e perchè in quella città vivevano i genitori dell’uomo, che erano andati a trovare altre volte in passato, fermandosi qualche giorno in compagnia degli stessi.

Ora, se è certamente vero che il giudice della riparazione era legittimato a valutare la posizione della donna, al fine di accertare se la condotta dalla stessa tenuta in occasione dei fatti delittuosi nei quali è stata coinvolta potesse ritenersi gravemente imprudente, nei termini ritenuti dall’art. 314 cod. proc. pen., è anche vero che a tale conclusione lo stesso giudice avrebbe potuto pervenire solo dopo avere compiutamente esaminato le giustificazioni fornite dalla M. di quella sua presenza, posto che la stessa, non solo aveva chiesto le ragioni del viaggio, ma quelle che le erano state indicate dal R. potevano ben esserle apparse legittime, tanto da non rendere necessari ulteriori approfondimenti.

Tale esame che la corte territoriale ha del tutto omesso. Così come nulla è stato argomentato in punto di sussistenza del nesso di causalità tra la condotta ritenuta gravemente colpevole e l’adozione dell’ingiusto provvedimento restrittivo, la cui presenza rappresenta requisito indispensabile ai fini del diniego dell’istanza riparatoria.

L’ordinanza impugnata, dunque, presenta una motivazione illogica e non in linea con i principi di diritto elaborati da questa Corte, di guisa che essa deve essere annullata, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Catania, cui rimette anche il regolamento, tra le parti, delle spese relative al presente giudizio.

P.Q.M.

Annulla con rinvio alla Corte d’Appello di Catania per l’ulteriore corso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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