Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 22-07-2011, n. 29452 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- G.R., imputato, in concorso con altri, di diverse condotte di detenzione, a fine di cessione a terzi, di sostanza stupefacente del tipo cocaina per quantità indeterminate e, in un’occasione, determinata in gr. 733 (con principio attivo dell’80%), ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, del 22 gennaio 2010, che ha confermato, in punto di responsabilità, la sentenza del Gup del locale tribunale, del 16 luglio 2008, che lo ha ritenuto colpevole di tutti i reati contestati; la stessa corte ha, tuttavia, ridotto a sei anni, otto mesi di reclusione e 32.000,00 Euro di multa la pena inflitta dal primo giudice.

I giudici del merito hanno ritenuto accertata la responsabilità dell’imputato, alla luce: dei contenuti di diverse conversazioni telefoniche intercettate, ritenute significative in tesi d’accusa, degli esiti delle operazioni di osservazione, del sequestro di una partita di cocaina, del peso di gr. 733, rinvenuta all’interno di un box e custodita, per conto del G., da S.P., separatamente giudicato, nonchè delle ammissioni dello stesso S..

Avverso tale decisione ricorre, dunque, l’imputato, che deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione: a) alla ritenuta utilizzabilità delle conversazioni telefoniche intercettate, in violazione del disposto dell’art. 270 cod. proc. pen., b) alla ribadita responsabilità in ordine al delitto descritto sub capo 2 della rubrica, c) all’entità della pena irrogata.

-2- Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.

Inesistente, invero, si presenta il dedotto vizio motivazionale, laddove la corte territoriale, a ciascuna delle questioni sollevate dall’imputato con i motivi d’appello, ha dato risposte esaurienti e coerenti, rilevando:

a) Quanto alle conversazioni intercettate, che le stesse potevano ben essere utilizzate, non essendo stato violato il disposto dell’art. 270 cod. proc. pen. in considerazione del fatto:

– che le operazioni di intercettazione disposte dal Gip sull’utenza del G. rientravano nel contesto di più ampie e complesse indagini, relative all’attività di gruppi criminali dediti al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, e altro non rappresentano che una derivazione delle attività investigative complessivamente svolte, di guisa che non sussisteva l’asserita diversità dei procedimenti, anche se, nel prosieguo, le diverse vicende delittuose considerate hanno assunto differenti numeri di iscrizione nel registro delle notizie di reato;

– che in ogni caso, secondo la norma sopra richiamata, i risultati delle intercettazioni sono ben utilizzabili, anche in procedimenti diversi da quelli per i quali sono stati disposti, allorchè essi risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, quali erano quelli oggetto del presente procedimento;

– che nessun rilievo, rispetto alla piena utilizzabilità delle stesse intercettazioni, assumeva la richiesta di archiviazione formulata dal PM per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, posto che i casi di inutilizzabilità sono tassativi e tra essi non rientra quello ipotizzato dalla difesa dell’imputato.

Argomentazioni a fronte delle quali il ricorrente propone censure, oltre che infondate e ripetitive, talvolta generiche, laddove, ad esempio, si riporta all’art. 270 cod. proc. pen. ma non specifica in che termini e perchè la motivazione articolata dai giudici del merito sarebbe censurabile; ovvero laddove si riporta ai motivi d’appello e ad altri atti difensivi e memorie non meglio individuati, le cui argomentazioni la corte territoriale non avrebbe preso in considerazione, senza neanche indicare i punti di tali difese che la predetta corte avrebbe trascurato; ovvero ancora, laddove, a sostegno della censura proposta, apoditticamente sostiene che "trattasi in ogni caso di procedimenti totalmente diversi", senza chiarire le ragioni di tale affermazione. b) Quanto alla conferma della responsabilità dell’imputato in ordine al delitto contestato sub capo 2), che la corte legittimamente si è limitata, sul punto, a richiamare l’ampia motivazione della sentenza di primo grado, in considerazione della genericità dei motivi d’appello; genericità che deve ritenersi caratterizzi anche il motivo di ricorso, nel quale si fa riferimento all’esito del procedimento che ha visto il coimputato B.R. condannato ad un anno di reclusione per un’asserita e non esplicitata diversa qualificazione giuridica dei fatti contestati.

Manifestamente infondata, infine, oltre che generica, è la censura relativa al trattamento sanzionatorio, ove si consideri che la corte territoriale ha riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche ed ha inflitto pene decisamente contenute, malgrado che la stessa corte abbia segnalato i numerosi precedenti penali, anche specifici, registrati a carico dell’imputato e la sua capacità a delinquere.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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