Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-03-2011) 22-07-2011, n. 29484

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 20 settembre 2010 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha accolto la richiesta di riesame proposta da C.R. e C.S. avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso, ai sensi degli artt. 321 cod. proc. pen. e L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale il 21 agosto 2010 e avente a oggetto quote della società WEMA MARE S.r.l. e della società La Favorita Due di Ciotola Alessandro & C, non ritenendo sussistente il fumus del reato previsto dalla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies e, annullato il decreto impugnato, ha disposto l’immediata restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro.

1.2. Il Tribunale argomentava la decisione rilevando che:

– il decreto impugnato era basato sull’ipotesi di reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. a carico di M.C., quale associato al clan camorristico Maliardo, e sul ruolo di prestanome rivestito da C.R. e C.S., intestatari fittizi della titolarità delle quote societarie suindicate per permettere a M. di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale;

– con ordinanza del 14 aprile 2010 lo stesso Tribunale aveva escluso la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico di M. C. in ordine al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., all’esito dell’esame approfondito del materiale investigativo prodotto in atti e delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia V.G. e B.D.;

– la motivazione dell’esclusione della ricorrenza della fattispecie criminosa di cui all’art. 416-bis cod. pen., condivisa dal Collegio, escludeva la configurabilità, anche nei termini del solo fumus, del reato contestato agli indagati, che, quale reato a concorso necessario, supponeva la sussistenza In tutti i concorrenti del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione;

– l’insussistenza della consapevolezza di porre in essere la condotta illecita contestata e l’assenza di indizi che i ricorrenti fossero prestanome di M.C., peraltro titolare di quote nelle stesse società, portavano a ritenere giustificato il possesso da parte degli stessi delle quote societarie sequestrate e insussistente il presupposto dell’adottata misura.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Napoli, che ne chiede l’annullamento per essere intrinsecamente contraddittoria e in palese violazione delle nome di diritto sostanziale in materia ( L. n. 356 del 1992, art. 12- quinquies e L. n. 203 del 1991, art. 7) e di quelle che regolano il sequestro di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies e art. 321 cod. proc. pen..

Secondo il Procuratore ricorrente, il disposto annullamento è conseguente alla effettuata motivazione per relationem con riferimento all’ordinanza, emessa dallo stesso Tribunale in diversa composizione, di annullamento del provvedimento cautelare personale a carico di M.C. per i reati di cui all’art. 416-bis cod. pen. e all’art. 12-quinquies L. n. 356 del 1992, aggravato ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7 e ne rappresenta la diretta conseguenza.

Tuttavia le argomentazioni dell’ordinanza, richiamate nel provvedimento impugnato, non possono essere condivise.

Tale ordinanza, che è riportata nel ricorso nella parte riguardante M.C., viene, in particolare, censurata dal ricorrente per manifesta illogicità della motivazione e per inosservanza o erronea applicazione della legge processuale per la ritenuta impossibilità di configurare, sulla base del quadro indiziario, il reato associativo contestato al medesimo.

Da censurare è l’ordinanza resa in sede di riesame nei confronti del M. anche con riferimento al reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies per il quale è stato anche disposto il sequestro nei confronti di C.R. e C.S., sussistendo, secondo il ricorrente, che premette il diffuso richiamo ai principi di diritto in materia, tutti gli elementi integranti la fattispecie: collegamento stabile di M. con il clan Maliardo, predisposizione di ramificata rete di prestanome tra cui C. R. e C.S., forte sproporzione reddituale in relazione ai soggetti individuati quali prestanome, consapevolezza degli imprenditori collegati al clan camorristico del possibile avvio di procedimenti di prevenzione, riscontro delle intestazioni fittizie nel contenuto delle intercettazioni, nelle risultanze degli accertamenti tecnico-contabili e nella captazione di conversazioni con i dipendenti delle banche coinvolte nelle operazioni immobiliari.

Nè, secondo il ricorrente, appare coerente il disposto annullamento del sequestro, attesa la conferma del decreto di sequestro per gli stessi beni nei confronti di C.G., sulla base dello stesso quadro indiziario, con ordinanza che è riportata nel ricorso.

3. Con memoria difensiva depositata il 9 marzo 2011, il difensore di C.R. e C.S. ha chiesto il rigetto del ricorso del Procuratore della Repubblica.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

1.1. Occorre premettere che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo è proponibile solo per violazione di legge.

Nella nozione di violazione di legge, per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione e la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlata all’inosservanza di precise norme processuali. Non rientrano, invece, nel concetto di violazione di legge, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), anche la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione, suscettibili di denuncia nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (Sez. 6, n. 21250 del 04/06/2003, ric. P.M. in proc. De Palo, Rv. 225578).

1.2. Conseguentemente, in tema di riesame del sequestro, l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma vanno valutati così come esposti al fine di verificare se essi consentono – in una prospettiva di ragionevole probabilità – di inquadrare l’ipotesi formulata dall’accusa in quella tipica. In altri termini, il controllo del giudice non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito a un soggetto in una determinata ipotesi di reato (Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, dep. 29/01/1997, Bassi e altri, Rv. 206657; Sez. 1, n. 4496 del 25/06/1999, dep. 27/07/1999, Visconti, Rv. 214032; Sez. 3, n. 36538 del 11/06/2002, dep. 04/11/2002, Pianelli, Rv. 223075; Sez. 5, n. 23240 del 18/05/2005, dep. 21/06/2005, Zhu, Rv. 231901; Sez. 2, n. 12906 del 14/02/2007, dep. 29/03/2007, P.M. in proc. Mazreku, Rv. 236386).

1.3. Con particolare riferimento al sequestro preventivo dei beni confiscabili a norma della L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies questa Corte ha affermato (Sez. U., n. 920 del 17/12/2003, dep. 19/01/2004, Montella, Rv. 226492; Sez. 1, n. 9218 del 14/01/2009, dep.02/03/2009, Barrazzo, Rv. 243544; Sez. 5, n. 20818 del 24703/2009, dep. 18/05/2009, Salvatore, Rv. 243942; Sez. 1, n. 19516 del 01/04/2010, dep. 24/05/2010, Barilari, Rv, 247205) che, poichè la confisca prevista dalla detta norma ha struttura e presupposti diversi dalla confisca ordinaria prevista dall’art. 240 cod. pen., e richiede, a differenza di quest’ultima che presuppone "la correlazione tra un determinato bene e un certo reato", un nesso tra "un patrimonio ingiustificato e una persona", nei cui confronti sia stata pronunciata condanna o applicata la pena patteggiata per uno dei reati indicati nell’articolo citato, è necessario accertare, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi del medesimo articolo:

– quanto al fumus commissi delicti, l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati in esso indicati, senza che sia richiesta l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativamente al delitto contestato, alla cui successiva condanna è inderogabilmente legata la confisca obbligatoria alla quale il sequestro stesso è strumentale, non essendo estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali i presupposti di applicabilità delle misure cautelari personali, indicate nell’art. 273 cod. proc. pen.;

– quanto al periculum in mora, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, e cioè la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto e la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi.

2. A tali principi si è adeguato il Tribunale di Napoli, che ha annullato il decreto di sequestro preventivo, emesso, ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. e L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale il 21 agosto 2010 nei confronti degli odierni ricorrenti C.R. e C.S. e ha disposto l’immediata restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto.

Il Tribunale è pervenuto a dette conclusioni non ritenendo sussistente un grave quadro indiziario per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., che consente l’adozione dell’indicata misura cautelare, a carico di M.C., del quale i ricorrenti avrebbero assunto il ruolo di prestanome, nella totale condivisione della già operata valutazione del materiale investigativo e delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia V.G. e B.D. con ordinanza del 14 aprile 2010 dello stesso Tribunale. Il Tribunale, in conseguenza dell’esclusa ricorrenza della indicata fattispecie delittuosa, ha ritenuto non configurabile, anche nei termini del solo fumus richiesto ai fini cautelari, il reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies coerentemente con la stessa natura del detto reato e con la posizione soggettiva di M.C. (gravato solo da un precedente per violazione di sigilli, indicato come inconsistente sotto il profilo esaminato), all’atto della costituzione delle società WEMA e La Favorita Due di Ciotola Alessandro & C. nelle quali aveva la titolarità di quote, in rapporto al successivo inizio del procedimento di prevenzione.

3. Il provvedimento impugnato, che ha fatto corretta applicazione delle disposizioni normative in materia di misure cautelari reali e ha esattamente interpretato le norme applicate alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, ha, pertanto, anche una motivazione, all’evidenza non apodittica e apparente ma adeguata con riferimento alla esclusa sussistenza dei presupposti del disposto sequestro, che ha revocato, e logicamente giustificatrice dell’iter logico seguito in rapporto alle deduzioni e produzioni difensive.

3.1. Le censure svolte con il ricorso, a fronte del detto decreto, sono manifestamente infondate nella parte in cui si risolvono in doglianze che attengono all’ordinanza del 14 aprile 2010, che ha annullato nei confronti di M.C., del quale i ricorrenti sono indicati come prestanome, l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di cui all’art. 416-bis cod. pen. e L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies e che ha formato oggetto di ricorso della stessa Procura, dichiarato inammissibile da questa Corte con sentenza n. 43749 del 25 novembre 2010, e sono improponibili nella parte in cui prospettano il diverso esito del giudizio di riesame, quanto al sequestro preventivo disposto "in presenza dello stesso e immutato quadro indiziario", nei confronti di altro membro della famiglia C., C.G., affidando le deduzioni al contenuto dell’ordinanza del 5 luglio 2010, riportata nel contesto del ricorso.

Tali doglianze, peraltro, prospettano inammissibili richieste di rivalutazione nel merito del fumus del delitto presupposto del già adottato sequestro, ritenendo che sia questa la sede del rinnovato esame, in termini di riforma o di conferma, di provvedimenti sottoposti ad autonomo regime impugnatorio in rapporto alle emergenze processuali specifiche in essi rappresentate.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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