Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-03-2011) 22-07-2011, n. 29463 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 14/10/2010 il G.I.P. del Tribunale di Frosinone disponeva la misura della custodia cautelare in carcere a carico di P.E. per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per traffico illecito di hashish e cocaina (acc. in (OMISSIS)).

Con ordinanza del 27/10/2010 il Tribunale del Riesame di Roma confermava il provvedimento del G.I.P. Osservava che il Tribunale che a carico dell’indagato emergevano i seguenti indizi di colpevolezza:

– da attività di intercettazione e da altre indagini di P.G. era emerso che il P. svolgeva attività di traffico di stupefacenti;

– a suo carico militavano le dichiarazioni di Po.To., beneficiario di una pluralità di cessioni;

– significativo era inoltre che a tale C., dopo un incontro con l’imputato monitorato dalla P.G., era stata sequestrata sostanza stupefacente;

– irrilevante era l’eventuale contraddittorietà delle dichiarazioni di tali A. e G., considerato che in relazione a tali soggetti non erano state formulate specifiche contestazioni;

– quanto alle perquisizioni sebbene due di esse avessero avuto esito negativo, nel corso di quella effettuata il 6/7/09, nella sua camera da letto erano stati trovati 5,2 gr. di hashish.

Osservava inoltre il Tribunale che sussistevano esigenze cautelari, valutata la reiterazione dell’attività di spaccio in relazione ad un rilevante arco temporale e la circostanza che a carico del P. era in corso altro processo per analoghi fatti e che indosso alla fidanzata era stato rinvenuto un foglietto con annotazione di nomi e cifre per migliaia di Euro. Da ciò si desumeva uno stabile inserimento dell’indagato nel circuito del traffico di droga.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore lamentando il difetto di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza.

Invero:

– le perquisizioni avevano dato esito negativo;

– le intercettazioni, riferite a recupero crediti per cessioni di droga (con V., F., A., Ce., Fi., e Co.), non avevano trovato riscontro di attendibilità in tal senso;

– lo stesso Po., fermato (OMISSIS) e trovato in possesso di hashish, aveva dichiarato che non l’aveva acquistato dal P., sebbene poi aveva incredibilmente dichiarato di avere acquistato dall’indagato un chilo di hashish, senza che di tale transazione vi fosse traccia nelle intercettazioni;

– contraddittorie erano inoltre le dichiarazioni di A. e G..

Quanto alle esigenze cautelari, osservava il ricorrente che l’incensuratezza dell’indagato e la non gravità dei fatti non erano state adeguatamente valutate.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è manifestamente infondato, nonchè basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, pertanto deve essere dichiarato inammissibile.

3.1. Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, preliminarmente va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia cautelare. In particolare è stato più volte ribadito che "l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento" (Cass. 4, n. 2050/96, imp. Marseglia, rv. 206104; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 40873/2010, imp. Merja, rv. 248698). Orbene, nel caso di specie, il Riesame, richiamando anche il contenuto della misura cautelare, ha ricordato la precisione delle indicazioni del Po.To., il quale ha riferito che il P. era da tempo il suo stabile fornitore di hashish e cocaina. Tali dichiarazioni trovavano riscontro nelle numerose intercettazioni nel corso delle quali l’indagato, utilizzando un linguaggio criptico, prendeva ordinativi per la fornitura di droga. Peraltro, lo stesso rinvenimento di hashish in possesso di tale C. dopo un incontro con il P., costituiva valido riscontro delle dichiarazioni del Po..

A fronte di tali convergenti elementi di prova, ha osservato il Tribunale, che era irrilevante che A.A. e G. M., avessero negato l’attualità di rapporti per forniture di droga con il P., considerato che i loro contatti con l’indagato non avevano formato oggetto di specifiche imputazioni e che, peraltro, costoro concordavano che almeno fino al 2007 il P. era stato dedito all’illecito traffico.

Pertanto, le censure mosse dalla difesa all’ordinanza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione del provvedimento impugnato che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.2. Infine, quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha evidenziato come la reiterazione delle condotte nel tempo fosse espressione di una qualificata pericolosità sociale, circostanza questa avvalorata dal carico pendente specifico; pertanto la misura della custodia in carcere era l’unica idonea a garantire le esigenze di prevenzione sociale.

Tali argomentazioni, coerenti e non manifestamente illogiche, rendono incensurabile in questa sede il provvedimento impugnato.

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.

Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000=.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000= in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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