Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-02-2011) 22-07-2011, n. 29479

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata il 3 febbraio 2010 il Tribunale di Avezzano, dichiarava T.V. colpevole del reato a lui ascritto ( art. 650 cod. pen.) e lo condannava alla pena di Euro 180,00 di ammenda.

1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza impugnata, il T., comproprietario di un fondo – l’ex fornace Nitoglia – sito nel Comune di Oneglia, non ottemperava all’ordinanza sindacale n. 21 del 13 settembre 2007 che disponeva la rimozione e lo smaltimento "dei materiali/rifiuti contenenti amianto" esistenti nel suddetto fondo.

2. – Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione T.V., per il tramite del suo difensore, formulando cinque motivi d’impugnazione.

2.1 – Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 9 e 32, l’erronea applicazione dell’art. 650 cod. pen. e la mancata applicazione del R.D. n. 383 del 1934, art. 106 e L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 38, evidenziando, al riguardo, che le violazioni delle ordinanze sindacali emesse per ragioni di pubblica igiene che non risultino sganciate da leggi e regolamenti ma siano applicative, invece, di leggi e regolamenti comunali preesistenti – ipotesi questa ritenuta sussistente nel caso in esame in cui l’ordinanza asseritamene violata richiamava espressamente il regolamento comunale di Polizia Urbana e la L. n. 257 del 1992 – sono assoggettate alla disciplina del R.D. n. 383 del 1934, art. 106 e si pongono in rapporto di specialità con la norma incriminatrice di cui all’art. 650 cod. pen., configurandosi, per ciò, come illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria.

2.2 – Con il secondo motivo, si denunzia mancanza e manifesta illogicità della motivazione, evidenziandosi al riguardo che il giudice di primo grado ha omesso di considerare un dato assolutamente dirimente emerso dalle deposizioni dei testi escussi, e cioè il carattere non perentorio del termine concesso ai destinatari del provvedimento, sicchè illogicamente era stato ritenuto tardivo l’adempimento alla citata ordinanza sindacale, intervenuto nei primi mesi del 2008. 2.3 – Con il terzo motivo d’impugnazione, si denunzia l’illegittimità della pronuncia di condanna, per inosservanza dell’art. 43 cod. pen., per violazione dell’art. 27 Cost., nonchè per violazione della regola di giudizio dell’oltre al ragionevole dubbio, evidenziandosi sul punto, che il giudice di prime cure ha affermato la responsabilità penale del ricorrente senza verificare adeguatamente la effettiva sussistenza dell’elemento psicologico del reato, con riferimento all’accertata immediata attivazione dell’imputato per ottemperare a quanto prescritto dell’ordinanza, all’assenza nell’atto dell’indicazione di un termine perentorio, alla complessità e specificità delle operazioni di bonifica.

2.4 – Con il quarto ed il quinto motivo d’impugnazione, infine, si deduce l’illegittimità della sentenza di condanna, per violazione di legge ( artt. 163 e 175 cod. pen.) e per omessa motivazione, con riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e di quello della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse di T.V. è basata su motivi infondati e va pertanto rigettata.

1.1. – Con riferimento ai primi tre motivi di impugnazione, tra loro strettamente correlati in quanto volti a sostenere, nelle loro polimorfi articolazioni, la non configurabilità nel caso in esame del reato contestato, è opportuno qui precisare, che rappresentava principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, che in tema di violazione di un’ordinanza sindacale, ai fini della configurabilità dell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 650 cod. pen., occorresse che la violazione fosse relativa a "provvedimenti contingibili ed urgenti", adottati dal sindaco, quale ufficiale del Governo, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico "in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale ai fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciassero l’incolumità dei cittadini". In modo ancora più specifico, si riteneva che la violazione dell’ordinanza sindacale per ragioni di pubblica igiene, che fosse sganciata da leggi e da regolamenti e tendesse ad ovviare a fatti gravi, quali gravi epidemie o pericolose contaminazioni, fosse punita a norma dell’art. 650 cod. pen., mentre le violazioni delle ordinanze emesse dal sindaco "in conformità alle leggi e ai regolamenti" comunali, restavano assoggettate alla più mite disciplina sanzionatoria prevista dal R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 106, comma 3 (cd. testo unico delle leggi comunali e provinciali), norma che si poneva in rapporto di spedalità rispetto a quella dell’art. 650 cod. pen., e costituivano un illecito amministrativo ai sensi dell’art. 32 della L. 24 novembre 1981, n. 689, punito con la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 38 della stessa legge (in tal senso, ex multis, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6525 del 5/05/1998, dep. 03/06/1998, Rv.

210764, imp. Molinari).

Orbene, premesso che il problema relativo al tipo di sanzione applicabile alle violazioni dell’ordinanza sindacale in tema di igiene pubblica si era in effetti complicato a seguito dell’abrogazione dell’art. 106 ad opera del D.Lgs. 8 agosto 2000, n. 267, art. 274, comma 1, lett. a), che aveva finito per lasciare prive di sanzioni le violazioni dei provvedimenti dell’autorità comunale che in precedenza erano state sanzionate in via amministrativa, con l’entrata in vigore della L. 16 gennaio 2003, n. 3, art. 16, i termini della questione relativa al discrimine tra contravvenzione penale ed illecito amministrativo, debbono ritenersi invariati, avendo questa Corte, anche in recenti pronunce, ribadito che "è punibile ai sensi dell’art. 650 cod. pen. l’inosservanza dell’ordinanza contingibile ed urgente emessa dal sindaco per ragioni di igiene pubblica" (in tal senso Sez. 1, Sentenza n. 1422 del 10/12/2009, dep. 14/01/2010, Rv. 245944, imp. Atif).

1.1.1. Ciò posto, nel caso di specie, incontestata anche dal ricorrente la circostanza che l’ordinanza sindacale n. 21 del 13 settembre 2007 era stata emessa dal sindaco di Otricola per ragioni di igiene pubblica – trattandosi di bonifica di terreno da sostanza (amianto) considerata altamente nociva per la salute pubblica tanto da richiedere un immediato intervento della pubblica Autorità – deve qui rilevarsi che l’assunto difensivo secondo cui si trattava di un’ordinanza emessa dal primo cittadino a tutela degli abitanti della zona per ordinari motivi di salubrità ed igiene pubblica, e non già di un provvedimento adottato in una situazione contingente di emergenza sanitaria, così come implicitamente ritenuto dal giudice di merito, costituisce affermazione indimostrata del ricorrente.

1.2. – Nè per altro, per escludere la sussistenza del reato, può utilmente invocarsi da parte del ricorrente la circostanza relativa all’omessa indicazione nell’ordinanza di un termine per adempiere a quanto disposto dal sindaco. Anche volendo ritenere pacifico tale dato, occorre infatti considerare che l’applicazione dell’art. 650 cod. pen. – inosservanza dei provvedimenti dell’autorità – presuppone la esistenza di un ordine "legalmente dato" e la omessa indicazione di un termine per adempiere, come questa Corte ha già da tempo chiarito, "non Incide sulla legalità del provvedimento". Ed invero, sia che attraverso l’ordine si imponga un obbligo di fare, come nel caso in esame (rimozione e smaltimento dei materiali contenti amianto) sia che si imponga l’obbligo di astenersi dal fare, indipendentemente dall’indicazione di un termine, "il soggetto dovrà conformare la sua condotta al comando, rispetto al quale, in caso di inottemperanza, la consumazione del reato di natura omissiva permanente inizierà a decorrere dall’inutile scadenza del termine prefissato dall’autorità e, in difetto, dalla scadenza di quel termine entro il quale ragionevolmente il soggetto sarebbe stato in grado di obbedire, secondo una valutazione discrezionale del giudice che terrà conto del caso concreto e in particolare dell’adempimento richiesto" (così Sez. 1, Sentenza n. 5363 del 07/02/1997, dep. il 7/06/1997, Rv. 207814, imp. Masucd). Nè il semplice riferimento nell’ordinanza all’adozione – in attesa dello smaltimento – di provvedimenti atti ad evitare che i materiali/rifiuti "siano disturbati meccanicamente o aggrediti da eventi atmosferici", può costituire valido argomento per escludere il carattere di "urgenza" dell’ordinanza, rappresentando tale dato, semmai, un ulteriore elemento a riprova della assoluta necessità di un intervento per porre in sicurezza l’area di cui trattasi, id est al carattere "contingente ed urgente" dell’ordinanza.

1.3. – Alla stregua di tali considerazioni, una volta accertato che il T. solo nel gennaio 2008 aveva provveduto ad eseguire quanto ordinatogli nel settembre 2007, nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile nella decisione impugnata, per aver il Tribunale ritenuto, al di la di ogni ragionevole dubbio, l’accertata condotta omissiva dell’imputato sufficiente per l’integrazione del reato contestato.

1.4. – Manifestamente infondati risultano, infine, anche i due ultimi motivi d’impugnazione. Seppure i benefici di legge (sospensione condizionale e non menzione della condanna) possono venire concessi anche d’ufficio, il giudice, tuttavia, ha l’obbligo di motivare in ordine a tale concessione, soltanto quando vi e l’istanza dell’interessato e non anche quando tale istanza non sia stata proposta, come risulta avvenuto nel caso in esame, dalla lettura delle conclusioni delle parti riportate nell’epigrafe della sentenza impugnata.

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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