T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 01-08-2011, n. 2081

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ricorso depositato in data 30 gennaio 2008 il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il Questore della provincia di Lodi ha decretato la revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro che era stato rilasciato all’interessato il 14 aprile 2006. A fondamento della determinazione adottata l’Autorità di polizia ha evidenziato: che il cittadino extracomunitario è stato indagato per aver prodotto falsa documentazione per conseguire il permesso di soggiorno; che la documentazione prodotta attestava un rapporto di lavoro con la COOPERATIVA C.S. in realtà inesistente; che il titolo autorizzatorio è stato conseguito in modo fraudolento.

A sostegno della domanda di annullamento del decreto, il ricorrente deduce:

di aver prestato per tre mesi effettivamente attività lavorativa quale "gessistaintonacatore" alle dipendenze della succitata cooperativa e di essere stato dalla stessa verbalmente licenziato; di aver intrapreso dal 2 luglio 2007 nuova attività lavorativa con contratto a progetto di durata biennale presso la F. soc.coop. con sede in Melegnano; di trarre quindi da fonti lecite i necessari mezzi di sussistenza;

la violazione degli artt. 7 e 10 bis l.n. 241/90 per il mancato avviso di avvio del procedimento di revoca del permesso di soggiorno e per la mancata comunicazione dei motivi ostativi;

di avere titolo alla tutela contro l’allontanamento, offerta dall’art. 12 dir. 2003/109/CE in qualità di soggiornante di lungo periodo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio.

Con ordinanza n. 282/08 è stato richiesto all’amministrazione di documentare l’avvenuta ricezione da parte del ricorrente della comunicazione di avvio del procedimento che sarebbe stata spedita con raccomandata 17 agosto 2007; in esecuzione dell’ordinanza la Questura di Lodi ha comunicato con nota depositta in data 21 marzo 2008 che agli atti dell’Ufficio non risulta la ricevuta di ritorno della raccomandata.

Con ordinanza n. 483 del 27 marzo 2008 è stata accolta la domanda cautelare.

All’udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2) Il ricorso è fondato.

E’ dirimente ai fini dell’accoglimento del ricorso, la dedotta violazione dell’art. 7 l. 241 del 1990. Al ricorrente non è stato, infatti, indirizzato l’avviso di avvio del procedimento sfociato nella revoca del permesso di soggiorno, avviso necessario al fine di instaurare il contraddittorio per la valutazione, mediante il contributo dell’interessato, di tutti gli aspetti della fattispecie concreta sottoposta all’esame dell’amministrazione, contraddittorio necessario in generale per i provvedimenti di annullamento e revoca d’ufficio. In atti non vi è prova che la comunicazione predisposta in data 1 agosto 2008 sia stata effettivamente spedita all’interessato e sono rimasti privi di riscontro i chiarimenti richiesti sul punto all’amministrazione; né sono stati esposti motivi (ad esempio, legati all’irreperibilità del destinatario) tali da escludere la necessità della previa comunicazione prevista dall’art. 7 l.n. 241/90.

L’apporto dell’interessato, infatti, ben avrebbe potuto influenzare l’esercizio del potere sotteso alla determinazione impugnata, che è frutto di una valutazione nella quale la conoscenza dell’effettiva situazione di fatto e della correlata responsabilità di una situazione non regolare da parte del datore di lavoro avrebbe potuto determinare un esito diverso del procedimento (Consiglio Stato, sez. VI, 08 luglio 2009 n. 4382; TAR Piemonte, II, 18 giugno 2005, n. 2246; TAR Toscana, I, 10 novembre 2004, n. 5623; TAR Liguria, II, 4 novembre 2004, n. 1511; TAR Emilia Romagna, Bologna, I, 9 giugno 2004, n. 1113; TAR Veneto, III, 15 gennaio 2003, n. 428).

Nella specie, il ricorrente avrebbe, come si evince dalla lettura del ricorso, potuto dedurre: – di avere, nel frattempo, stipulato contratto di collaborazione a progetto di durata biennale con altra impresa, di aver conseguito, con l’attività lavorativa prestata, stabilità economica e, infine, la sua buona fede e la sua estraneità ai comportamenti illeciti posti in essere dal precedente datore di lavoro.

L’omissione di tale comunicazione non appare ovviabile alla luce dell’articolo 21 octies della legge 241/1990, posto che l’amministrazione non ha neppure dimostrato che il contenuto dispositivo del provvedimento non poteva essere diverso, non essendo dedotto alcun comportamento dell’interessato che le norme di legge prevedono come ostativo alla presenza dello straniero sul territorio dello Stato e che avrebbe potuto legittimare l’ammissione della amministrazione alla prova del contenuto vincolato del provvedimento; invero, trattandosi di autotutela, occorreva comunque motivare in ordine alla sussistenza di un interesse attuale e specifico, valutando il consolidamento degli effetti del provvedimento (per quanto concerne l’inserimento lavorativo e la situazione personale e familiare del ricorrente).

Del resto, il decreto, che non presenta natura cautelare ed è espressione di poteri ampiamente discrezionali – sicché non si sottrae all’obbligo della comunicazione prevista ex art. 7 – non contiene alcuna indicazione di ragioni di urgenza che, se effettivamente esistenti, avrebbero consentito di omettere l’avviso di cui si tratta.

In definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Le peculiarità fattuali della situazione sottesa ai provvedimenti impugnati consentono di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando:

accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il decreto del Questore di Lodi del 9 ottobre 2007;

compensa per intero le spese tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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