T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 01-08-2011, n. 2080 Energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Preceduta dalla diffusione del documento di consultazione DCO 4/10, la delibera ARG/COM n. 104/10 ha introdotto il nuovo "Codice di Condotta Commerciale (di seguito, il Codice)", unico per entrambe le forniture di energia elettrica e gas, destinato a sostituire, a decorrere dal 1.1.2011, i codici di condotta commerciale in precedenza adottati con delibere n. 126/04 e n. 105/06 (rispettivamente, per la vendita del gas naturale e per la vendita dell’energia elettrica ai clienti finali). Il Codice, in particolare, definisce gli obblighi cui è tenuto il fornitore di gas naturale e di energia elettrica nella presentazione dell’offerta al cliente finale e nella fase di esecuzione del contratto stesso (esemplificativamente, sono previsti: obblighi di trasparenza delle informazioni in relazione alle modalità di presentazione delle offerte, alla confrontabilità dei prezzi e alla semplicità del linguaggio utilizzato nei contratti; disposizioni sul contenuto del contratto, quali il diritto di ripensamento, termini e modalità di preavviso per la variazione unilaterale delle condizioni contrattuali, indennizzi automatici nel caso di violazione di specifiche clausole contrattuali definite dall’esercente).

1.1. Avendo alcune società di vendita ed associazioni di categoria degli operatori presentato istanze di riesame, l’AEEG ha adottato la delibera ARG/com 196/10 con cui è stato disposto un supplemento di istruttoria nonché sospeso, per il tempo necessario allo svolgimento del nuovo procedimento di consultazione, talune previsioni del Codice (nella specie, quelle di cui all’articolo 1, comma 1.1, limitatamente alla definizione di "cliente finale multi sito", di cui all’articolo 2, comma 2.2, e di cui all’articolo 14, comma 14.1, nella parte in cui richiama l’articolo 11, comma 11.1, lettera g., punto i"). All’esito del nuovo procedimento di consultazione, l’AEEG ha adottato la delibera ARG/COM 239/10 con la quale sono state apportare al Codice talune modifiche.

1.2. Le odierne ricorrenti, destinatarie delle prescrizioni dettate dal Codice in quanto società esercenti attività di vendita sia di energia elettrica che di gas naturale nei confronti di clienti finali domestici e non domestici, ritenendo che, pure a seguito delle integrazioni approvate dall’AEEG con la sopraccitata delibera ARG/COM 239/10, le prescrizioni del Codice siano illegittime, hanno impugnato, con ricorso principale e due ricorsi per motivi aggiunti, i provvedimenti meglio specificati in epigrafe, chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza del 26 maggio 2011.

1.3. Di seguito sono esaminati, partitamente, i motivi di ricorso.

Motivi della decisione

I. Con un primo ordine di censure, viene denunciata l’illegittimità della disposizione del Codice, di cui all’art. 13.3 sub lett. e), in forza della quale deve essere fornita dall’operatore l’informazione secondo cui "il cliente finale di gas naturale avente diritto al servizio di tutela ha, in alternativa alla facoltà di recedere, la facoltà di essere fornito dal medesimo esercente alle condizioni economiche e contrattuali del servizio regolato". Una simile previsione (avente il valore di clausola contrattuale imposta), sostengono le ricorrenti, sarebbe illegittima in quanto priva di fondamento sia dal punto di vista regolamentare che legislativo.

I.1. Secondo la difesa erariale il potere dell’Autorità troverebbe fondamento nell’articolo 1, III comma, d.l. 18 giugno 2007 n. 73 (convertito, con modificazioni in legge 3 agosto 2007 n. 125). In forza di tale previsione, l’AEEG ha già adottato la delibera 64/2009 che ha disciplinato il c.d. "servizio di tutela", consistente nell’obbligo di proporre ai clienti finali, unitamente alle altre proposte definite dall’esercente, le condizioni economiche e regolate dall’Autorità (ancora in precedenza, la delibera 229/2001 aveva introdotto l’obbligo del venditore di offrire anche le condizioni inderogabili contrattuali definiti dall’Autorità); l’articolo 13 contestato non farebbe altro che completare la regolazione del servizio di tutela, prevedendo garanzie di continuità di fornitura per i clienti finali, mediante il seguente meccanismo: – il venditore uscente, a seguito dell’esercizio del potere di modifica unilaterale, come qualunque altro venditore, è obbligato ad offrire al cliente (rimasto senza fornitore), tra le proprie proposte commerciali, le condizioni regolate dall’Autorità; – il consumatore ha la possibilità di scegliere, in alternativa al recesso, le condizioni contrattuali ed economiche fissate dal regolatore. Siffatta previsione, aggiunge la difesa erariale, avvantaggerebbe lo stesso venditore uscente, consentendogli di conservare la fornitura di tale cliente (che avrebbe perso), sebbene a quelle condizioni (regolate dall’Autorità) che avrebbe comunque dovuto proporre come qualunque altro venditore per installare con lo stesso un nuovo rapporto contrattuale.

I.2. Il disposto è illegittimo.

Occorre una breve premessa. Il principio di legalità, come è noto, opera anche sul piano soggettivo in sede di distribuzione dei poteri fra i diversi organi pubblici e trova referente nell’art. 97 della Costituzione, che rimette alla legge l’organizzazione dei pubblici uffici. Sebbene tale principio non riceva deroga con riguardo alle autorità indipendenti, la Sezione ha più volte osservato che, essendosi il legislatore, nel selezionare le funzioni demandate a ciascuna autorità (cfr. l. n. 481/1995), servito di formule generali ed elastiche enunciate "per obiettivi", ne ha per ciò solo accettato una sua declinazione "debole", compatibile con la Costituzione ogni qual volta non si versi a fronte di determinazioni provvedimentali di contenuto ablatorio delle situazioni soggettive dei destinatari. In definitiva il principio di legalità, in tal caso, non si attualizza necessariamente nella previsione di fattispecie provvedimentali tipiche attraverso le quali si esprime la posizione di preminenza della pubblica autorità, potendo la tipologia ed il contenuto dell’atto di regolazione non richiedere un immediato e diretto referente normativo, purché sia espressione di un potere effettivamente rientrante nelle funzioni assegnate all’Autorità.

Ebbene, il disposto regolatorio, pure alla stregua dei contemperamenti appena descritti, deve ritenersi privo di adeguata "copertura" legislativa.

L’obbligo a contrarre introdotto dalla delibera impugnata ha l’effetto di estendere il servizio di tutela delineato dalle delibere ARG/gas n. 64/09 e n. 229/01 anche al cliente finale che, in quanto oramai qualificato anch’egli "idoneo", vi abbia in precedenza già consapevolmente rinunciato e si sia quindi determinato a stipulare un contratto sul libero mercato. Nella specie, mentre lo "jus variandi" dell’esercente l’attività di vendita (contrattualmente previsto) è, nella sua discrezionalità, opportunamente controbilanciato dal potere del consumatore di recedere dal contratto, la possibilità per il consumatore di imporre alla controparte (in alternativa al recesso) una modifica del contenuto del contratto vede l’operatore versare in una condizione di mera soggezione.

Sennonché, l’art. 1372 c.c., nell’attribuire "forza di legge" alla espressione della volontà sorretta da comune intenzione, esclude la possibilità di modifica unilaterale dell’assetto di interessi stabilito dalle parti, salvo che tale potere non sia previsto dalla legge ovvero prefigurato nell’accordo stesso. In definitiva, essendo il potere di autoregolamentazione dei privati attributo dalla legge, la descritta "conformazione amministrativa" del contratto di fornitura richiederebbe un fondamento normativo avente pari rango nel sistema delle fonti. A tali fini, tuttavia, non può essere invocato l’art. 1 della legge n. 125/07, non rientrando la fattispecie in discussione né tra le condizioni standard di erogazione del servizio, né nella definizione dei prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica; il secondo comma del medesimo articolo, poi, nel prevedere che "sono fatti salvi i poteri di vigilanza e di intervento dell’AEEG a tutela dei diritti degli utenti, anche nei casi di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio" si riferisce esplicitamente ai clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta. La legge, in definitiva, non attribuisce all’AEEG il potere di operare come fonte eteronoma del contratto, in ausilio di quanti, con manifestazione di autonomia, abbiano deciso di approdare nel libero mercato.

Tra l’altro, l’esigenza di assicurare al cliente finale la fornitura di gas naturale può comunque essere attuata mediante il c.d. servizio di fornitura di ultima istanza che, come noto, ha lo scopo di garantire la fornitura di gas naturale in tutte quelle situazioni di criticità nelle quali il cliente finale possa eventualmente trovarsi, suo malgrado, per mancanza del proprio fornitore.

II. Con ulteriore doglianza viene denunciata l’illegittimità dell’art. 11 del Codice, nella parte in cui, specificando quali debbano essere i contenuti minimi dei contratti di fornitura predisposti dagli esercenti, ha previsto che al cliente venga altresì indicata "la data di avvio di esecuzione del contratto".

II.1. Il motivo non può essere accolto.

Come correttamente replicato dalla difesa erariale, dalla nota informativa allegata al Codice si evince chiaramente come al fornitore venga richiesto di indicare soltanto la data "presunta" di attivazione della fornitura e non quella "effettiva"; non a caso, lo stesso articolo 11, comma 1, lettera b) punto ii), precisa che il venditore deve indicare le modalità con cui il cliente finale verrà informato della eventuale diversa data di avvio rispetto a quella presunta.

L’affermazione delle imprese ricorrenti secondo cui anche tale precisazione non farebbe venir meno l’illegittimità dell’ulteriore obbligo informativo che il nuovo codice ha posto a carico dei fornitori, i quali dovranno comunque sostenere oneri non indifferenti e certamente idonei ad incidere sui margini operativi realizzabili nel libero mercato, oltre a palesarsi del tutto generica, è in radice contraddetta dalla circostanza per cui gli operatori sono comunque lasciati liberi di scegliere le forme e le modalità di comunicazione che più riterranno opportune.

III. Con altro motivo di diritto viene denunciata l’illegittimità del combinato disposto di cui all’art. 11.1, lett. g) sub i) e all’art. 14.1: con tali norme, l’Autorità ha inteso sanzionare l’eventuale mancato rispetto della periodicità di emissione delle fatture come contrattualmente pattuita, imputando al fornitore il riconoscimento di un indennizzo automatico (da ultimo, fissato in Euro 20) da versare in favore del cliente finale. Detta previsione viene censurata in quanto: – sarebbe mancata una previa consultazione con gli operatori sul punto; – l’indennizzo verrebbe posto in capo unicamente al venditore anche nelle ipotesi in cui detto soggetto non debba essere ritenuto responsabile del ritardo; – l’importo di detto indennizzo risulterebbe palesemente sproporzionato.

Sotto quest’ultimo profilo, al fine di dimostrare la sproporzione tra il danno che il venditore potrebbe potenzialmente subire da una ripetuta applicazione di detto indennizzo ed il pregiudizio derivante al cliente finale a causa di un eventuale ritardo nell’invio della bolletta, le ricorrenti fanno l’esempio di un cliente finale la cui spesa annua per energia elettrica e/o gas sia pari ad Euro 500, al quale vengano inviate in ritardo tutte e 5 le bollette contrattualmente previste; a fronte di una simile evenienza, il venditore oggi sarebbe costretto a corrispondere al cliente a titolo di indennizzo un importo pari a Euro 100 (Euro 20 X 5) e ciò nonostante il fatto che il margine che il venditore ha realizzato su quel cliente per la fornitura di un intero anno non sia superiore ad Euro 20/25 (il margine di redditività associato alle forniture domestiche si attesta infatti intorno al 45% annuo); assumendo ora il punto di vista del cliente, qualora facesse richiesta al venditore di poter rateizzare gli importi delle sue bollette avendole ricevute tutte insieme e recando le stesse un importo eccessivamente gravoso per essere pagato in un’unica soluzione, lo stesso sarebbe chiamato a sopportare un ulteriore importo di circa Euro 15/20 per interessi (pari al 3/4% circa); sarebbe allora di tutta evidenza, concludono le ricorrenti, che il "danno" subito dal cliente finale è commisurabile unicamente a tale ulteriore importo di Euro 15/20 eventualmente dovuto a titolo di interessi mentre non è in alcun modo rapportabile al ben diverso importo di Euro 100 che il venditore sarebbe costretto a versare a titolo di indennizzo.

III.1. Il motivo non può essere accolto.

In primo luogo, come riconosciuto dalle società ricorrenti, deve ritenersi superata, in seguito all’approvazione della delibera ARG/com 239/10, la censura originariamente mossa di difetto di istruttoria e violazione del giusto procedimento nonché del principio del contraddittorio per omessa consultazione degli operatori.

In ordine alla restante parte del mezzo di gravame, ritiene il Collegio di non poter ravvisare il denunciato difetto di proporzionalità (i cui canoni, secondo la giurisprudenza anche della Sezione, sono: l’idoneità del mezzo impiegato rispetto all’obiettivo perseguito, la necessità, ovvero assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo che comporti il minor sacrificio al privato, l’adeguatezza dell’esercizio del potere rispetto agli interessi in gioco (cfr. TAR Milano, sent. n. 6915/2010).

Il fondamento della norma è quello di garantire la emissione periodica delle fatture a favore dei clienti finali, ciò in quanto la periodicità della fatturazione consente agli stessi di pianificare la spesa a copertura dei consumi (cfr. Tar Lombardia n. 5429/2004). Il potere speso è previsto dall’articolo 2, comma 12, lett. g) l. n. 481/1995 che, espressamente, prevede la possibilità per il regolatore di fissare indennizzi automatici per la violazione di clausole contrattuali da parte degli esercenti. L’ammontare di Euro 20 è stato adottato in analogia a quanto previsto per il mancato rispetto degli standard specifici di qualità del servizio di vendita dall’articolo 18 della delibera 164/2008.

Tanto premesso, l’equilibrio della previsione è garantito, senza dubbio, dalla norma di cui all’articolo 11, comma 1, lett. g), alla cui stregua il venditore conserva piena libertà di definire la periodicità della fatturazione, potendo così ben modulare la sua organizzazione in funzione dell’obiettivo di precisione e tempestività voluto dal Regolatore.

IV. Con altro motivo di diritto formulato nel ricorso introduttivo del giudizio è stata denunciata l’illegittimità dell’art. 9.5 del Codice di condotta commerciale con specifico riferimento alla elencazione ivi prevista delle informazioni che il cliente finale deve ricevere in sede precontrattuale qualora il contatto avvenga mediante tecniche di comunicazione a distanza che non consentono la trasmissione immediata di documentazione scritta (ad esempio nel caso in cui l’operatore si avvalga del c.d. "teleselling"). In particolare, le ricorrenti lamentano che, in considerazione dell’enorme mole di informazioni e di dati che l’operatore dovrebbe trasmettere al potenziale cliente nell’ambito di una telefonata che non potrà durare più di qualche minuto, tale obbligo, oltre a non garantire una maggior tutela e trasparenza del cliente finale, avrebbe il solo effetto di rendere del tutto inutilizzabile il teleselling quale ulteriore canale di vendita per l’energia elettrica e il gas.

IV.1. La censura è infondata.

La previsione impugnata (sottoposta alla consultazione degli operatori: cfr. punti 8.13 ed 8.14 DCO n. 4/1010) è conforme all’art. 52 d.lgs. n. 206/2005 (i cui precetti sarebbero vincolanti a prescindere dalla regolazione), rientrando quelle imposte dall’AEEG, nella tipologia di informazioni che, prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, il consumatore deve poter ricevere. In particolare, esse sono tutte riconducibili ai seguenti dati: a) identità del professionista; b) caratteristiche essenziali del bene o del servizio; c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse e le imposte; d) spese di consegna; e) modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto; f) esistenza del diritto di recesso; g) modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio del diritto di recesso; h) costo dell’utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è calcolato su una base diversa dalla tariffa di base; i) durata della validità dell’offerta e del prezzo; l) durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ad esecuzione continuata o periodica.

V. Le imprese lamentano, altresì, l’illegittimità dell’art. 17.1 nella misura in cui, con specifico riferimento ai clienti finali domestici di gas naturale, ha previsto che "l’esercente la vendita deve compilare, secondo le istruzioni di cui ai successivi commi, una scheda distinta per ogni ambito tariffario e sottoporre al cliente finale la scheda con l’ambito tariffario di interesse per il cliente finale stesso". Detta prescrizione, ci si duole, sarebbe illegittima in quanto assunta in violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo e di consultazione degli operatori.

V.1. La censura è infondata.

Il paragrafo 9 del documento di consultazione 4/2010 è appositamente dedicato alle schede di confrontabilità relative ai clienti domestici. La soluzione adottata, sebbene diversa dall’ipotesi operativa sulla quale si era originariamente orientata la consultazione, è, inoltre, ampiamente motivata (punti 1214 del "ritenuto che sia opportuno" della delibera 104/2010).

VI. Ulteriore doglianza concerne l’asserita illegittimità dell’art. 13 laddove, nel disciplinare i termini e le modalità di preavviso per la variazione unilaterale delle condizioni contrattuali, a differenza di quanto previsto in passato, ha esteso il termine di preavviso da 2 a 3 mesi "rispetto alla decorrenza delle variazioni, considerandosi decorrente il suddetto termine dal primo giorno del mese successivo a quello di ricevimento da parte del cliente stesso". Le ricorrenti sostengono che, in virtù della previsione, il procedimento finalizzato alla modifica unilaterale del contratto non potrebbe concludersi prima di 5 mesi dal suo avvio e che, all’aggravamento della gestione del processo di modifica contrattuale, non corrisponderebbe per il cliente alcun concreto beneficio.

VI.1. Il motivo non può essere accolto.

La previsione in esame (sottoposta all’attenzione degli operatori con il documento di consultazione 4/2010) ha inteso fornire un termine adeguato a consentire anche ai clienti meno esperti di poter valutare la convenienza o meno della variazione contrattuale e della ricerca in caso di nuovo fornitore. L’affermazione delle istanti, secondo cui, dall’avere a disposizione altri trenta giorni per decidere se accettare la modifica unilaterale del contratto o se recedere dallo stesso senza spese, non potrebbe derivare al cliente alcun beneficio, appare del tutto apodittica ed non dimostrata.

VII. Da ultimo, viene censurata l’illegittimità della delibera ARG/COM n. 104/10 con riferimento alla perimetrazione dell’ambito di applicazione del nuovo codice di condotta commerciale che, ad avviso delle ricorrenti, sarebbe illegittima in quanto assunto in violazione di quanto previsto dalla l. n. 96/2010 (Legge comunitaria 2009) la quale, all’art. 17, comma 4, prevede espressamente che "Nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/73/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all’articolo 2 della presente legge, in quanto compatibili, anche i seguenti principi e criteri direttivi:… p) prevedere che i clienti non civili con consumi inferiori o pari a 50.000 metri cubi annui e tutti i civili siano definiti clienti vulnerabili e pertanto meritevoli di apposita tutela in termini di condizioni economiche loro applicate e di continuità e sicurezza della fornitura".

VII.1. Il motivo è fondato.

Nella delibera 104/2010 si legge che si è ritenuto di poter "confermare… l’attuale ambito di applicazione dei vigenti Codici di condotta, in ragione della debolezza, riscontrata anche a mezzo della valutazione di istanze, reclami e segnalazioni, che ancora contraddistingue i clienti finali domestici e non domestici con consumi non superiori a 200.000 SMC/ANNO e/o alimentati in bassa tensione". La delibera ARG/com 239/10 è intervenuta a ridefinire l’ambito di applicazione del Codice di condotta commerciale limitandolo al caso in cui "al cliente finale, a cui siano riconducibili punti di riconsegna esclusivamente alimentati in bassa tensione e/o consumi di gas naturale complessivamente non superiori a 200.000 SmC/anno, venga proposto un contratto di fornitura per uno o più punti di prelievo/riconsegna".

Non pare convincente la difesa formulata dall’amministrazione fondata sul fatto che la legge delega n. 96/10 non è stata ancora attuata. La previsione legislativa, infatti, contiene pur sempre un indirizzo politicoamministrativo (relativo ai clienti con consumi annui fino a 50.000 metri cubi), la cui assoluta non considerazione da parte dell’AEEG (nulla si legge in motivazione sul punto) integra di per sé una violazione del principio di legalità (nella sua declinazione, appunto, di indirizzo politico amministrativo).

VIII. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, atteso l’accoglimento soltanto parziale delle doglianze.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

ACCOGLIE parzialmente i ricorsi e, per l’effetto, annulla i provvedimenti indicati in epigrafe nei limiti di cui in motivazione.

COMPENSA interamente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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