Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-07-2011) 25-07-2011, n. 29728 Sospensione condizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte d’assise d’appello di Catania, decidendo quale giudice dell’esecuzione sull’incidente (così qualificata l’istanza di correzione) proposto in relazione all’ordine di scarcerazione "a futura memoria" emesso nei confronti di C.C. per il giorno 1 giugno 2012, dichiarava che la pena in corso di esecuzione, espiata a far data dal 15.5.2007 nella forma della libertà vigilata conseguente a liberazione condizionale, sarebbe dovuta terminare il giorno 18.1.2012.

A ragione affermava che nel calcolo si doveva tenere conto, detraendoli dalla libertà vigilata, di 135 giorni di liberazione anticipata riconosciuti al detenuto con i provvedimenti del Tribunale di sorveglianza di Roma del 9.9.2009, 12.1.2010 e 11.3.2010. 2. Ricorre il Procuratore generale denunziando violazione di legge e difetto di motivazione.

Osserva che la liberazione anticipata non andava detratta dal periodo trascorso in libertà vigilata, che non annulla il fine pena originario, ma dalla pena da scontare, il cui termine nel caso in esame era fissato al 25.2.2023 e risultava già portato al 12.10.20ll2 per effetto appunto della liberazione anticipata. Nè poteva condurre a diverso risultato la circostanza che, essendo il detenuto un collaboratore di giustizia, la data di scadenza della libertà vigilata non coincidesse con la scadenza della pena.

Motivi della decisione

1. Il ricorso riguarda soggetto condannato alla pena di trenta anni di reclusione, scadenti in astratto il 25.2.2023, ammesso sin dal 17.5.2007 alla liberazione condizionale ai sensi del D.L. n. 82 del 1991, art. 16-nonies inserito dalla L. n. 45 del 2001. Il problema posto, dapprima con l’incidente d’esecuzione e quindi con il ricorso, verte sulla durata della libertà vigilata che, a mente dell’art. 230 c.p., comma 1, n. 2, è sempre ordinata quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale. La indispensabile sottoposizione del condannato condizionalmente liberato alla libertà vigilata, comporta, come ovvia conseguenza, che questa ha durata pari al periodo di liberazione condizionale.

1.1. Fin tanto che la liberazione condizionale era prevista esclusivamente dagli artt. 176 e 177 cod. pen., la disciplina dei tempi di sottoposizione alla liberazione condizionale e alla libertà vigilata non ha dato luogo a problemi. Liberazione condizionale (e connesso periodo di sottoposizione alla libertà vigilata) dovevano corrispondere al residuo della pena temporanea rimanente e il limite massimo di cinque anni fissato dall’art. 177 cod. pen. per il condannato all’ergastolo corrispondeva al tetto massimo di pena da espiare, condizionante l’ammissione al beneficio, per il condannato a pena temporanea massima, dall’art. 176 cod. pen. Il trattamento del condannato all’ergastolo, che non poteva essere ammesso alla liberazione condizionale prima del decorso di ventisei anni, al momento della conversione della pena in misura alternativa era, in altri termini, avvicinato a quello del condannato a pena temporanea massima (trenta anni ex art. 78 c.p., comma 1, n. 1), che non poteva godere il beneficio prima di avere scontato venticinque anni.

Problemi non sorgevano neppure con il D.L. n. 152 del 1991, art. 2 che, in linea con altre previsioni introdotte dal medesimo decreto per i condannati di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis (ord. pen.), innalzava, per i condannati per i delitti indicati, appunto, nell’art. 4-bis, i limiti di pena espiata per l’accesso al beneficio, fermi restando gli ulteriori requisiti e gli altri limiti di pena e salvo – in virtù del richiamo enunciato dal D.L. n. 152 del 1991, art. 2, comma 3 – che costoro avessero collaborato ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 58 ter nel qual caso i nuovi e più severi limiti di pena stabiliti per l’accesso ai benefici penitenziari non si applicavano.

Il quadro è invece profondamente mutato a seguito della L. n. 45 del 2001, e della disciplina introdotta mediante il D.L. n. 8 del 1991, art. 16-nonies. Per essa la liberazione condizionale può essere concesse ai collaboratori anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’art. 176 c.p., purchè dopo la espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannati all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno dieci anni di pena. E’ sembrato così evidente che anche per i condannati a pena temporanea sia venuto meno l’ulteriore limite di pena stabilito con riferimento a quella ancora da eseguire. Secondo la giurisprudenza nettamente prevalente, specie di merito, la espressa deroga alle disposizioni dell’art. 176 cod. pen. non ha comportato però alcun effetto su quelle dell’art. 177 c.p., comma 2, secondo cui, decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all’ergastolo, … la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali. Per ragioni di eguaglianza sostanziale, se ne è dedotto che la durata massima di cinque anni della liberazione condizionale per i condannati all’ergastolo, ritenuta tuttora vigente, debba valere anche per i condannati a pene temporanee ancora da espiare superiori a cinque anni; nonostante, come detto, la durata della liberazione condizionale fissata dall’art. 177 cod. pen. fosse direttamente collegata ai tetti di pena ancora da espiare indicati dall’art. 176 cod. pen., travolti dalla legislazione premiale.

Il risultato è che l’ammissione alla liberazione condizionale per i collaboratori di giustizia, ai sensi del D.L. n. 8 del 1991, art. 16- nonies può produrre l’effetto di "ridurre" una condanna all’ergastolo a una restrizione massima di quindici anni (dieci di detenzione e cinque di liberazione condizionale con libertà vigilata) e una condanna a trenta anni di reclusione (quale quella inflitta al ricorrente) a sette anni e mezzo di reclusione e cinque di liberazione condizionale, per un totale complessivo di dodici anni e mezzo di restrizione: da cui potranno ulteriormente detrarsi, in caso di concessione della liberazione anticipata, ulteriori due mesi per anno.

1.2. Più specificamente, dunque, il caso portato all’esame del giudice dell’esecuzione e deciso con il provvedimento oggetto di ricorso del Pubblico ministero, riguarda la prefissazione del momento in cui, a seguito dell’utile decorso del periodo massimo di liberazione condizionale, dovrà considerarsi estinta la pena e revocate le misure di sicurezza personali (come dice l’art. 177 cod. pen.) per il ricorrente, ammesso alla liberazione condizionale quando gli restavano da espiare circa sedici anni della pena inflittagli, e che in relazione al periodo di liberazione condizionale con libertà vigilata sinora patito ha già beneficiato di liberazione anticipata per 135 giorni, concessegli dal Magistrato di sorveglianza di Roma in applicazione dei principi enunziati da questa Corte con la sentenza 424689 del 21.10.2009, Gulisano.

Il Giudice dell’esecuzione adito dal condannato, considerati i provvedimenti di concessione della liberazione condizionale e della liberazione anticipata, ha disposto nel senso che la pena dovrà considerarsi espiata e il regime di libertà vigilata terminerà, di conseguenza, il 18 gennaio 2012. Il Pubblico ministero ricorrente contesta tale determinazione, ritenendo che la liberazione anticipata non può portare ad ulteriori riduzioni del periodo di sottoposizione alla libertà vigilata, ma va computata soltanto sulla pena originariamente inflitta, dal momento che la liberazione condizionale non "annulla" l’originaria condanna ed è soggetta ad eventuale revoca.

2. Deve per conseguenza, in via preliminare, osservarsi che – quali che siano le ragioni e la tenuta, anche sul piano del rispetto dei principi costituzionali, dell’intervento legislativo del 2001, che ha evidentemente dimenticato di intervenire sull’art. 177 cod. pen., e dei tentativi di diortosi per via interpretativa, elaborati dalla giurisprudenza – resta che con l’ammissione alla liberazione condizionale il rapporto esecutivo della pena carceraria è sostituito dal rapporto esecutivo della libertà vigilata (C. cost.

204 del 1974; sez. 1 n. 42468 del 21.10.2009). Come ricorda C. cost. n. 282 del 1989: L’atto d’ammissione alla liberazione condizionale costituisce l’ultimo elemento d’una fattispecie (…) estintiva e costitutiva insieme in virtù della quale il condannato è da un lato formalmente scarcerato e svincolato dalla misura privativa della libertà personale-detenzione e da ogni sottoposizione alle autorità carcerarie; dall’altro viene, nello stesso momento, sottoposto alla misura limitativa della libertà personale dalla libertà vigilata ex art. 230 c.p., n. 2, ed assume, cioè, un nuovo, diverso status (di vigilato in libertà) che implica la sottoposizione al controllo di altri, diversi organi statali.

3. Nel sistema, i provvedimenti in tema di liberazione condizionale e di liberazione anticipata sul periodo trascorso in liberazione condizionale sono di competenza della magistratura di sorveglianza (misura e benefici sono stati in effetti concessi al ricorrente con provvedimenti del Tribunale e del Magistrato di sorveglianza di Roma). A norma del D.P.R. n. 230 del 2000, art. 104, comma 3, l’ordinanza di concessione della liberazione condizionale (emessa dal Tribunale dì sorveglianza) fissa altresì il termine massimo entro il quale, dopo la scarcerazione, l’interessato dovrà presentarsi all’ufficio di sorveglianza del luogo dove si esegue la libertà vigilata. Competente a decidere in ordine ad eventuali incidenti di esecuzione relativi all’individuazione del momento in cui viene a cadere tale termine massimo, nonchè alla corretta individuazione della portata dei provvedimenti concessivi della liberazione anticipata sullo speciale rapporto esecutivo conseguente alla concessione di liberazione condizionale, non può che essere dunque, già per via logica, il Tribunale di sorveglianza.

In ogni caso, l’art. 236 disp. coord. cod. proc. pen., espressamente prevede che competente a dichiarare l’estinzione della pena in conseguenza della liberazione condizionale … è il Tribunale di sorveglianza. E, simmetricamente, l’art. 676 c.p.c., comma 1, assegna al giudice dell’esecuzione individuato a norma dell’art. 665 cod. proc. pen. competenza a decidere in ordine alla estinzione della pena solo quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova ….

Nè incide su tale inequivoca determinazione della competenza la circostanza che l’ordine di "scarcerazione" preventivo sia stato emanato dal Pubblico ministero. Ai sensi dell’art. 659 cod. proc. pen. il Pubblico ministero è organo dell’esecuzione anche dei provvedimenti del giudice di sorveglianza, ed è in tale veste chiamato a disporre la carcerazione o la scarcerazione del condannato a seguito di essi. La risoluzione in via incidentale delle questioni sorte con riferimento all’attività di esecuzione posta in essere ai sensi dell’art. 659 cod. proc. pen. è perciò sistematicamente da ritenere appannaggio dello stesso giudice di sorveglianza.

4. Conclusivamente, deve affermarsi che, dopo l’ammissione del condannato alla liberazione condizionata, nessuna competenza residua in capo al giudice dell’esecuzione determinato ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen. in ordine all’estinzione della pena e della misura di sicurezza conseguenti a siffatta misura, ogni decisione in proposito essendo attribuita in via esclusiva al Tribunale di sorveglianza.

E poichè la competenza della magistratura di sorveglianza è competenza funzionale, il difetto di competenza del giudice dell’esecuzione che ha provveduto nel caso in esame deve essere rilevato d’ufficio e comporta l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, nonchè la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Roma, affinchè decida sull’istanza originariamente proposta, con le forme dell’incidente d’esecuzione, dal condannato.

P.Q.M.

A scioglimento della riserva di cui all’udienza del 05.05.2011, annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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