Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-07-2011) 25-07-2011, n. 29723 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.A.N. è stato attinto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 27/08/2010 dal GIP del Tribunale di Palmi, perchè gravemente indiziato del delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso denominata ndrangheta operante nel territorio di Reggio Calabria e segnatamente nel mandamento tirrenico (che assieme all’area Jonica ed a quella centrale urbana componeva l’organismo sul territorio).

Secondo le prospettazioni accusatone l’indagato si sarebbe associato a numerosi altri indagati, "con il ruolo di direzione ed organizzazione della locale di Rosarno (che con molte decine di altre locali e società, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice denominato "Provincia", costituiscono l’associazione mafiosa denominata "ndrangheta") e con compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle strategie ed altresì impartendo le direttive agli associati".

Il provvedimento restrittivo è stato confermato dal Tribunale di Reggio Calabria, investito dell’istanza di riesame, con ordinanza depositata il 02/12/2010 che ha rigettato la richiesta proposta nell’interesse del P..

Nella motivazione dell’ordinanza, il Tribunale ha formulato una ampia premessa a carattere generale, relativa alla ricostruzione storico- giudiziaria della associazione criminale denominata ‘ndrangheta, ed ha quindi operato alle pagine da 4 a 38 dell’ordinanza una disamina attenta delle fonti di prova in ordine alle articolazioni organizzative ed ai meccanismi decisionali (operanti dalla Provincia ai tre mandamenti e sino alle articolazioni locali). Il Tribunale ha quindi esposto i criteri dettati dalla giurisprudenza di legittimità per accertare l’esistenza di una associazione mafiosa ed i parametri per ritenere provata la affiliazione ad essa (pagg. da 39 a 44) ed ha posto in evidenza la significatività, ad attestare la abitualità di momenti organizzativi e decisionali, di veri e propri summit e di riunioni (dell’organismo denominato il Tribunale) di vertici preposti a censurare le mancanze degli affiliati (pagg. da 44 a 46).

Quanto alla specifica imputazione contestata, agli elementi prospettati nella richiesta del P.M. ed alle motivazioni dell’ordinanza cautelare, il Tribunale ha ritenuto che a carico di P.A.N. sussistessero gravi indizi di colpevolezza con riferimento alle imputazioni mossegli, valorizzando al riguardo una serie di conversazioni registrate in modalità ambientale nella sala colloqui della Casa Circondariale di Vibo Valentia e all’interno della Lavanderia APE GREEN di Giuseppe Comisso, nonchè i riscontri delle osservazioni dirette e di videosorveglianza effettuate dalla P.G. in occasione di due eventi di rilievo (il matrimonio Pe.- B. e l’incontro presso il Santuario della (OMISSIS)).

Ad avviso del Tribunale (da pagg. 48 a pag. 55) i riferimenti al P. sarebbero provenuti da soggetti di rilievo, quali l’ O., capo della locale di Rosario, e D.G., esponente di vertice della società di Siderno e della apicale Provincia, e ne avrebbero disegnato il ruolo di rilievo, proprio di chi poteva, come componente di una triade, conferire l’affiliazione ai candidati attraverso il rilascio della simbolica effige del disegno di una stella sul braccio destro e anche indicando lo stesso P. come tertium comparationis rispetto alle ambizioni di altri associati ad una progressione nella scala di comando (pagg. da 47 a 52). A sostegno della rilevanza di "posizione" del P. era poi da sottolineare che il medesimo aveva partecipato come invitato al matrimonio – summit del 19.08.2009 ed all’incontro operativo presso il ristorante (OMISSIS) il 31.08.2009, preparatorio della distribuzione delle cariche (che avrebbe avuto luogo presso il Santuario due giorni appresso). Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha affermato che andava richiamata la presunzione di legge non superata da alcun elemento in atti, anche alla luce della gravissima pericolosità che il quadro probatorio delineava.

Avverso tale pronuncia del Tribunale ha proposto ricorso il difensore del P., prospettando un unico ed articolato motivo d’impugnazione a sostegno della richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata. In esso si lamenta l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge ( art. 192 c.p.p., comma 2, e art. 273 c.p.p., ed art. 416 bis c.p.) e per vizio di motivazione. Si denunzia, in sostanza; 1) l’assoluta apoditticità delle affermazione per la quale il N. del quale si faceva parola nelle conversazioni captate nella sala colloqui della C.C. di Vibo Valentia dovesse identificarsi nel P., 2) l’assenza di riscontri esterni alle affermazioni captate dai conversanti C. G. e M.G. nella lavanderia Ape Green e facenti cenno a tal (OMISSIS) P. (solo noto come N.), 3) la indimostratezza della ragione di partecipazione mafiosa ad un incontro conviviale quale quello svoltosi presso il ristorante (OMISSIS).

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, non meritando le proposte censure alcuna condivisione, il ricorso debba essere rigettato.

Quanto ai dubbi sulla congruità della valutazione fatta dai giudici del merito sulle conversazioni inter alios captate e, segnatamente, quanto alla inesistenza di riscontri alla affermazione per la quale il cognato N. non sarebbe altri che P.N.A., si tratta di dubbi di totale inconsistenza, solo che si rammenti che il Tribunale ha precisato (e l’odierno ricorso non contesta il dato) che O.M. – che per l’appunto parla del cognato come il portatore della "stella" sul braccio destro – era il cognato del P., posto che suo zio O.D. aveva sposato la sorella dell’indagato ( P.E.). Non diversa sorte va riservata ai dubbi sulla certa riconducibilità dei riferimenti a P.N. (riferimenti scaturiti da conversazioni captate nella lavanderia Ape Green): è ben vero, come lamenta il ricorso, che i dichiaranti parlano solo di (OMISSIS) P. – come il soggetto al quale era stata attribuita la ""stella" – ma è anche vero che appartiene alle mere indimostrate affermazioni difensive che il ricorrente – il cui nome è appunto quello di A.N. sarebbe stato noto……solo come N..

Quanto, infine, alla censura di contraddizione rivolta alla ordinanza nella parte in cui avrebbe negato che la partecipazione a riunioni conviviali potesse trasmodare, ex se, e per la sola partecipazione di uno o più malavitosi, in incontri di vertice organizzativo (i "summit"), e poi tale linea avrebbe smentito attribuendo al pranzo presso il ristorante (OMISSIS) il valore di summit, essa mostra disattenta lettura delle argomentazioni che critica:

l’ordinanza, infatti, enumera gli elementi (i nove partecipanti, la caratura criminale degli stessi, la coincidenza temporale con la vigilia della riunione di (OMISSIS)) che fanno presumere ai giudici del merito che si sia trattato di "…una riunione di ndrangheta avente ad oggetto i nuovi assetti dell’organizzazione" (pag. 54), e nessuna censura viene svolta, con puntualità e pertinenza, che faccia ritenere incongrua od illogica la formulazione di detta presunzione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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