Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-07-2011) 25-07-2011, n. 29699

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 26 ottobre 2010, il Tribunale di Taranto ha respinto la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di P. M.G. avverso l’ordinanza emessa nei suoi confronti il 27 settembre 2010 dal Giudice per le indagini preliminari preso il medesimo Tribunale, con la quale era stata disposta nei confronti del medesimo la misura della custodia cautelare in carcere in ordine ai delitti di ricettazione e riciclaggio continuati.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale rinnovando questioni già devolute in sede di riesame e da quei giudici disattese, lamenta che nella specie sarebbe stata violata la normativa in tema di contestazioni a catena, rievocando, in particolare, le affermazioni rese sul punto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 408 del 2005. Al riguardo sarebbe contraddittoria la motivazione della ordinanza impugnata, la quale, da un lato esclude il collegamento tra i fatti connessi alla imputazione di omicidio e quelli oggetto della presente misura, e dall’altro afferma che tra i fatti medesimi vi sarebbe un collegamento di tipo investigativo. Si lamenta, poi, che la richiesta di misura cautelare sarebbe successiva di otto mesi da quando i relativi elementi sarebbero stati acquisiti, con al necessità, dunque, di procedere alla retrodatazione della custodia i cui termini massimi sarebbero ormai decorsi. Si contesta, poi, la sussistenza delle esigenze cautelari, specie in considerazione del tempo trascorso; non sussisterebbe, infatti, alcun pericolo di inquinamento probatorio, stanti le acquisizioni già conseguite, nè pericolo di fuga, essendo stato l’imputato alcuni giorni in stato di libertà senza allontanarsi, e non si ravviserebbe, infine, neppure il pericolo di reiterazione della condotta criminosa.

Il ricorso è palesemente inammissibile. Quanto alla cesura relativa alla pretesa violazione della normativa in tema di contestazioni a catena, va qui ribadito che nel procedimento di riesame non sono deducibili, nè rilevabili di ufficio, questioni di inefficacia o di perdita di efficacia della misura (quali quelle derivanti dalla ipotetica retrodatazione dei termini di custodia cautelare) diverse da quelle concernenti la inosservanza dei termini stabiliti dai commi quinto e nono dell’art. 309 cod. proc. pen. (Cass., Sez. 3, 10 febbraio2010, Vidori). Le restanti censure, oltre che palesemente destituite di fondamento, alla luce della coerente e congrua motivazione offerta dai giudici del riesame in punto di esigenze cautelari e di correlativo scrutinio di adeguatezza e proporzionalità della misura, si rivelano eccentriche rispetto all’odierno sindacato di legittimità, in quanto fondate su rilievi di merito deducibili solo nei conferenti gradi di impugnazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa del e ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza a norma dell’art. 94, disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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