Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-07-2011) 25-07-2011, n. 29691 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 14 luglio 2010, la Corte di appello di Firenze, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento pronunciato dal questa Corte con sentenza del 5 febbraio 2010, ha, per quello che qui interessa, parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, rideterminando la pena nei confronti di M.A. e M.H. in anni nove di reclusione ed Euro 57.000 ciascuno, tenuto conto delle attenuanti generiche già concesse e confermando il giudizio di equivalenza rispetto alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 contestata al capo 8) e tenuto conto della esclusione, già operata con la sentenza della Corte di cassazione, della aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, art. 4. Con la richiamata sentenza, infatti, questa Corte aveva annullato senza rinvio la sentenza di appello impugnata limitatamente a quest’ultima aggravante, che era stata contestualmente esclusa, mentre aveva pronunciato annullamento con rinvio in riferimento alla aggravante di cui al medesimo D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 in riferimento al capo 8); aggravante, quest’ultima, che la Corte di rinvio ha invece ritenuto sussistente.

Avverso la sentenza pronunciata dalla Corte in sede di rinvio hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati predetti. Nel ricorso proposto nell’interesse di ambedue gli imputati, si lamenta mancata osservanza del principio di diritto affermato nella pronuncia rescindente di questa Corte, giacchè la sentenza impugnata avrebbe totalmente omesso di indicare l’effettivo quantitativo di principio attivo ricavabile dal peso lordo indicato in imputazione, finendo così per riprodurre, in violazione dell’art. 627 cod. proc. pen., la stessa motivazione adottata nel provvedimento annullato. La sentenza, poi, non motiverebbe a sufficienza in ordine al giudizio di bilanciamento fra circostanze, avuto riguardo alla esclusione di una aggravante a seguito della sentenza di questa Corte. Nel ricorso proposto nell’interesse del solo M.A., si lamenta che la Corte territoriale in riferimento alla aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 non avrebbe tenuto conto del fatto che la sostanza effettivamente negoziata sarebbe stata di soli due chili e per di più di scarsa qualità. Si lamenta poi che la Corte territoriale non abbia applicato l’effetto estensivo della impugnazione anche agli odierni ricorrenti in riferimento alla esclusione della aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3, pronunciata, a seguito della sentenza di annullamento con rinvio, nei confronti dei due imputati N. e P..

I ricorsi sono palesemente privi di giuridica consistenza.

Contrariamente all’assunto dei ricorrenti, infatti, la sentenza di annullamento pronunciata da questa Corte in riferimento alla motivazione offerta dai giudici del merito in relazione alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 non evocava affatto l’esigenza di puntualizzare quale fosse il quantitativo di principio attivo presente nella sostanza sequestrata, ma unicamente la necessità di fare riferimento a parametri qualitativi e quantitativi tali da eccedere il quantitativo di sostanza usualmente trattata in transazioni del genere, nell’ambito territoriale in cui opera il giudice del fatto. Principi, questi, ai quali la Corte di rinvio si è puntualmente attenuta, offrendo al riguardo motivazione succinta ma non per questo inadeguata ai fini di corroborare il giudizio di sussistenza della aggravante in questione, restando confinata a profili di fatto, non sindacabili in questa sede, la deduzione difensiva inerente la asserita non buona qualità della sostanza contestata. Le contestazioni in punto di trattamento sanzionatorio e di giudizio di bilanciamento sono , poi, palesemente inammissibili perchè del tutto aspecifiche e non in linea con la motivazione comunque offerta sul punto nella sentenza impugnata.

Quanto, infine, alla censura relativa alla mancata applicazione dell’effetto estensivo della impugnazione in riferimento alla esclusione della aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3, operata nei confronti di altri imputati, l’assunto si rivela del tutto erroneo per un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, infatti, l’effetto estensivo dell’impugnazione opera a favore degli altri imputati soltanto se questi non hanno proposto impugnazione o se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile, non quando essa sia stata esaminata nel merito, con decisione divenuta irrevocabile sul punto, poichè in tal caso opera il principio di inviolabilità del giudicato, anche se parziale o progressivo ex art. 624 c.p.p., comma 1 (Cass., Sez. 1, 4 marzo 2004, Platania). Sotto altro profilo, le ragioni per le quali è stata esclusa, da parte di questa Corte, l’aggravante in questione nei confronti di alcuni imputati, risultano del tutto personali e non estensibili – mancata conoscenza del numero dei correi – avuto riguardo al ruolo apicale ricoperto dai due ricorrenti.

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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