Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-07-2011) 25-07-2011, n. 29690

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 18 ottobre 2010, la Corte di appello di Venezia, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento pronunciato da questa Corte, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Padova il 11 maggio 2007 nei confronti di G. R., concedendo il beneficio della non menzione, confermando la condanna della stessa alla pena di anni uno di reclusione quale imputata del reato di cui all’art. 328 cod. pen..

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta che la Corte territoriale abbia fondato la decisione gravata sulla considerazione, frutto di travisamento del quadro probatorio, del cambiamento del quadro clinico cui sarebbe andato incontro il paziente sottoposto alle cure della imputata. Si sottolinea, infatti, che alla stregua della prova dichiarativa raccolta la scelta di sottoporre a nuova visita il paziente ovvero di indirizzarlo preventivamente al reparto radiologico risultava del tutto corretta ed in linea con le scelte discrezionali del sanitario. L’iter logico dei giudici sarebbe poi sostenuto in forza di argomentazioni che risultano per un verso apodittiche e in parte contraddittorie rispetto ad altre premesse del ragionamento seguito. Mentre ugualmente travisate sarebbero le emergenze di fatto secondo e quali vi sarebbe stato un rifiuto della imputata di prestare la propria opera in considerazione della "pausa caffè", collocata prima anzichè dopo il trasferimento del paziente presso il reparto di radiologia. Del pari carente sarebbe infine la motivazione della sentenza impugnata in ordine all’elemento psicologico del reato. Con successiva memoria il difensore ha dedotto la intervenuta prescrizione del reato, maturatasi il 29 dicembre 2010, e cioè dopo la pronuncia della sentenza di appello e prima del deposito dei motivi di ricorso.

Il ricorso è manifestamente inammissibile. Contrariamente a quanto assertivamente si denuncia nei motivi di impugnazione, infatti, la sentenza impugnata ripercorre in termini del tutto esaurienti la vicenda in relazione alla quale è stato elevato l’addebito contestato alla imputata, dando atto di come risulti univocamente e congruamente asseverata la colpevole e grave condotta omissiva che contrassegnò la sequenza dei fatti ascritti alla imputata stessa, in forza di univoche emergenze processuali solo labilmente contestate in sede di ricorso, per di più evocandosi ipotesi di travisamento su profili del tutto inconsistenti ai fini della stessa dinamica della vicenda e della responsabilità dell’imputata. La palese inammissibilità del ricorso preclude qualsiasi risalto al dedotto intervento della prescrizione, maturatasi dopo la pronuncia della sentenza di appello.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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