Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-07-2011) 25-07-2011, n. 29668 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Salerno rigettava la richiesta di riesame proposta da S.A. avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che aveva applicato al predetto la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di concorso nell’acquisto di sostanza stupefacente (capo 10).

Il Tribunale evidenziava che, sulla base degli esiti di un’attività congiunta di captazioni telefoniche ed ambientali, di pedinamenti e controlli, era emerso che A.G. e B.N. il primo febbraio 2009 concordavano un appuntamento per un incontro al quale partecipava anche S.A. (il B., in una conversazione captata, aveva detto all’ A. che avrebbe portato anche "(OMISSIS)", soprannome nel quale la polizia identificava la persona dello S.). La riprova dei contatti con lo S. era tratta dal Tribunale da una conversazione intercettata il giorno successivo nella quale il B., in un colloquio telefonico con l’ A., cedeva il telefono allo S. lì presente, la cui voce veniva riconosciuta dalla polizia.

L’oggetto dell’incontro veniva ricondotto dal Tribunale alla definizione degli accordi per l’acquisto e trasporto di droga, considerato che il giorno 3 febbraio l’ A. si recava a (OMISSIS).

Significativa, secondo il Tribunale, era la telefonata intercettata tra l’ A. ed il fratello E. nella quale il primo lamentava che nel conteggio dei soldi mancava la quota "di uno".

Al rientro da (OMISSIS) venivano pedinati e controllati – con esito negativo – l’ A. ed il B., che viaggiavano seguiti da altra autovettura condotta dallo S., anch’essa controllata con esito negativo.

Secondo il Tribunale, appariva altamente probabile che il viaggio fosse stato preordinato per l’acquisto di droga, in quanto: i soldi non erano stati rinvenuti nelle auto al rientro da (OMISSIS) e doveva pertanto ritenersi certo che fossero stati spesi a (OMISSIS); il viaggio era stato organizzato con la presenza di una "staffetta" ad opera dello S.; non erano state fornite dai protagonisti spiegazioni credibili (il B. si era avvalso della facoltà di non rispondere e lo S. aveva parlato di una visita ai parenti di (OMISSIS)); già in altre occasioni l’ A. si era recato a (OMISSIS) per rifornirsi di droga.

In particolare, il Tribunale sottolineava che la necessità di una staffetta, anche al solo trasporto del denaro, veniva a giustificarsi con il sequestro di Euro 700.000 subito in Francia dall’organizzazione criminale facente capo all’ A. ed era testimoniato da altre monitorate occasioni in cui i viaggi erano stati compiuti con più mezzi o mezzi diversificati.

Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva che la gravità dell’episodio anche con riferimento al contesto soggettivo nel quale lo S. aveva prestato il proprio contributo e la personalità di costui, desunta dai carichi pendenti, giustificasse la loro tutela al massimo livello, essendo concreto il pericolo di recidivanza, vincibile solo con la misura in atto.

2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione il difensore dell’indagato, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

– la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), in relazione all’art. 273 c.p.p., per assenza dei gravi indizi di colpevolezza e difetto di motivazione sul punto.

In particolare, il quadro indiziario risulterebbe totalmente carente e basato su mere congetture, compresa l’identificazione dello S. quale conversante in una intercettazione.

A carico dello S. non vi sarebbero indizi, posto che il Tribunale si è basato su mere supposizioni e ipotesi congetturali.

– la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), in relazione all’art. 274 c.p.p., 275, comma 3, e art. 284 c.p.p., comma 5, per assenza delle esigenze cautelari e difetto di motivazione.

Nell’ordinanza non vi sarebbe alcuna reale esplicitazione motivazionale sull’adeguatezza della misura carceraria. Il Tribunale avrebbe fatto riferimento ad un unico precedente, tra l’altro modestissimo e contravvenzionale, e ai carichi pendenti, in violazione dell’art. 274 c.p.p. che richiama invece soltanto i precedenti penali.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e va accolto nei termini che sono di seguito esposti.

2. Assorbente appare l’esame del primo motivo di ricorso.

Va preliminarmente ricordato che, in tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

La verifica di legittimità condotta in questa sede sull’ordinanza impugnata denota un vizio di motivazione, sotto il profilo della carenza e congruenza argomentativa della prognosi indiziaria imposta dall’art. 273 c.p.p..

Giova ribadire che, ai fini dell’emissione di una misura cautelare personale, per "gravi indizi di colpevolezza", ex art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza.

La "gravità" indiziaria, postulata dall’art. 273 c.p.p., comma 1, agli effetti della applicazione delle misure cautelari personali assume, dunque, caratteristiche semantiche non corrispondenti al requisito della "gravità" che gli indizi – come prova critica – devono presentare, unitamente ai paradigmi della precisione e della concordanza, a norma dell’art. 192 c.p.p., comma 2, giacchè nel primo caso – malgrado l’identità lessicale – il parametro della gravità non sta a significare altro che l’intero complesso degli elementi "dimostrativi" del fatto e delle responsabilità devono esser tali da consentire di pervenire ad un giudizio che, pur senza raggiungere il grado di certezza richiesto per la condanna, sia di alta probabilità dell’attribuzione del reato all’indagato.

Ciò premesso, ove, come nella specie, l’"indizio" utilizzato agli effetti cautelari appartenga esso stesso al genus della prova indiziaria tipica, vale a dire di tipo logico e indiretto, non potranno non valere le regole prudenziali che scaturiscono dalla relativa fenomenologia, giacchè se è teoricamente ipotizzabile che da un fatto accertato sia logicamente desumibile una sola conseguenza, di regola (e ciò sicuramente si riscontra nella vicenda de qua) il fatto indiziante è significativo di una pluralità di fatti non noti, sicchè può in tal caso superarsi la relativa ambiguità dei singoli "indizi" soltanto attraverso un solido aggancio alla verifica incrociata delle diversificate e positive acquisizioni.

Ma perchè un simile procedimento possa dirsi realmente satisfattivo dei principi enucleabili dal sistema, è, però, in ogni caso indispensabile che la valutazione degli indizi muova da premesse certe, giacchè il metodo logico-deduttivo per essere produttivo di conoscenze "effettive", non può che essere applicato a circostanze fattuali non dubbie, e non a semplici ipotesi o congetture, ovvero a mere supposizioni.

Per attribuire agli indizi il crisma della gravità è, dunque, indispensabile che la regola di inferenza verta su elementi indizianti, i quali, oltre ad essere certi nella loro dimensione per così dire "storica", siano anche congruenti rispetto al fatto da provare, nel senso che tali elementi devono presentarsi come rilevanti, pertinenti e conducenti ed essere, quindi, legati a tale fatto da un chiaro e non ambiguo nesso di implicazione logica. Una logica rispetto alla quale la motivazione – per tornare all’origine ed all’oggetto del presente scrutinio – deve a sua volta presentarsi, in definitiva, come trama esplicativa del "percorso probatorio", univoca e priva di aporie che minino la coerenza dell’iter argomentativo.

Ebbene, tanto la adeguatezza della base fattuale che la intrinseca logicità dei passaggi che giustificano la ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, presentano, a giudizio di questo Collegio, vistose lacune su aspetti di primario risalto. Lo sviluppo della motivazione è inficiato infatti dalla mancanza di rigore argomentativo, dato che l’affermata gravità degli indizi non risulta articolato attraverso passaggi logici dotati della indispensabile saldezza.

Il nucleo dell’assunto accusatorio trae infatti essenziale alimento da elementi che, pur non essendo trascurabili, appaiono, tuttavia, inidonei, sul piano inferenziale, a fornire una base consistente alla dimostrazione che l’oggetto del viaggio concordato dagli indagati fosse l’acquisto di droga.

Il Tribunale, con palese falla nella coerenza ricostruttiva, giunge invero a tale conclusione sol perchè A. viene trovato – durante il controllo autostradale del (OMISSIS) – privo del denaro, del quale avrebbe avuto la disponibilità prima della partenza, e per la presenza di una seconda autovettura al suo seguito al rientro dal viaggio. Davvero poco, come base fattuale, per poter pervenire alle conclusioni dell’ordinanza impugnata.

La stessa circostanza, valorizzata dal Tribunale, di precedenti viaggi fatti da A. a (OMISSIS) per acquistare droga – che avrebbe assunto significato indiziante laddove fossero state evidenziate analoghe modalità organizzative e esecutive per l’approvvigionamento dello stupefacente, così da iscrivere l’episodio in un preciso modus operandi del gruppo criminale – viene data per accertata, mentre dall’ordinanza cautelare risulta che anche tale ipotesi investigativa è stata ricostruita in via indiziaria.

3. Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Salerno, che, in coerenza con i principi di diritto enunciati, dovrà, in piena libertà di giudizio, ma con motivazione completa ed immune da deficit argomentativi, riconsiderare la vicenda cautelare di S.A..

La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Salerno per nuovo esame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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