Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-06-2011) 25-07-2011, n. 29697

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 15 febbraio 2011 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trento applicava a M.G., su richiesta delle parti in ordine al reato di rapina aggravata, commesso in (OMISSIS) nella notte tra il (OMISSIS), la pena di anni tre di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque, esclusa la recidiva contestata, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante e con la riduzione per il rito, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.

Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione dolendosi dell’eccessività della pena, essendo il suo stato di tossicodipendenza all’origine della condotta delittuosa, e, inoltre, del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 4.

Il ricorso è del tutto generico e comunque manifestamente infondato atteso che il nell’applicare la pena concordata, si è adeguato al contenuto dell’accordo tra le parti che prevedeva come pena base per la pena detentiva il minimo edittale, con il riconoscimento peraltro delle circostanze attenuanti generiche. Nel ricorso per cassazione avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiato tra le parti non è del resto ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale.

La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicchè la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute (Cass. Sez. 3 27 marzo 2001 n. 18735, Ciliberti).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e ai versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.500,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di Euro 1.500,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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