Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-06-2011) 25-07-2011, n. 29722

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 27,10. 2010 la corte d’appello di Milano, in veste di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile il ricorso proposto da D.G.F., con cui contestava l’esecutività della sentenza di condanna della Corte di assise d’appello di Milano 14.2,2000, per reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80, poichè per tali reati non era stata concessa l’estradizione. Veniva rilevato che la questione era stata già fatta oggetto di ricorso avanti alla Corte di Cassazione che aveva, in data 2.3.2002, ritenuto che il decreto di estradizione dal Marocco riguardava i reati previsti dalla L. n. 685 del 1975, e che il decreto di estensione dell’estradizione 3.10.1996, faceva riferimento alle norme del D.P.R. n. 309 del 1990, ed alla L. n. 162 del 1990, art. 14, che operava espresso richiamo ai fatti di detenzione, cessione e traffico di stupefacente. Veniva poi fatto rilevare che nel decreto di concessione dell’estradizione era mancante l’espresso e motivato rigetto anche parziale della domanda, come richiesto dall’art. 42 della convenzione bilaterale tra il Marocco e l’Italia. Poichè la questione era stata risolta in sede cognitiva, non poteva esser ripresa in sede esecutiva.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato pel tramite del suo difensore, per dedurre violazione di legge e contraddittorietà della motivazione. D.G. aveva riproposto sotto una diversa lettura la questione già avanzata e rigettata di violazione del principio di specialità. Tale rilettura era da ritenere a sua opinione consentita, atteso che il giudizio negativo sull’applicabilità del divieto previsto dal principio di specialità si è fondato sul presupposto che ai sensi dell’art. 42 del patto di reciprocità Italia-Marocco, fosse necessario un diniego esplicito, rispetto a quanto richiesto con l’estradizione. Secondo la difesa, la estradizione non venne mai accordata in relazione alla misura cautelare del 31.3.1993, emessa dal Gip presso il Tribunale di Milano, per violazione D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, avendo compreso il provvedimento di estradizione e quello di estensione, solo le altre misure cautelari che avevano attinto il D.G..

Non si sarebbe trattato di un diniego, ma di un non esame della richiesta, tanto che fu l’autorità inquirente a sollecitare il ministro a richiedere un chiarimento.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso perchè manifestamente infondato.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile poichè ripropone in sede esecutiva, questione ampiamente dibattuta in sede di cognizione, su cui è intervenuta sentenza di questa Corte che ha definitivamente statuito che il D.G. venne estradato dal Marocco, anche per i reati previsti dalla L. n. 685 del 1975, e che il provvedimento di estensione della estradizione doveva intendersi riferito ai reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, di talchè non era apprezzabile alcuna violazione al principio di specialità. Tale statuizione della Suprema Corte costituisce giudicato e non può essere rimessa in discussione in sede esecutiva, neppure a fronte di nuovi argomenti, quali quelli portati dalla difesa. Correttamente la corte territoriale ha rilevato che il procedimento di estradizione non esaurisce i suoi effetti al processo ed al giudizio, ma li estende alla fase esecutiva, tanto è vero che una volta inflitta la condanna a soggetto estradato non è necessario richiedere la rinnovazione dell’estradizione per eseguire la pena inflitta.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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