T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 01-08-2011, n. 223 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti, impiegati civili dello Stato in servizio, con varie qualifiche, nel distretto della Corte d’appello di Trento, hanno chiesto la condanna del Ministero della Giustizia per inadempimento contrattuale ed il conseguente riconoscimento della perdita di chances, ai fini del trattamento retributivo spettante in base alla posizione economica immediatamente superiore a quella attualmente posseduta.

Al riguardo, espongono:

– che i danni deriverebbero dall’omesso espletamento della procedura di riqualificazione e progressione verticale da Area B ad Area C, posizione economica C1, dei dipendenti, atteso che il Ministero, in base all’art. 15 del CCNL Comparto Ministeri del 1999 e del CCNI del 2000 e relativi protocolli d’intesa nn. 2 e 5, sottoscritti per il quadriennio 19982001, si era impegnato a portare a termine le relative procedure "definendole" entro 30 gg. dalla sottoscrizione del suddetto CCNI del 2000;

– che sussisterebbe una colpa grave dell’Amministrazione nella violazione di un preciso obbligo negoziale posto della contrattazione collettiva in tema di esecuzione dei programmi di riqualificazione e delle procedure concorsuali di progressione verticale interna;

– che sarebbe quantificabile un danno da "perdita di chances" pari al 30% di quanto gli interessati avrebbero percepito se il Ministero avesse dato seguito agli impegni assunti con i predetti protocolli d’intesa.

Si è costituita l’intimata Amministrazione, contestando il difetto di giurisdizione e l’infondatezza del ricorso, stante l’assunta non imputabilità dell’omissione, asseritamente dovuta alle complesse vicende giudiziarie ed alle sopravvenienze contrattuali relative al nuovo ordinamento classificatorio del personale introdotto dalla sopravvenuta disciplina contrattuale collettiva.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Va anzitutto disattesa l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità dedotta dalla resistente Amministrazione.

Sulla questione relativa alla sussistenza o meno della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia in esame, si rammenta che l’articolo 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (in cui sono confluite le disposizioni dell’articolo 69 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche e integrazioni) – nel devolvere all’a.g.o. la giurisdizione sulle controversie relative ai rapporti di lavoro pubblico contrattualizzati, ivi comprese quelle "concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale…..ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti" – ha tuttavia disposto al quarto comma che "restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni".

In proposito, rileva il Collegio che, per un verso, le procedure di progressione verticale da area ad area sono veri e propri procedimenti amministrativi di natura concorsuale: in questo senso si espresse la fondamentale sentenza della Corte di Cass. n. 18537/2003, seguita da costante giurisprudenza ordinaria ed amministrativa. Tale conclusione non è scalfita dal fatto che i procedimenti di progressione verticale in parola sono stati indebitamente (stante la loro natura concorsuale) disciplinati attraverso la contrattazione collettiva, ciò che rileva essendo soltanto la natura concorsuale del procedimento: Per altro verso, non sussiste, comunque, il lamentato difetto di giurisdizione, vertendosi, nella specie, di un caso di lamentato ritardo od omissione di attività amministrativa procedimentale..

2. Passando al merito della questione, è opportuno premettere, per una retta comprensione della complessa vicenda, che in data 16.2.1999 era stato sottoscritto il CCNL del Comparto Ministeri per il quadriennio normativo 1998 – 2001, che ha introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale con accorpamento delle nove qualifiche funzionali preesistenti, rispettivamente, nell’area funzionale A, comprendente le qualifiche dalla I alla III, nell’area funzionale B, comprendente quelle dalla IV alla VI e nell’area funzionale C, le restanti.

L’art. 15, lett. a) e b) del citato contratto collettivo aveva previsto la possibilità del passaggio di livello dei dipendenti, disponendo, in particolare, che lo spostamento da una posizione economica all’altra avvenisse, da un lato, tra le diverse aree (c.d. progressioni verticali " pesanti ") mediante procedure selettive volte all’accertamento dell’idoneità e/o della professionalità richiesta previo superamento di corsoconcorso, e, dall’altro, all’interno delle stesse aree (progressioni verticali " leggere "), nel limite dei posti di cui ai contingenti corrispondenti a ciascuna delle posizioni economiche interne all’area, individuati con le apposite procedure di riqualificazione previste dall’art. 20 dello stesso CCNL.

Queste ultime stabilivano appositi percorsi di qualificazione ed aggiornamento professionale con esame finale, al termine dei quali era stilata una graduatoria degli aventi diritto, rispetto alla quale la fascia economica di provenienza rappresentava, peraltro, un elemento di valutazione determinante.

Le procedure, come definite anche dal contratto integrativo di amministrazione CCNI del 5.4.2000 e dal protocollo d’intesa n. 2, prevedevano, dunque, una sequenza procedimentale " a cascata ", per la quale l’Amministrazione avrebbe dovuto in primis coprire "tutti i posti attualmente vacanti della posizione C3 mediante procedure selettive cui partecipi, come stabilito dal CCNL, personale delle posizioni Cl e C2. I posti attualmente vacanti della posizione C2, incrementati di quelli liberatisi con il passaggio di personale C2 alla posizione C3 a seguito delle procedure selettive, saranno quindi resi disponibili per procedure destinate al personale Cl’; dopo di che si sarebbe provveduto "ad ulteriore selezione per coprire i posti della posizione Cl già vacanti, più quelli liberatisi all’esito della precedente selezione", con l’avvertenza che "in tal caso, però, in base a quanto stabilito dall’art. 14 CCNL, non tutti i posti potranno essere riservati al personale interno, proveniente dalle posizioni B1, B2 e B3, ma una quota del 30 % dovrà essere accantonata per garantire un adeguato accesso dall’esterno". A conclusione l’Amministrazione avrebbe poi proceduto analogamente "quanto ai posti vacanti (compresi quelli divenuti disponibili all’esito delle precedenti procedure selettive) di tutte le altre posizioni economiche dell’area".

Ora, in base alla suddetta sequenza procedimentale necessaria, il Ministero della Giustizia non poteva avviare le riqualificazioni per posizioni economiche intermedie e inferiori e, a maggior ragione, per l’area B, se prima non fossero state concluse quelle per la copertura interna delle posizioni apicali dell’area C, nello specifico, posizione economica C3.

Pertanto, con gli avvisi pubblicati sui Bollettini Ufficiali del Ministero nn. 3, 6 e 10 del 2001, in attuazione dei ricordati artt. 15 CCNL del 1999 e 16 CCNI del 2000, venivano tempestivamente indette le procedure di selezione interna, rispettivamente, all’area funzionale C, B ed A e quelle di corsoconcorso per il passaggio dall’area funzionale B alla posizione economica C1 e dall’area funzionale A alla posizione economica B1, il tutto per una pluralità di figure professionali che a partire dal direttore di cancelleria C3 scendevano fino all’operatore giudiziario B2.

L’Amministrazione pubblicava poi sul Bollettino Ufficiale del 15.3.2002 le graduatorie degli ammessi ai percorsi formativi, procedendo per le posizioni apicali a convocare i partecipanti e ad avviare i primi moduli formativi, secondo l’illustrata articolazione plurifasica.

Tuttavia, le procedure avviate non poterono giungere a conclusione, posto che varie decisioni dell’Autorità giudiziaria ordinaria – competente per le progressioni verticali " leggere " all’interno dell’Area funzionale – adita da dipendenti pretermessi, disposero, in via cautelare, la sospensione dei percorsi formativi, ovvero l’ammissione con riserva dei candidati e, nella sede di merito (sentenza del Tribunale di Lamezia Terme del 10.10.2002 e altre successive), la declaratoria di nullità, sia dell’avviso di selezione del Ministero per il passaggio a direttore di cancelleria C3, sia dei criteri generali per le selezioni contenuti nel CCNI 5.4.2000, nonché delle disposizioni sui passaggi interni dettate dal citato art. 15 CCNL 16.2.1999.

Ulteriori ricorsi al giudice ordinario, chiamato ad imporre il riavvio delle procedure non sospese, si concludevano favorevolmente per l’Amministrazione, in considerazione della richiamata clausola contrattuale, inserita nel già citato protocollo d’intesa n. 2 allegato al CCNI del 2000 (sentenza del Tribunale di Napoli del 20.9.2005).

Nelle more delle predette vicende giudiziarie veniva sottoscritto il CCNLMinisteri 12.6.2003, per il quadriennio normativo 20022005 ed il biennio economico 20022003, il cui art. 8, confermando il sistema di classificazione del personale introdotto dal precedente CCNL del 1999, disponeva al comma 4 che "le parti si danno reciproco atto della operatività dei contratti integrativi già stipulati, aventi tra l’altro, per oggetto il sistema classificatorio e, conseguentemente, si impegnano ad assumere, ciascuna secondo la propria autonomia, ogni utile iniziativa finalizzata alla rapida applicazione degli stessi".

In base alla citata disposizione contrattuale e stante l’impossibilità di procedere alle procedure di riqualificazione del personale, in virtù delle menzionate pronunce giurisdizionali ed al conseguente blocco delle attività selettive, l’Amministrazione e le OO.SS. aprivano una nuova fase di contrattazione integrativa, conclusa con la sottoscrizione degli accordi del 14 e del 29 ottobre 2003, a seguito dei quali i dipendenti vennero invitati ad optare per un solo percorso formativo finalizzato all’inquadramento nella posizione economica immediatamente superiore, qualora avessero presentato domanda per più di una procedura di riqualificazione.

Nel frattempo, il TAR Lazio, adito da dipendenti comunque non ammessi, con ordinanza del 16.3.2004 sospendeva la selezione per l’accesso a 477 posti di direttore di cancelleria C3, ordinanza poi confermata nel merito con la sentenza n. 12370 del 14 luglio 2004 che ha dichiarato nulli i relativi bandi.

Con nota del 19.4.2004, il Direttore generale del personale del Ministero, preso atto delle predette pronunce, a sua volta sospendeva le attività formative relative ai percorsi di riqualificazione già in atto (ufficiale giudiziario C2 e direttore di cancelleria C3).

Ulteriori pronunce del TAR Lazio (ordinanza n. 607/2005 e sentenza n. 1478/2005) sospendevano le procedure di riqualificazione per altre figure professionali del livello C2.

Successivamente il Consiglio di Stato, riformando la sentenza n. 12370/2004 del TAR Lazio (direttore di cancelleria C3) sotto il profilo del difetto di giurisdizione, si uniformava all’orientamento della Cassazione in merito alla cognizione del giudice ordinario sulle procedure di progressione verticale " leggera ", per il passaggio all’interno delle singole aree funzionali.

In data 9 novembre 2006 il Ministero e le OO.SS. sottoscrivevano, peraltro, un ulteriore protocollo d’intesa in cui, preso atto che "il personale dell’amministrazione giudiziaria non ha visto realizzate le procedure di riqualificazione", si conveniva che fosse "necessario attivare procedure di progressione professionale semplificate ed accelerate".

Tuttavia, in data 14.9.2007 veniva sottoscritto il nuovo CCNL di comparto, che all’art. 6 introduceva un nuovo ed ulteriore sistema di classificazione del personale, articolato in tre aree:

– prima area, comprendente la ex posizione Al, A1S;

– seconda area, comprendente le ex posizioni B1, B2, B3 e B3S;

– terza area, comprendente le ex posizioni C1, C1S, C2, C3 e C3S.

3. Ciò premesso, i ricorrenti rivendicano il diritto al risarcimento del danno che sostengono essere loro derivato dal mancato espletamento delle procedure selettive per il passaggio dalla posizione economica attualmente ricoperta a quella superiore.

Ad avviso del Collegio va, innanzitutto, ribadita, anche in base all’excursus fattuale sopra illustrato, l’insussistenza di ogni ipotesi di inadempimento contrattuale imputabile all’amministrazione, atteso che l’asseritamente leso diritto alla riqualificazione non trova tangibile riscontro in alcuna delle clausole convenute nella competente sede della contrattazione collettiva.

In particolare, non giova ai ricorrenti l’evocato art. 15 CCNL del 1999, come sopra riportato,.

Infatti, detta disposizione, che si è in concreto limitata a definire le modalità con le quali possono avvenire i passaggi interni tra le aree, mira a tutelare interessi legittimi, come tutte le norme che riguardano i concorsi pubblici e disciplinano le progressioni in carriera, le quali sono poste a presidio dell’interesse pubblico; del resto, è pacifico che, quanto meno dal 2004, si era comunque manifestata l’impossibilità di portare a termine le selezioni in questione, come già detto tutte tra loro collegate in ragione degli effetti a cascata sui posti disponibili.

Va, altresì, sottolineato che il Ministero non ha potuto espletare le procedure in questione anche causa le plurime sentenze che hanno censurato le determinazioni precedentemente assunte in sede pattizia, evidenziandone l’illegittimità, anche alla stregua di decisioni assunte dalla Corte costituzionale in materia di concorsi interni della P.A. (cfr. Corte Cost. 23 luglio 2002 n. 373).

Conseguentemente, era inibito alla resistente amministrazione dare seguito a progressioni sulle quali, all’esito di vari ricorsi di dipendenti pubblici proposti, tanto al giudice ordinario, quanto al giudice amministrativo, erano intervenute significative pronunce atte a condizionare l’operatività dell’intero impianto della riqualificazione, come originariamente convenuto tra le parti sociali.

D’altra parte, non si può, nella specie, escludere che un danno da perdita di chance, comunque rivendicato dai ricorrenti, sia invece inquadrabile nell’ambito del paradigma di cui all’art. 2043 cod. civ.

Alla stregua dei principi affermati dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. sez. III, n. 13061/2007), ove si configuri una domanda risarcitoria derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, al fine di stabilire se la fattispecie concreta sia o meno riconducibile nello schema normativo delineato dall’art. 2043 c.c. occorre procedere, in via gradata, alle seguenti operazioni: a) accertare la sussistenza dell’evento dannoso; b) stabilire se l’accertato danno sia qualificabile come ingiusto; c) accertare, sotto il profilo causale, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta (positiva o omissiva) della P.A.; d) stabilire se il danno sia imputabile a dolo o colpa dell’Amministrazione.

Sotto il primo profilo, la sussistenza di un evento dannoso per i ricorrenti appare riconosciuta dallo stesso Ministero già nella sede del protocollo d’intesa sottoscritto con le OO.SS. in data 9 novembre 2006, laddove si dà conto che "il personale dell’amministrazione giudiziaria non ha visto realizzate le procedure di riqualificazione che hanno interessato il personale del comparto Ministeri e degli altri dipartimenti del Ministero della Giustizia".

Né rileva l’eccezione dell’amministrazione resistente circa la mancata prova della concreta probabilità, per i ricorrenti, di poter superare il procedimento selettivo in parola.

In proposito, vale ricordare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione precisa che il danno patrimoniale da perdita di "chances" consiste non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione "ex ante" da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito della P. A. ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa anche solo potenziale (Cass., sez. III, 7 ottobre 2010, n. 20808).

Nella specie, i ricorrenti hanno efficacemente sottolineato che tale possibilità di conseguire un risultato favorevole andava ricondotta alla circostanza, resa evidente dagli stessi dati pubblicati dall’Amministrazione della Giustizia, che, per le procedure dell’Area B, a fronte di 28.619 domande di riqualificazione pervenute all’8.7.2002, i posti disponibili erano 15.692, con una percentuale di superamento delle selezioni, quindi, di oltre il 50%, mentre per l’Area C tale rapporto si attestava sull’ inferiore, ma comunque significativo, livello del 32%.

Quanto all’elemento dell’ingiustizia del nocumento patito, anch’esso risulta sussistere, in relazione alla indubbia lesione di un interesse legittimo, connesso a profili di una adeguata organizzazione del personale come individuata dalla fonte regolatrice contrattuale e, quindi, in definitiva, al principio di buon andamento.

Sul nesso causale, facendo applicazione dei generali criteri di causalità adeguata, si osserva che il contegno omissivo tenuto nella realizzazione delle procedure di riqualificazione, che avrebbero interessato anche il personale del distretto di Corte d’appello di Trento, integra la piena riferibilità all’amministrazione dell’evento dannoso; infatti, l’incisione, nell’ambito della sfera giuridica dei ricorrenti, della legittima aspettativa a conseguire un incremento in termini reddituali e nello sviluppo di carriera appare direttamente riconducibile all’omessa attuazione delle selezioni, a nulla rilevando l’obiezione dell’Amministrazione sull’impossibilità di verifica dell’eventuale esito non positivo del percorso formativo. Tutti i ricorrenti, invero, vantavano un’anzianità di servizio atta ad assicurare loro una posizione utile in graduatoria.

Quanto all’elemento soggettivo, invece, esso appare carente.

Dalla cronologia dei fatti esposta sub 2) si evince chiaramente che il ritardo o l’omissione nell’esercizio del potere pubblicistico di organizzare le progressioni verticali non è imputabile all’Amministrazione, in relazione alle complesse vicende giurisdizionali e alle sopravvenute discipline contrattuali sulla materia.

Infatti, l’imputabilità a titolo di colpa non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità dell’azione amministrativa, ma presuppone che l’Amministrazione abbia violato le regole esterne di imparzialità, correttezza e di buon andamento (Cons. Stato, Sez. IV, 7.4.2008 n. 1465); pertanto, va ravvisata la sussistenza di una condotta scusabile da parte della P.A.: da un lato, per l’influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, dall’altro per la formulazione incerta ed i contrasti giurisprudenziali insorti sull’interpretazione di disposizioni contrattali complesse e farraginose.

A tal proposito, la giurisprudenza ha ripetutamente osservato che "le procedure di riqualificazione sono il risultato della contrattazione collettiva e, quindi, le modalità con cui devono essere attuate non sono imputabili unicamente alla pubblica amministrazione" (cfr., in termini, Tribunale Roma, sez. lav. n. 13675/2009).

Dunque, se " le modalita’" sono sottratte alla disponibilità della p.a. e se la procedura è farraginosa, di ciò non può ritenersi responsabile l’amministrazione.

Invero, come emerge dalla sopra esposta cronologia degli eventi, il Ministero, tenuto in base alla contrattazione collettiva all’avvio ed alla definizione delle procedure di riqualificazione del personale, si è trovato ostacolato dal succedersi di discipline contrattuali di rango compartimentale ed integrativo, a loro volta contraddette da svariate decisioni giurisdizionali.

Ora, se il vigente CCNL di comparto, sottoscritto il 14.9.2007, per un verso, ha previsto all’art. 10 che "tutte le procedure per i passaggi all’interno del sistema di classificazione già programmate, concordate o attivate sulla base del precedente CCNL del 16 febbraio 1999…sono portate a compimento, con le modalità di finanziamento previste da tale contratto, secondo i criteri già stabiliti in contrattazione integrativa"; per altro verso, ha introdotto nuove regole per le progressioni dei dipendenti all’interno del nuovo ordinamento professionale.

In particolare, l’art. 12 dispone che "le progressioni tra le aree avvengono dall’area sottostante alla posizione di accesso dell’area superiore nel rispetto dell’art. 11, comma 2 (accesso dall’esterno). Alla selezione sono ammessi i dipendenti in possesso dei requisiti definiti dall’ allegato A, nei limiti della percentuale dei posti vacanti nella dotazione organica destinati all’accesso dall’interno, ai sensi dell’art. 10, comma 3 (nuovo inquadramento), in relazione al profilo per il quale si concorre"; il successivo art 13 stabilisce, a sua volta, che le richiamate progressioni avvengano "nel rispetto dei seguenti principi: a. garanzia dell’accesso dall’esterno nei posti disponibili in ciascun profilo nella misura di cui all’art. 11, comma 2 (accesso dall’esterno); b. valutazione ponderata di tutti i titoli presentati dai candidati, in relazione alle peculiarità professionali che caratterizzano le aree ed i profili cui si riferiscono le selezioni. Ai fini della determinazione del punteggio finale si fa riferimento al titolo di studio, all’esperienza professionale, agli altri titoli culturali e professionali, ai corsi di aggiornamento e di qualificazione professionale ed alle prove selettive finali".

Appare, dunque, evidente che le originarie procedure di riqualificazione, già sospese per le esposte vicende giudiziarie non direttamente imputabili alla volontà ministeriale, risultano definitivamente superate dall’introduzione delle citate nuove norme contrattuali, cui devono ora necessariamente improntarsi le progressioni di carriera del personale del settore giustizia.

Le riportate vicende della contrattazione collettiva escludono, quindi, che l’Amministrazione abbia tenuto una condotta colposamente o dolosamente volta a vanificare le aspettative dei dipendenti in ordine alle suddette riqualificazioni.

4. Per le suesposte considerazioni, la domanda risarcitoria va respinta.

Le spese del giudizio sono compensate fra le parti in causa, avuto riguardo alla particolare complessità giuridica e fattuale della vicenda sopra definita.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 66/2010, lo respinge.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *