Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-08-2011, n. 4599 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La signora W. B. ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Liguria ha dichiarato inammissibili il ricorso e i motivi aggiunti da lei proposti avverso il permesso di costruire rilasciato alla signora M. A. P. e la antecedente variante al P.U.C. del Comune di Genova relativa all’immobile interessato dall’intervento.

A sostegno dell’impugnazione, la appellante ha dedotto l’erroneità delle statuizioni del primo giudice laddove ha ritenuto carente la prova della legittimazione attiva della ricorrente, mentre invece vi erano in atti elementi idonei e sufficienti a dimostrare che ella medesima era effettivamente proprietaria di un immobile limitrofo a quello interessato dall’intervento (circostanza comunque comprovata dal titolo di proprietà depositato contestualmente all’appello).

Di conseguenza, la appellante ha riproposto come segue le censure articolate in prime cure avverso i provvedimenti impugnati:

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, e s.m.i., 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, nr. 1444, e 60, 61 e 62 delle norme di attuazione del P.U.C.; eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento; difetto di istruttoria e/o di motivazione; sviamento di potere (in relazione alla variante urbanistica illegittimamente intesa a modificare la destinazione di un singolo immobile);

2) violazione e/o falsa applicazione delle norme richiamate nel precedente motivo; violazione e/o falsa applicazione del P.T.C.P. e dell’art. 35 delle norme di attuazione; difetto di istruttoria e/o di motivazione (in considerazione del vincolo conservativo imposto dalle ricordate norme urbanistiche sull’immobile de quo e sull’area in cui sorge);

3) eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e/o di motivazione; illogicità e/o contraddittorietà; sviamento di potere (con riferimento alle specifiche motivazioni poste a base della variante);

4) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 della legge regionale 6 giugno 2008, nr. 16, in relazione al d.m. 16 febbraio 1982, nonché al d.m. 20 novembre 1981 e s.m.i.; eccesso di potere per difetto di istruttoria e/o di motivazione (in riferimento alla mancata preventiva acquisizione del nulla osta dei Vigili del Fuoco);

5) violazione dell’art. 22 del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380, e dell’art. 31 della l.r. nr. 16 del 2008; eccesso di potere per falsità dei presupposti; difetto di istruttoria e/o di motivazione; difetto di presupposto (in relazione alla mancata acquisizione di ulteriori pareri obbligatori);

6) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 35 delle norme di attuazione del P.T.C.P. in relazione agli artt. 146 e 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, nr. 42; eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento; difetto di istruttoria; illogicità e/o sviamento (in relazione all’incompatibilità dell’intervento col vincolo paesaggistico insistente sull’area);

7) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61, AS 10, e 63, BB8, in relazione all’art. 13 delle norme di attuazione del P.U.C.; eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e/o di motivazione; illogicità manifesta (con riferimento all’incompatibilità dell’intervento con la destinazione urbanistica dell’area interessata);

8) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31 della l.r. nr. 16 del 2008 e 146 e 159 del d.lgs. nr. 42 del 2004; falsità dei presupposti e/o travisamento; difetto di istruttoria e/o di motivazione; travisamento dei fatti; contraddittorietà (con riferimento al mancato rispetto delle numerose prescrizioni e condizioni imposte durante l’iter istruttorio che ha preceduto il rilascio del titolo edilizio);

9) violazione dell’art. 22 del d.P.R. nr. 380 del 2001 e dell’art. 31 della l.r. nr. 16 del 2008; falsità dei presupposti e/o travisamento; difetto di istruttoria e/o di motivazione (con riferimento alla violazione dei vincoli privatistici esistenti).

Il Comune di Genova si è costituito opponendosi all’accoglimento dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza impugnata, anche alla luce dell’eccepita inammissibilità delle nuove produzioni in appello volte a comprovare la legittimazione attiva dell’istante; altrettanto ha fatto, con articolate argomentazioni, l’appellata sig.ra M. A. P..

Alla camera di consiglio del 19 aprile 2011, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

Successivamente, le parti hanno replicato con ulteriori memorie agli argomenti rispettivamente svolti ex adverso.

All’udienza del 12 luglio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. L’odierna appellante, signora W. B., nella qualità di proprietaria di un immobile sito in Genova e denominato "Villa Campostano", ha impugnato dinanzi al T.A.R. della Liguria gli atti relativi a un intervento edilizio, comprendente demolizione e ricostruzione dell’edificio e realizzazione di un’autorimessa interrata, assentito dal Comune su un immobile limitrofo appartenente alla signora M. A. P..

Più specificamente, in prime cure sono stati censurati sia il permesso di costruire, sia la precedente variante urbanistica con la quale la destinazione dell’immobile, poi interessato dall’intervento, è stata modificata da zona AS a zona BB.

Il giudice adito, con la sentenza qui impugnata, ha, però, dichiarato inammissibile il ricorso con i successivi motivi aggiunti, accogliendo l’eccezione di controparte in ordine alla mancanza di prova della legittimazione ad causam della parte istante.

2. Tanto premesso, l’appello va respinto in quanto, pur essendo fondato il motivo di gravame articolato in via principale avverso la declaratoria di inammissibilità, le doglianze formulate in primo grado risultano infondate nel merito.

3. Con riguardo al primo dei profili innanzi richiamati, la parte appellante articola le proprie censure al decisum di prime cure sulla base di un duplice ordine di rilievi:

– vi erano agli atti di causa plurimi elementi indiziari – in particolare con riguardo all’intervento spiegato dall’odierna appellante, con esposti e richieste, presso il Comune di Genova durante l’iter istruttorio degli atti impugnati, senza che nessuno mai ne contestasse la qualità di proprietaria confinante – che deponevano in modo inequivoco per la sussistenza della legittimazione attiva;

– in ogni caso, la predetta qualità è comprovata al di là di ogni dubbio dal titolo di proprietà depositato unitamente all’appello.

Quanto a quest’ultimo punto, le parti appellate hanno eccepito l’inammissibilità della nuova produzione documentale ai sensi dell’art. 104, comma 2, cod. proc. amm., richiamando il più recente orientamento giurisprudenziale secondo cui il divieto di jus novorum in appello si estende anche ai documenti, e pertanto va escluso che possa essere fornita per la prima volta in appello la prova della legittimazione attiva del ricorrente, salva la sola ipotesi in cui questa sia contestata per la prima volta solo in sede di appello (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2010, nr. 8705; Cons. Stato, sez. IV, 12 ottobre 2010, nr. 7400; Cons. Stato, sez. VI, 18 agosto 2010, nr. 5877; Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, nr. 4004).

In contrario, la appellante richiama l’altrettanto pacifico indirizzo in ordine all’alternatività dei presupposti (impossibilità di produzione in primo grado o indispensabilità ai fini del decidere), oggi richiamati dal citato art. 104 cod. proc. amm., per la deroga al divieto di nova in appello (cfr. Cass. civ., sez. un., 20 aprile 2005, nr. 8203; Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2011, nr. 2738; id., 29 ottobre 2008, nr. 5409; id., 6 giugno 2008, nr. 2718; Cons. Stato, sez. V, 7 maggio 2008, nr. 2080; Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2007, nr. 2951; id., 14 aprile 2006, nr. 2107; Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2006, nr. 1122; Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2005, nr. 7343), sottolineando come certamente il documento oggi prodotto sia decisivo al fine di ribaltare le conclusioni raggiunte dal primo giudice in ordine alla carenza di legittimazione ad causam.

Ciò premesso la Sezione ritiene che, se certamente in via di principio la prova della legittimazione attiva incombe sulla parte ricorrente qualora detta legittimazione sia contestata ex adverso, e se è vero che – sempre in via di principio – il giudice non può supplire con propria attività officiosa alla mancata prova della parte istante, nel caso che occupa è indubbio che nella documentazione in atti sussistevano elementi idonei a fornire quanto meno un principio di prova dell’effettiva sussistenza della qualità di proprietaria dell’immobile "Villa Campostano", attiguo a quello per cui è causa, sulla cui base la ricorrente aveva avviato la propria iniziativa giudiziale.

Infatti, risulta per tabulas che l’odierna appellante prima del rilascio del permesso di costruire impugnato aveva interloquito con l’Amministrazione comunale, qualificandosi proprietaria dell’immobile confinante, e che tale qualità era stata espressamente riconosciuta non solo dal Comune, ma dalla stessa richiedente il provvedimento concessorio (che delle doglianze de quibus era stata informata, provvedendo di conseguenza a modificare parzialmente il progetto proprio al fine di arrecare minor disagio all’accesso alla Villa Campostano); a tali elementi l’istante si era richiamata per replicare all’eccezione di difetto di legittimazione attiva, mediante la quale per la prima volta solo in sede processuale era stata posta in dubbio la suindicata qualità.

Di conseguenza, qualora il primo giudice avesse ritenuto insufficienti gli elementi in questione, ben avrebbe potuto sollecitare un’integrazione documentale in modo da consentire alla parte ricorrente di sciogliere il dubbio, rendendo chiaro una volta per tutte se il titolo di proprietà effettivamente esisteva ovvero, al contrario, se la partecipazione procedimentale dell’istante si fosse interamente basata su un equivoco o su un abuso da parte di un quisque de populo.

È quest’ultimo rilievo, ad avviso della Sezione, a rendere chiaramente ammissibile nella presente sede d’appello la produzione del titolo di proprietà in questione, e pertanto a far concludere per la sussistenza della legittimazione ad causam.

4. Quanto sopra comporta la necessità di esaminare nel merito le censure articolate in primo grado dalla istante, qui riproposte col presente appello, le quali, però – come già detto -, risultano infondate e vanno pertanto respinte.

4.1. Innanzi tutto, con riguardo all’asserita illegittimità di una variante "puntuale", avente ad oggetto il solo edificio poi interessato dal successivo permesso di costruire, va innanzi tutto rilevato che in passato la Sezione si è espressa nel senso che una variante urbanistica di questo tipo non è sic et simpliciter vietata, dovendo verificarsi se l’intervento modificativo su una singola particella o su un singolo immobile sia comunque frutto di un esame della situazione urbanistica complessiva della zona che dimostri la necessità dell’intervento in variante, non potendo derogarsi al principio per cui la programmazione urbanistica deve tendere ad una cura integrale del territorio comunale attraverso previsioni che favoriscano una sistemazione omogenea del territorio, unita a uno sviluppo ordinato ed armonico di questo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 giugno 2006, nr. 3466).

Nel caso di specie, risulta che l’intervento in variante sull’immobile in proprietà della sig.ra Pronzati fu adottato con una delibera consiliare (nr. 10 del 2006: v. nr. 1 del deposito di parte ricorrente in primo grado in data 21 giugno 2007), nella quale era contenuta una molteplicità di modifiche su singole, e anche alquanto circoscritte, porzioni del territorio già normato dal P.U.C., in conseguenza di un’istruttoria globale e unitaria che aveva indotto nell’Amministrazione il proposito non solo di correggere "errori" della precedente pianificazione, ma anche di ovviare ad "altre situazioni" sopravvenute: di modo che resta sfornito di adeguata dimostrazione l’assunto di parte istante, secondo cui la variante sarebbe stata indotta dall’unica finalità di rendere possibile il successivo intervento edilizio, e sarebbe pertanto svincolata da qualsiasi considerazione delle esigenze del territorio.

Inoltre, in disparte l’assunto dell’appellata sig.ra Pronzato secondo cui l’intervento edilizio di demolizione e ricostruzione sarebbe stato ammissibile anche nel vigore della previgente destinazione a zona AS, allorché si trattasse di ovviare a fenomeni di dissesto (come si sostiene essere nella specie), non risulta contestato ex adverso che l’immobile in proprietà Pronzati sorgeva in area, ancorché a destinazione AS, confinante con la zona BB, sicché la variante si è sostanzialmente concretizzata in un ampliamento dell’estensione di quest’ultima.

4.2. Del pari priva di pregio è la doglianza con cui si denuncia l’inammissibilità della variante alla stregua della rilevanza paesaggistica dell’area de qua come riveniente dal Piano Territoriale Paesistico di Nervi – S. Ilario del 1953, poi trasfuso nel Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico (P.T.C.P.) approvato dalla Regione nel 1990.

Tale censura – indipendentemente da quanto appresso meglio si dirà in ordine all’autorizzazione paesaggistica nella specie rilasciata contestualmente al permesso di costruire, e tenuto conto dell’inesistenza di vincoli di carattere storico o monumentale sullo specifico fabbricato (del quale, pure, non è contestata la risalenza agli anni Trenta del secolo scorso) – appare formulata in termini generici e apodittici, non essendo spiegato in alcun modo il perché la limitata tutela paesaggistica riveniente dall’inserimento della zona nei suindicati piani paesistici andrebbe ritenuta assolutamente incompatibile con una destinazione diversa da quella AS previgente.

In realtà, come dimostrato proprio dall’iter istruttorio che ha preceduto l’intervento edilizio per cui è causa, il persistere di vincoli paesaggistici sull’area comportava unicamente la necessità che ogni provvedimento abilitativo fosse preceduto da una specifica autorizzazione paesaggistica, in modo da tener conto delle esigenze di salvaguardia e tutela imposte dalla disciplina regionale richiamata da parte appellante.

4.3. Quanto all’ulteriore censura in ordine alla mancata previa acquisizione del nulla osta dei Vigili del Fuoco, è sufficiente richiamare – come correttamente fatto dall’appellata – il pregresso indirizzo della Sezione circa il carattere non condizionante del predetto parere, che non costituisce un atto presupposto del permesso di costruire, con la conseguenza che la legittimità e l’efficacia di quest’ultimo non sono subordinate alla previa acquisizione di detto parere (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, nr. 549).

4.4. Destituita di fondamento è anche la doglianza inerente alla mancata acquisizione di taluni necessari pareri istruttori ed al mancato rispetto di prescrizioni e condizioni apposte ad alcuni di essi.

Quanto al primo aspetto, parte appellante lamenta che, essendosi proceduto a modifiche del progetto dopo l’acquisizione dei pareri istruttori, non sarebbero stati quindi rinnovati i detti passaggi istruttori (fra gli altri, presso la A.S.L. territorialmente competente e il Consiglio di Circoscrizione): tuttavia, non sono in alcun modo spiegate le ragioni tecniche che avrebbero reso necessaria, in relazione alle variazioni progettuali intervenute, una nuova espressione di tutti i pareri da parte degli organi e uffici già intervenuti, e in particolare di quelli di cui si lamenta l’omissione.

Con riguardo alle prescrizioni e condizioni impartite durante l’iter istruttorio, è agevole replicare – premesso che ad esse si fa integrale rinvio nella motivazione del permesso di costruire – che le stesse attengono alla fase esecutiva dell’intervento, e pertanto non ne possono condizionare la legittimità.

4.5. Miglior sorte non merita l’ulteriore motivo di impugnazione con cui si lamenta l’incompatibilità dell’intervento assentito con i già segnalati vincoli paesaggistici insistenti sull’area interessata.

Al riguardo, si può prescindere dall’eccezione di parte appellata secondo cui non sarebbe stata specificamente impugnata l’autorizzazione paesaggistica (rilasciata dal Comune contestualmente al permesso di costruire), in quanto, alla luce dei noti limiti alla sindacabilità giurisdizionale delle valutazioni di compatibilità compiute dalle Autorità preposte in subiecta materia, non sono favorevolmente apprezzabili le censure di illegittimità svolte – in modo invero alquanto generico – dalla parte istante.

Sul punto, è sufficiente rilevare:

a) che l’art. 35 delle norme di attuazione del P.T.C.P., invocato dall’odierna appellante, non impone sull’area un vincolo preclusivo di qualsiasi intervento modificativo del territorio, limitandosi a rappresentare l’esigenza di conservare le testimonianze storiche e paesaggistiche esistenti in loco;

b) che a tale esigenza, nella specie, si è venuti incontro tramite le prescrizioni e condizioni apposte al provvedimento abilitativo, anche sulla scorta di una dettagliata relazione prodotta dalla parte istante, con valutazioni che risultano prima facie immuni da macroscopici profili di erroneità o irragionevolezza.

4.6. Quanto poi alla compatibilità dell’intervento con la disciplina urbanistica insistente sull’area, anche le doglianze al riguardo sollevate risultano inconsistenti.

E difatti, detto della legittimità della variante urbanistica che ha preceduto il permesso di costruire (e, quindi, della sicura compatibilità della demolizione e ricostruzione dell’edificio con la nuova destinazione a zona BB), anche la realizzazione dell’autorimessa interrata, alla stregua del pregresso indirizzo espresso da questa Sezione in casi analoghi (cfr. le sentenze nn. 4450 del 9 luglio 2010 e 4427 del 15 luglio 2009), non era preclusa dalla destinazione a zona AS impressa al soprastante parco e, più in generale, all’area di sedime circostante l’edificio.

Né risultano accoglibili le censure relative all’inadeguatezza del S.O.I. che ha accompagnato la richiesta di autorizzazione paesaggistica, essendo documentata in atti la non veridicità di quanto sostenuto in ricorso circa la carenza di una dettagliata relazione illustrativa a corredo delle tavole progettuali (v. doc. nr. 5 delle produzioni di primo grado dell’appellata sig.ra Pronzati).

4.7. Infine, con riguardo alla prospettata lesione dei diritti dominicali dell’odierna appellante, quale proprietaria dell’immobile limitrofo, è sufficiente rilevare che tali doglianze – a parte la loro vaghezza e genericità – non investono la legittimità del permesso di costruire (il quale, come tutti i titoli ad aedificandum, è sempre rilasciato con salvezza dei diritti dei terzi), ed attengono pertanto ad una mera controversia tra privati confinanti, la cui cognizione se del caso spetta al giudice ordinario.

5. Alla luce del complesso dei rilievi fin qui svolti, s’impone la reiezione nel merito del ricorso di primo grado, e pertanto la reiezione dell’appello.

6. La peculiarità delle statuizioni adottate, che presuppongono comunque una parziale riforma delle conclusioni del primo giudice, giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, per le ragioni e nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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