Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-08-2011, n. 4597 Comunicazione, notifica o pubblicazione del provvedimento lesivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 10839 del 2010, N. S. e V. S. propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione seconda,, n. 13087 del 3 dicembre 2010 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Santa Marina e la Provincia di Salerno per l’annullamento, con l’atto introduttivo del giudizio: 1) della comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 11 d. P. R. 327/01 – prot. 3047 del 18.03.08; 2) della deliberazione di G. M., n. 58 del 13.09.07; 3) della deliberazione di G. M., n. 73 del 15.10.07; 4) della deliberazione di G. M., n. 104 del 15.11.07; 5) della determina n. 700 R. G. del 12.12.07, a firma del funzionario responsabile arch. A. B.; 6) della deliberazione di G. M., n. 11 del 31.01.08; 7) della deliberazione di G. M., n. 61 del 17.04.08; 8) del progetto preliminare redatto dall’arch. M. G., dell’11.11.08, con relazione tecnica e computo metrico; 9) del progetto preliminare contenente planimetria generale di progetto, planimetria aree e piano parcellare d’esproprio; 10) d’ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale; nonché, con il primo atto di motivi aggiunti, della deliberazione di Consiglio Comunale, n. 7 del 4.06.08 (pubblicata il 13.06.08), avente ad oggetto: "Lavori di realizzazione parcheggi e aree attrezzate nel centro storico di Policastro Bussentino. Approvazione progetto definitivo"; d’ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale, comunque lesivo per i ricorrenti; nonché, con il secondo atto di motivi aggiunti: della deliberazione di Consiglio Comunale, n. 20 del 3.09.09 (mai notificata e richiamata nella nota indirizzata ai ricorrenti, a firma del responsabile del procedimento, del 21.09.09 prot. 8396, che pure s’impugna), avente ad oggetto la presa d’atto dell’avvenuta approvazione da parte della Provincia di Salerno del progetto definitivo in variante al P. R. G. dei lavori di realizzazione parcheggi ed aree attrezzate nel centro storico di Policastro Bussentino; d’ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale, comunque lesivo per i ricorrenti (ivi inclusi tutti quelli già impugnati) e, in particolare, del decreto del Presidente della Provincia di Salerno n. 52 del 26.06.09, recante l’approvazione della variante al P. R. G. vigente nel Comune di Santa Marina, finalizzata ai lavori di realizzazione parcheggi ed aree attrezzate nel centro storico di Policastro Bussentino, di cui al progetto definitivo, approvato con deliberazione del C. C. di Santa Marina, n. 7 del 4.06.08, e della deliberazione della Giunta Provinciale, n. 277 del 22.05.09, d’assenso alla variante al P. R. G. per cui è causa; nonché, con il terzo atto di motivi aggiunti: del decreto dell’11.12.09 n. 10725, con il quale il responsabile dell’area tecnica del Comune di Santa Marina ha disposto l’esproprio dell’immobile, di proprietà dei ricorrenti; d’ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale, ivi inclusa la nota di notifica di detto decreto, di pari data, che indica la data del 21.12.09, ore 11.00, per lo svolgimento delle operazioni d’immissione in possesso.

Nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado si faceva presente che, in data 18.03.08, era stato notificato a S. N., quale proprietario dell’area, distinta in catasto con la particella n. 529 del fol. 29 (ex 268), sita nel Comune di Santa Marina – frazione Policastro Bussentino, una comunicazione d’avvio del procedimento, preordinato all’esproprio in vista della realizzazione di parcheggi, nel centro storico di Policastro Bussentino, e che su detta area insistevano, da oltre quaranta anni, due capannoni per la custodia e la vendita di materiale per costruzioni, attività gestita da lungo tempo dall’altro ricorrente, S. V.; tanto premesso, avverso gli atti, specificati in epigrafe, i ricorrenti articolavano le seguenti censure:

1) Difetto, nel P. R. G., del vincolo preordinato all’esproprio; IIncompetenza dell’organo: l’area da espropriare ricadeva in zona E – sottozona E4 – del vigente P. R. G., destinata a verde privato, e pertanto non assoggettabile a vincolo espropriativo, se non attraverso una variante allo strumento urbanistico, da adottarsi a cura del Consiglio Comunale, previa rituale comunicazione agli interessati;

2) Violazione dell’art. 11 del d. P. R. 327/2001: prima di procedere all’imposizione del vincolo, nel caso di una variante al P. R. G., l’Amministrazione avrebbe dovuto, ai sensi della disposizione di legge indicata, dare preventiva comunicazione al proprietario dell’avvio del relativo procedimento, venti giorni prima della deliberazione consiliare;

3) Omessa considerazione della posizione del privato; VViolazione delle norme di attuazione del piano. Contrasto con precedente provvedimento giurisdizionale: l’art. 24 delle N. T. A. al P. R. G. prevedeva la conservazione dei manufatti esistenti, onde l’area non poteva essere destinata a parcheggio; e che si trattasse di costruzioni ivi esistenti da lungo tempo, era dimostrato anche da precedente ordinanza di questo Tribunale, confermata in Consiglio di Stato;

4) Sviamento; Violazione dell’obbligo del "clare loqui"; Errore sui presupposti; Carenza d’istruttoria; Violazione del finanziamento regionale: l’iniziativa "ipotizzata sulla proprietà dei ricorrenti" non aveva alcun collegamento con la procedura, avviata dal Comune per l’utilizzazione a parcheggio dei fondi regionali, di cui alla l. r. n. 51/78 (essendo piuttosto "funzionale alla sistemazione a verde pubblico" dell’area medesima).

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione Comunale di Santa Marina, con memoria in cui denunziava l’irrilevanza dei motivi di ricorso, in quanto diretti a censurare la mancanza di un vincolo preordinato all’esproprio, laddove la comunicazione d’avvio del procedimento espropriativo, effettuata ex art. 11 d. P. R. 327/2001, era proprio finalizzata all’apposizione di un vincolo di tale natura, attraverso l’approvazione di una variante "semplificata", ex art. 19 dello stesso d. P. R.; e segnalava che l’area, di proprietà dei ricorrenti, non sarebbe stata destinata alla realizzazione di parcheggi, bensì a verde attrezzato.

Con ordinanza, emessa all’esito dell’udienza camerale del 29.05.08, il T.A.R. respingeva la domanda incidentale, di sospensione dei provvedimenti gravati, presentata dai ricorrenti.

Nel primo atto di motivi aggiunti gli stessi ricorrenti impugnavano la delibera consiliare, d’approvazione del progetto definitivo dei lavori in oggetto, avverso la quale esponevano le seguenti doglianze:

1) Violazione dei principi e delle regole che disciplinano la partecipazione in materia ablatoria (artt. 1 e 16 d. P. R. 327/2001, nonché artt. 7 e ss. l. 241/90); Violazione del giusto procedimento: il Comune avrebbe – pur formalmente rispettandola nella forma – disatteso, nella sostanza, le norme sulla partecipazione al procedimento espropriativo, essendosi "aperto" alla partecipazione del privato, allorquando la decisione di imporre un vincolo di tale natura era già stata "isolatamente assunta (peraltro da organo incompetente) con la deliberazione di Giunta Comunale n. 11/08", d’approvazione del progetto preliminare dell’opera, recante anche il piano parcellare d’esproprio; i ricorrenti lamentavano, in sostanza, di non essere stati notiziati dell’avvio del procedimento, teso all’approvazione del progetto preliminare;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d. P. R. 327/2001, in comb. disp. con l’art. 24 l. r. 16/04: secondo i ricorrenti, il Comune di Santa Marina si sarebbe "frettolosamente preoccupato di approvare in consiglio la variante preordinata all’imposizione del vincolo espropriativo, in assoluto spregio del procedimento di pianificazione tracciato dalla legge regionale, in ipotesi vincolante giusto il disposto del comma 6 dell’art. 9 del d. P. R. 327/2001";

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 93 del d. l.vo 163/06: i ricorrenti denunziavano la "strumentale approvazione" del progetto definitivo, onde beneficiare degli effetti, ex art. 19 d. P. R. 327/2001, senza che lo stesso differisse, tuttavia, dal progetto preliminare, precedentemente approvato, con conseguente violazione della norma richiamata, disciplinante i tre livelli della progettazione (preliminare, definitivo ed esecutivo);

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 128 d. l.vo 163/06: il progetto in questione, inoltre, non sarebbe stato inserito nella programmazione (annuale e triennale), debitamente approvata dal Consiglio Comunale, presupposto essenziale della dichiarazione di pubblica utilità;

5) Omessa considerazione della posizione dei ricorrenti; Carenza d’istruttoria; Difetto di motivazione e di giustificazione; Carenza d’interesse pubblico; Contrasto con precedente provvedimento giurisdizionale: la deliberazione impugnata, inoltre, mancava di congrua motivazione, circa la necessità della variante allo strumento urbanistico vigente, finendo con l’ignorare del tutto la posizione dei ricorrenti, i quali, sull’area in questione, svolgevano da oltre cinquanta anni la loro attività lavorativa, e ciò, nonostante che gli stessi avessero debitamente rappresentato tale situazione, in sede procedimentale, con memoria del 17.04.98;

6) Violazione del finanziamento regionale: era ribadita la censura, già svolta nel ricorso introduttivo, secondo cui – data la destinazione a verde attrezzato della proprietà dei ricorrenti – sarebbe stata violata la destinazione a parcheggi, propria del finanziamento regionale;

7) Nullità ed illegittimità dell’atto impugnato, per mancanza di un elemento essenziale: la deliberazione impugnata sarebbe stata nulla, per mancata indicazione del numero dei consiglieri votanti e dei voti favorevoli espressi;

8) Sviamento: l’operato del Comune si sarebbe qualificato come "oggettivamente vessatorio nei confronti di un qualificato esponente della minoranza consiliare".

Seguiva la produzione, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore atto di motivi aggiunti, diretto avverso gli atti specificati in epigrafe, gravati per i seguenti ulteriori motivi:

1) Violazione dei principi e delle regole che disciplinano la partecipazione, in materia ablatoria (artt. 1 e 16 d. P. R. 327/2001, nonché artt. 7 e ss. l. 241/90); Violazione del giusto procedimento: era sostanzialmente ribadita la corrispondente censura, esposta – sub 1) – nel primo atto di motivi aggiunti;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d. P. R. 327/2001, in comb. disp. con l’art. 24 l. r. 16/04: era sostanzialmente ribadita la corrispondente censura, esposta – sub 2) – nel primo atto di motivi aggiunti, confermata, ad avviso dei ricorrenti, dalla circostanza che il decreto della Provincia, d’approvazione della variante, dava atto di una serie di pareri favorevoli, espressi circa la medesima, in data successiva alla sua adozione, laddove invece nella legge regionale non erano previsti "interventi postumi nella fase di approvazione provinciale";

3) Ancora, violazione della l. r. 16/04: era denunziata la mancanza, negli elaborati relativi alla variante, sia degli atti, relativi alla prevenzione dell’inquinamento acustico (art. 46 l. r.), sia della valutazione ambientale, prescritta dall’art. 47 della stessa l. r., la cui assenza non poteva ritenersi superata, per effetto delle considerazioni, svolte nel decreto del Presidente della Provincia, n. 52/09;

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 93 d. l.vo 163/06: era sostanzialmente ribadita la corrispondente censura, esposta – sub 3) – nel primo atto di motivi aggiunti;

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 128 d. l.vo 163/06: era sostanzialmente ribadita la corrispondente censura, esposta – sub 4) – nel primo atto di motivi aggiunti;

6) Omessa considerazione della posizione dei ricorrenti; Carenza d’istruttoria; Difetto di motivazione e di giustificazione; Carenza d’interesse pubblico; Contrasto con precedenti provvedimenti giurisdizionali: era sostanzialmente ribadita la corrispondente censura, esposta – sub 5) – nel primo atto di motivi aggiunti;

7) Violazione del finanziamento regionale: era sostanzialmente ribadita la corrispondente censura, esposta – sub 6) – nel primo atto di motivi aggiunti, ed era altresì lamentata, da parte dei ricorrenti, "l’assoluta inadeguatezza dell’indennità provvisoria, comunicata con la nota del 21.09.09",

8) Sviamento – Nullità/Illegittimità (per mancanza) di un elemento essenziale del deliberato: erano sostanzialmente ribadite le corrispondenti censure, esposte – sub 7) e 8) – nel primo atto di motivi aggiunti;

9) Violazione delle regole e dei principi in materia di rilascio del permesso di costruire: era posta in risalto "l’illegittimità dell’assunto", contenuto nella delibera consiliare n. 20/09, secondo cui l’approvazione del progetto definitivo dell’opera costituiva permesso di costruire, "in assenza della disponibilità dell’area in capo all’ente locale, che rende l’asserito permesso di costruire, all’evidenza, contra ius";

10) Violazione dell’art. 17 del d. P. R. 327/01: la norma richiamata avrebbe avuto riguardo, secondo i ricorrenti, alla sola dichiarazione di p. u., e nulla poteva dire, circa l’urgenza e l’indifferibilità dei lavori.

I ricorrenti producevano, quindi, un terzo atto di motivi aggiunti, rivolto avverso il decreto d’esproprio del terreno "de quo", fondato – quanto ai motivi rubricati da 1) a 10) – sulle medesime censure, già esposte relativamente al secondo gravame aggiuntivo, che s’abbiano quindi per integralmente richiamate in questa sede; quanto poi al motivo, rubricato sub 11), si trattava del seguente:

11) Violazione degli artt. 20 comma 14 e 23 comma 1 T. U. 327/01: i ricorrenti lamentavano che, nel decreto d’esproprio, non fosse stato specificato che l’indennità, offerta e non accettata, era stata depositata, presso la Cassa Depositi e Prestiti.

In data 11.01.2010 era prodotta, nell’interesse dei ricorrenti, una relazione, tecnico – amministrativa, a firma dell’ing. D’Anna, seguita dalla produzione, in data 14.01.10, d’ulteriore documentazione.

Con memoria, depositata il 12.01.10, la difesa dell’Amministrazione Comunale aveva intanto, "in primis", contestato, in punto di fatto, l’asserzione di parte ricorrente, secondo la quale sull’area espropriata veniva esercitata un’attività commerciale (la quale era, invece, ubicata altrove, mentre sulla stessa area si sarebbe trovato soltanto un deposito abusivo); nel merito, concludeva per l’infondatezza del ricorso, mercé la confutazione, punto per punto, delle censure, esposte nell’atto introduttivo del giudizio e nei motivi aggiunti.

In data 14.01.2010 interveniva nel presente giudizio, "ad adiuvandum", Tagliaferri Antonietta, proprietaria di terreni interessati dalla procedura ablativa in questione, nonché destinataria del relativo decreto d’esproprio, che concludeva per l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.

Con ordinanza, resa all’udienza in camera di consiglio del 14 gennaio 2010, il T.A.R., ravvisata l’emergenza di un irreparabile pregiudizio, derivante dall’esecuzione dell’impugnato decreto d’esproprio, accoglieva, sino alla decisione di merito, la domanda cautelare, articolata da parte ricorrente, nell’ultimo gravame aggiuntivo.

Nell’imminenza del passaggio in decisione del ricorso, entrambe le parti costituite depositavano scritti difensivi riepilogativi.

All’udienza pubblica del 10.06.2010, il ricorso era trattenuto a sentenza e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure, ricostruendo l’iter amministrativo ed evidenziando la correttezza del comportamento della parte resistente.

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’erroneità della sentenza, fornendo una diversa lettura in fatto ed in diritto della vicenda sottoposta a scrutinio e riproponendo le censure avanzate in primo grado.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Santa Marina, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 25 gennaio 2011, dopo l’emissione del decreto presidenziale n. 5908/2010 del 31 dicembre 2010, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 276/2011.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, viene lamentata l’erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo. In concreto, si evidenzia come nell’atto di ricorso fossero indicati altri provvedimenti, parimenti gravati, dai quali doveva evincersi la pregressa volontà dell’amministrazione di procedere all’azione espropriativa, in tal modo rendendo del tutto ammissibile l’azione proposta.

2.1. – La censura va respinta.

Come bene evidenziato in prime cure, il ricorso introduttivo era rivolto all’impugnativa della comunicazione di avvio di procedimento, ex art. 11 d. P. R. 327/01, e quindi avverso un atto pacificamente ritenuto privo di qualsivoglia efficacia lesiva. La circostanza che questo si colleghi ad altri provvedimenti, dai quali poteva evincersi il detto intento del Comune (che, per inciso, non è di per sé illegittimo, quando espressione del corretto esercizio della cura dell’interesse pubblico di cui l’ente è attributario), non esime dalla valutazione in concreto dalla loro effettiva lesività, effetto questo che è invece mancato.

La decisione del T.A.R. è quindi del tutto condivisibile.

3. – Con il secondo motivo di appello, si deduce violazione delle regole e dei principi che disciplinano la partecipazione, con particolare riguardo ai procedimenti ablatori e violazione del giusto procedimento. In particolare, si afferma che il T.A.R. avrebbe ignorato la circostanza che la volontà espropriativa del Comune fosse già chiaramente evincibile dagli atti gravati, e che quindi l’effettiva partecipazione al procedimento doveva essere garantita anche in quelle fasi.

3.1. – La doglianza non ha pregio.

Non è condivisibile la ricostruzione operata dalla difesa appellante secondo la quale il Comune, pur formalmente rispettandola nella forma, avrebbe in sostanza disatteso le norme sulla partecipazione al procedimento espropriativo, avendola consentita solo successivamente alla decisione di giunta comunale n. 11/08, di approvazione del progetto preliminare dell’opera, recante anche il piano parcellare d’esproprio.

Va infatti ricordato che è assolutamente pacifico in giurisprudenza l’orientamento per cui la comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, non è necessaria nel caso di approvazione del progetto preliminare di un’opera pubblica, ma occorre nel caso in cui sia stato approvato il progetto definitivo, dal quale implicitamente deriva anche la dichiarazione di pubblica utilità.

Tale articolazione della partecipazione non è scalfita dalla circostanza che, nel caso in specie, la progettazione preliminare fosse assistita da un impianto documentale di maggior spessore, atteso che il diritto alla partecipazione è collegato agli effetti dell’atto, e non al suo sostrato istruttorio.

4. – Con il terzo motivo di ricorso, gli appellanti si dolgono dell’erronea interpretazione della disciplina applicabile alla variante semplificata; violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 327 del 2002 in combinato disposto con l’art. 24 della L.R. n. 16 del 2004. Nel dettaglio, il T.A.R. avrebbe omesso di considerare le conseguenze procedimentali derivantie dal necessario coordinamento tra la normativa nazionale e quella regionale vigente in materia.

4.1. – Il motivo non ha fondamento.

Il giudice di prime cure ha correttamente ricostruito i rapporti tra i diversi livelli normativi, evidenziando come nella fattispecie il Comune abbia seguito la procedura, ex art. 19 d. P. R. 327/01, di variante semplificata allo strumento urbanistico, applicabile nel caso di realizzazione di una singola opera pubblica. Tale norma, al primo comma, prevede che "quando l’opera da realizzare non risulta conforme alle previsioni urbanistiche, la variante al piano regolatore può essere disposta con le forme di cui all’articolo 10, comma 1, ovvero con le modalità di cui ai commi seguenti" (quelle relative all’approvazione del progetto preliminare o definitivo, da parte del consiglio comunale, la quale costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico: comma 2 dell’art. 19 d. P. R. cit.).

La supposta integrazione tra i vari livelli normativi non è quindi condivisibile se si pone mente al contenuto della disciplina regionale sulla pianificazione urbanistica, di cui all’art. 24 della L.R. n. 16/04. Infatti, ponendo a confronto l’art. 9 (Vincoli derivanti da piani urbanistici) e l’art. 10 (Vincoli derivanti da atti diversi dai piani urbanistici generali) del T. U. Espr. (che prevede che "il vincolo può essere altresì disposto, dandosene espressamente atto, con il ricorso alla variante semplificata al piano urbanistico da realizzare, anche su richiesta dell’interessato, con le modalità e secondo le procedure di cui all’articolo 19, commi 2 e seguenti"), il giudice di prime cure ha evidenziato come la clausola generale di chiusura ("Salvo quanto previsto dal comma 5, nulla è innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e sulla approvazione degli strumenti urbanistici") sia riferibile proprio ai vincoli, derivanti da piani urbanistici generali e relative varianti, e quindi alla fattispecie in esame che, per tale motivo, viene esclusa dal supposto meccanismo di integrazione tra i diversi piani normativi.

5. – Con il quarto motivo di appello, viene evidenziata ancora l’erronea interpretazione delle disciplina urbanistica e violazione della L.R. n. 16 del 2004. Viene cioè lamentata la carenza istruttoria, mancando agli atti gli elaborati attinenti la prevenzione dell’inquinamento acustico e la valutazione ambientale.

5.1. – La censura deve essere respinta.

Come sottolineato dal giudice di prime cure, la censura si era dimostrata dapprima del tutto generica, non indicando quali elaborati, tra quelli propri della progettazione definitiva, sarebbero concretamente mancati, nella specie.

A seguito della ulteriore specificazione, a seguitotramite della proposizione di motivi aggiunti, il T.A.R. ha potuto evidenziare come i detti documenti non dovessero essere allegati agli atti gravati.

Infatti, stante la natura di variante semplificata, i detti allegati tecnici non erano previsti, in quanto: il piano di zonizzazione acustica (di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447), è incluso, ai sensi dell’art. 46 della l. r. Campania n. 16/2004, "tra gli elaborati tecnici allegati al Puc" (non quindi tra quelli, allegati ad una variante puntuale e specifica, come quella in esame); la valutazione ambientale, è elemento istruttorio di accompagnamento, ex art. 47 della stessa legge regionale, ai "piani territoriali di settore" e ai "piani urbanistici" (non quindi ad una variante semplificata).

Si tratta quindi di documentazione non pertinente alla tipologia di atto qui in esame.

6. – Con il quinto motivo di ricorso, gli appellanti evidenziano la violazione e falsa applicazione dell’art. 93 del D.Lgs. n. 163 del 2006. In particolare si sottolinea come, tra progettazione preliminare e definitiva, non vi sia stato quel grado di maggior approfondimento che è imposto dalla normativa vigente.

6.1. – La doglianza non può essere condivisa.

La disciplina dei diversi livelli di progettazione impone oneri istruttori e partecipativi articolati e analiticamente indicati, talchèé ad ogni tipologia corrisponde un onere motivazionale diverso. Tali oneri sono indicati dalla legge in relazione alla funzione e non in rapporto al precedente livello di progettazione, per cui la circostanza che, nel caso in esame, il livello inferiore di progettazione preliminare sia stato redatto con maggiore pregnanza di quanto previsto normativamente non può certamente condurre all’imposizione di adempimenti istruttori ulteriori, nel superiore livello di progettazione definitiva, di quelli legislativamente indicati.

Il contenuto dei diversi momenti dell’azione amministrativa è determinato dalla legge in senso assoluto, e non mira a garantire un rapporto relativo di successivo approfondimento, quanto il complessivo risultato del raggiungimento di una progettazione accurata ed esaustiva.

La censura appare quindi del tutto distonica rispetto alla ratio stessa della legislazione vigente.

7. – Con il sesto motivo di appello, viene censurata la violazione e falsa applicazione dell’art. 128 del D.Lgs. n. 163 del 2006, in relazione al mancato inserimento dell’opera nella programmazione comunale approvata dal Consiglio.

7.1. – La doglianza non ha pregio.

Ha osservato condivisibilmente il primo giudice come il Consiglio comunale di Santa Marina abbia provveduto all’adozione del piano annuale e triennale delle opere pubbliche con delibera n. 9 del 4.06.08, e quindi contestualmente alla delibera n. 7, d’approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica, con contestuale dichiarazione di p. u. della stessa. Inoltre, la proposta di detto programma triennale e dell’elenco annuale dei lavori aveva ricevuto un vaglio, tramite la delibera n. 73/2007.

La scansione temporale normativamente imposta tra l’inserimento dell’opera nella programmazione annuale e triennale e l’approvazione del progetto definitivo, è stata dunque rispettata, visto che la variante è divenuta efficace solo dopo l’approvazione, da parte della Provincia, e la presa d’atto di tale approvazione, da parte del Comune, avvenuta con deliberazione consiliare n. 20 del 3.09.09.

8. – Con il settimo motivo di ricorso, le parti si lamentano della mancata considerazione della loro posizione, della carenza di istruttoria, del difetto di motivazione e giustificazione, della carenza di interesse pubblico e del contrasto con precedenti provvedimenti giurisdizionali.

8.1. – Il motivo va respinto.

In primo grado, la censura era stata articolata in relazione alla peculiare situazione dei ricorrenti, che svolgevano nell’area un’attività commerciale. Tale doglianza era stata respinta in fatto dal T.A.R., che aveva evidenziato come non risultasse, in atto, essere esercitata alcuna attività da parte di S. N., attività invece ubicata alla via Nazionale, n. 47, della frazione Policastro, mentre nell’area insistesse piuttosto un deposito a cielo aperto di materiale vario.

In grado di appello, la doglianza è stata riproposta, ma in termini assolutamente generici, senza indicare alcun elemento che ponesse i ricorrenti in posizione differenziata.

La stessa va quindi respinta, dovendosi pienamente condividere le valutazioni di merito operate dal primo giudice.

9. – Con l’ottavo motivo di appello, viene gravata la sentenza nella parte in cui non ha considerato il tema della violazione del finanziamento regionale e della consequenziale carenza istruttoria. In base all’ipotesi difensiva, l’art. 5 della L.R. n. 51 del 1978 "Normativa regionale per la programmazione, il finanziamento e la esecuzione di lavori pubblici e di opere di pubblico interesse, snellimento delle procedure amministrative, deleghe e attribuzioni agli Enti locali" permetterebbe unicamente la realizzazione di parcheggi, mentre tale strumento normativo sarebbe stato invece utilizzato per la sistemazione della stessa area a verde pubblico.

9.1. – La censura non ha pregio.

Dalla lettura della norma evocata, emerge la genericità del dedotto in quanto, in primo luogo, il citato art. 5 non postula alcun vincolo di scopo, mirando unicamente a disciplinare il procedimento contabile relativo, il che rende oscuro il dedotto contrasto con la norma di legge regionale; in secondo luogo, la variante semplificata in oggetto aveva di mira la realizzazione sia di parcheggi, sia di aree attrezzate, nel centro storico di Policastro Bussentino, nell’ambito della realizzazione di un’opera complessa ed unitaria, rendendo quindi infondata la censura proposta.

10. – Con il nono motivo, ci si duole di sviamento. Gli appellanti evidenziano come l’operato del Comune sia stato oggettivamente vessatorio, indicando come elemento a sostegno del loro assunto la solerzia con cui era stata dichiarata la decadenza dalla carica di consigliere comunale per lite pendente del Sateriano.

10.1. – Il motivo non può essere condiviso.

Il motivo in esame è di fatto una petitio principii, ossia una fallacia logica in base al quale l’elemento argomentativo da provare, ossia l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, viene dato per scontato e superato allegando elementi inconferenti, eventualmente rilevanti unicamente come conseguenze del comportamento scorretto ma non dimostrato.

Correttamente il T.A.R. ha evidenziato che tale motivo di doglianza sia fatto che in sé non assume alcuna valenza probante e quindi esclude che possa essere posto a fondamento di una pronuncia demolitoria.

11. – Con il decimo motivo di appello, viene evidenziata la nullità – illegittimità di un elemento essenziale del deliberato consiliare n. 7/2008. La doglianza attiene alla mancata indicazione dei votanti e dei voti favorevoli espressi nell’adozione dell’atto.

11.1. – La censura non ha fondamento.

Come evidenziato in fatto dal T.A.R., la doglianza risulta superata, stante la produzione agli atti di un’attestazione a firma del segretario comunale, dalla quale si ricava che la deliberazione n. 7 del Consiglio Comunale era stata approvata, con il voto favorevole di tredici consiglieri, mentre tre consiglieri avevano espresso voto contrario. Tale elemento appare inoltre rafforzato dall’esibizione di copia del brogliaccio delle deliberazioni, relativo alla seduta del Consiglio Comunale del 4.06.2008.

La censura appare quindi inerente ad una mera irregolarità della verbalizzazione, di natura esclusivamente formale e inidonea a condurre alla nullità della relativa delibera.

12. – Con l’undicesimo motivo di ricorso, viene lamentata la violazione delle regole e dei principi in materia di rilascio del permesso di costruire, in quanto la delibera n. 20 del 2009 farebbe riferimento all’art. 2 della legge n. 662 del 1996 in assenza dei presupposti per la sua applicazione, ed in particolare per l’assenza di disponibilità dell’area in capo all’ente locale.

12.1. – Il motivo non ha riscontro.

Anche in questo caso, la Sezione ritiene di condividere la lettura operata dal giudice di prime cure, non essendo evincibile alcun collegamento tra le censure dedotte e l’eventuale illegittimità del provvedimento gravato, atteso che i rilievi operati potrebbero al più dar vita a mere irregolarità, inidonee ad attestare l’illegittimità dell’azione amministrativa del Comune di Santa Marina.

13. – Con il dodicesimo motivo di appello, si evidenzia violazione degli art. 20 comma 14 e 23 comma 1 del T.U. n. 327 del 2001, in relazione alla mancata specificazione, nel decreto d’esproprio, del deposito dell’indennità, offerta e non accettata, presso la Cassa Depositi e Prestiti.

13.1. – La questione non è fondata.

Dagli atti emerge come il decreto d’esproprio notificato all’appellante S. N., emanato l’11.12.09, contenesse l’affermazione che non vi era stata accettazione dell’indennità offerta. In ossequio alla disciplina vigente, era quindi obbligo dell’amministrazione procedere direttamente al deposito della detta indennità presso la Cassa Depositi e Prestiti, fattispecie realizzatasi a seguito di determina dirigenziale n. 442 del 2.12.09, prodotta in giudizio dall’amministrazione.

Non è dato quindi rilevare alcuna lesione delle legittime pretese degli appellanti, avendo il Comune operato in ossequio delle disposizioni vigenti.

14. – L’appello va quindi respinto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 10839 del 2010;

2. Condanna N. S. e V. S., in solido tra loro, a rifondere al Comune di Santa Marina le spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro. 3.000,00 (euro tremila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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