Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-08-2011, n. 4595 Collocamento a riposo o in congedo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’appello in esame il sig. C. S. impugna la sentenza 26 ottobre 2009 n. 10404, con la quale il TAR Lazio, sez. Ibis, ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento del Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale militare 25 settembre 2000 n. 4111, con il quale – a modifica di precedente decreto dirigenziale – egli è stato collocato in congedo assoluto per infermità con il grado di maresciallo s. ups. e non di maresciallo capo.

Con il medesimo ricorso il S. ha anche chiesto il risarcimento dei danni subiti, la ricostruzione della carriera, con l’attribuzione dei gradi e degli emolumenti spettanti a decorrere dal 1991, nonché gli ulteriori danni causati dall’impossibilità di concorrere al ruolo RTC.

La presente controversia ha come presupposto le vicende giudiziarie del S. e le loro ripercussioni sul rapporto di impiego del medesimo. Ed infatti, il S. fu tratto in arresto in data 12 dicembre 1991, perché indagato del reato di estorsione, quindi sospeso dal servizio in via precauzionale (in data 20 dicembre 1991, con sospensione confermata, a seguito di rinvio a giudizio, in data 23 giugno 1992).

Dopo una prima sentenza del Tribunale di Roma con la quale, a seguito di derubricazione del reato di estorsione in quello di truffa, veniva statuito di non doversi procedere per mancanza di querela, la Corte di Appello di Roma assolveva il S. perché il fatto non sussiste.

L’appellante, riammesso in servizio con provvedimento 27 novembre 1996 (per trascorso periodo quinquennale di sospensione), il 30 luglio 1998 veniva sottoposto a visita dalla Commissione medica ospedaliera di Roma e giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato e perciò collocato in congedo assoluto con provvedimento del 26 ottobre 1998 e decorrenza 30 luglio 1998.

A seguito della intervenuta assoluzione con formula piena, l’amministrazione ha revocato, con provvedimento 28 ottobre 1998, la sospensione precauzionale dall’impiego a tutti gli effetti.

Afferma, quindi, la sentenza appellata che "confrontando le date dei suddetti provvedimenti (ai quali il S. prestò acquiescenza con ciò risultando oggi tardiva qualsiasi forma di censura e contestazione) si evince che il ricorrente cessò dal servizio permanente (30 luglio 1998), prima del cessare della causa impeditiva (28 ottobre 1998). Egli, pertanto, risultò destinatario della sola forma di progressione di carriera prevista dall’art. 39 del d. lgs. n. 198/1995, giusta principi fissati nel medesimo decreto e prima di questo nella legge n. 212/1983, oggi ribaditi nel d. lgs. n. 83/2001".

Da ciò è conseguito che "così ricostruita la carriera in base all’art. 39 del d. lgs. n. 198/1995, giustamente il ricorrente si è visto rettificato il decreto dirigenziale del 26 ottobre 1998 nel senso di essere collocato in congedo assoluto per infermità con il grado apicale di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza nel nuovo ruolo degli ispettori, anziché di maresciallo capo".

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) eccesso di potere e violazione di legge; disparità di trattamento; contraddittorietà della motivazione; poiché l’amministrazione convenuta si è comportata come se le sentenze di assoluzione non fossero mai intervenute, perché il provvedimento di riammissione in servizio è stato adottato in relazione al compiuto quinquennio di sospensione dall’impiego e non per l’intervento di ben due sentenze di assoluzione, l’ultima delle quali afferma che il fatto non sussiste. Ciò influisce sul provvedimento impugnato, che deve essere annullato "e con esso la sentenza di I grado del TAR del Lazio", insistendosi nella richiesta di risarcimento danni;

b) error in iudicando, perché "la sentenza di I grado ha equivocato fin dall’inizio il petitum azionato nel ricorso", poiché il ricorrente "si doleva del provvedimento impugnato per la fondamentale ragione che se il decreto gli avesse riconosciuto la promozione cui egli aveva diritto fin dal 1991", avrebbe potuto godere dell’applicazione di quanto previsto dal d. lgs. n. 198/1995, "per cui coloro nei cui confronti si sono verificate "cause impeditive" della promozione, una volta che queste siano state rimosse, devono essere promossi dal giorno in cui sono cessate le dette cause impeditive, dal giorno precedente a quello di cessazione dal servizio per limiti di età";

c) la ricostruzione della carriera richiesta dal ricorrente "appare possibile e doverosa per la P.A.", sia in relazione al d. lgs. n. 198/1995 ed al D.M. 8bis/1996, "ma anche in base ai richiamati principi costituzionali sulla presunzione di innocenza". Allo stesso modo sussiste il diritto al risarcimento di tutti i danni subiti, per i quali vi è senza dubbio giurisdizione del giudice amministrativo;

d) error in iudicando, in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto disporre in favore del ricorrente fin dalla sentenza di proscioglimento del Tribunale di Roma (impugnata solo dal S.).

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa e, all’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Con il ricorso proposto in I grado, l’attuale appellante ha impugnato il provvedimento 25 settembre 2000, con il quale si è disposto il suo collocamento in congedo assoluto per infermità con il grado di maresciallo aiutante s. UPS.

Tale provvedimento era stato preceduto dal decreto 26 ottobre 1998 (modificato dal successivo del 2000), non impugnato dal S., con il quale era stato già disposto il suo collocamento a riposo, con decorrenza 30 luglio 1998, cioè prima che la medesima amministrazione della Difesa, con decreto 28 ottobre 1998, revocasse a tutti gli effetti la sospensione precauzionale, a seguito della sentenza di assoluzione con formula piena, pronunciata dalla Corte di Appello di Roma il 24 marzo 1998, e divenuta irrevocabile il successivo 29 luglio.

Alla luce di quanto esposto, appare corretta la considerazione svolta dalla impugnata sentenza (pag. 8), e cioè che il S. è cessato dal servizio permanente (30 luglio 1998), prima del cessare della causa impeditiva dell’inquadramento (28 ottobre 1998).

Da ciò è conseguita l’applicazione, ai fini dell’inquadramento dell’appellante, dell’art. 39 d. lgs. n. 198/1995, secondo il quale:

"Gli ispettori ed i sovrintendenti che:

a) siano già stati giudicati idonei all’avanzamento, iscritti in quadro e non promossi, e che non possono essere ulteriormente valutati perché raggiunti dai limiti d’età per la cessazione dal servizio permanente o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti;

b) siano divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato ovvero deceduti, cessando dal servizio nell’anno in cui, pur avendo maturato i requisiti prescritti per essere ricompresi nelle aliquote di ruolo per la formazione dei quadri di avanzamento, non possono, per i motivi suddetti, essere inclusi nelle predette aliquote;

c) inclusi in aliquota, vengano a trovarsi nelle medesime condizioni di cui alle lettere a) e b), prima di essere valutati per l’avanzamento; sono promossi, previo giudizio di idoneità, con decreto ministeriale, al grado superiore dal giorno precedente alle intervenute cause impeditive, ovvero dal giorno precedente al raggiungimento del limite di età per la cessazione dal servizio permanente.".

Alla luce di quanto previsto dal riportato art. 39, appare evidente come, a seguito del collocamento a riposo per infermità, l’amministrazione non poteva che fare applicazione di detto articolo, con la conseguente attribuzione del grado di maresciallo aiutante s. ups e non di maresciallo capo..

Né, al contrario, poteva trovare applicazione l’art. 49, comma 3, d. lgs. n. 198/1995, in base al quale "gli esclusi a qualsiasi titolo dalle aliquote determinate secondo i criteri di cui alla legge 10 maggio 1983, n. 212, o di cui a leggi previgenti, ivi comprese le aliquote straordinarie di cui al comma 1, al venir meno delle cause impeditive, purché mantengano le condizioni di legge per l’iscrizione nel ruolo, sono valutati, anche in deroga a quanto stabilito dagli articoli 37 e 38 del presente decreto, con i medesimi criteri fissati dalle predette leggi e, nell’avanzamento, prendono posto, se idonei, nella graduatoria di merito dei parigrado, con i quali sarebbero stati valutati in assenza delle cause impeditive. Gli stessi sono promossi ed inquadrati secondo le modalità indicate nelle medesime disposizioni.".

Tale articolo richiede, infatti, ai fini della sua applicazione, che gli eventuali beneficiari "mantengano le condizioni di legge per l’iscrizione nel ruolo", condizioni che non persistevano, per il S., a far data dal 30 luglio 1998.

Per le ragioni ora esposte, non possono trovare accoglimento i motivi di ricorso proposti avverso la sentenza appellata, nella parte in cui la medesima ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio di I grado, in quanto rivolto all’annullamento del decreto 25 settembre 2000.

D’altra parte, così come evidenziato dalla medesima sentenza, l’attuale appellante non ha impugnato (in tutto o in parte) né il decreto 26 ottobre 1998, di collocamento in congedo assoluto per infermità, né il decreto 28 ottobre 1998, di revoca della sospensione precauzionale, né, prima ancora, il decreto 12 dicembre 1996, di riammissione in servizio, non già per proscioglimento per difetto di querela, bensì per decorso del termine massimo di sospensione, tutti provvedimenti che, stante la loro inoppugnabilità, comportano l’intervenuto consolidamento della situazione della quale l’amministrazione ha preso atto con il decreto 25 settembre 2000 (impugnato innanzi al TAR), disponendo di conseguenza.

Quanto alle reiterate domande di risarcimento del danno, le stesse, così come evidenziato dal I giudice, si appalesano infondate o tardive.

L’appellante precisa (pag. 10 appello) che tali domande di risarcimento "non si limitano di certo a quelli per l’ingiusta detenzione, ma investono tutte le sofferenze fisiche e morali subite dal S. che lo hanno poi portato alla patologia per la quale venne giudicato non più adatto al servizio militare e, successivamente all’insorgenza di un cancro ed alla declaratoria che egli è invalido civile al 100%".

Correttamente il giudice di I grado ha evidenziato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine al risarcimento del danno da ingiusta detenzione, così come esula da questa giurisdizione la domanda di risarcimento del danno alla salute (e/o all’integrità fisica), derivante da comportamenti dell’amministrazione non connessi, neanche mediatamente, ad esercizio di potere amministrativo.

Quanto ai danni derivanti da illegittimo esercizio del potere disciplinare – in disparte ogni considerazione sulla sussistenza di tale presupposto – la relativa domanda, così come affermato dal giudice di I grado, non consegue all’accertamento dell’illegittimità (peraltro esclusa) del provvedimento impugnato, afferendo semmai (ed eventualmente) ad altri provvedimenti, estranei al presente giudizio e/o divenuti inoppugnabili.

Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da S. C. (n. 10635/2010 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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